Archivio per il tag 'Max Allegri'

Juventus: una partita di adrenalina e ambizione

Massimiliano Allegri dice che alla Juventus per vincere stasera contro il Villa Real servono adrenalina, divertimento e ambizione.

Detto in altre parole, afferma la necessità di motivazione, piacere della sfida e intensità emotiva e di gioco.

Infatti, il controllo e la qualità delle azioni in campo si basa su questo mix emotivo guidato dalla ragione. Giocare una partita con questo approccio mentale non è facile e richiede che l’ambizione (motivazione) continui a essere elevata indipendentemente dal risultato. la squadra deve sapersi dare delle istruzioni se trovandosi in vantaggio tenderà a ridurre l’adrenalina, per difendere il risultato, giocando così per non perdere e non per vincere. L’adrenalina e quindi le emozioni va comunque gestita per evitare che porti a giocare senza pensare. Un problema quest’ultimo che la Juventus ha mostrato di meno mentre con più frequenza è caduta nel primo caso. Quello in cui rallentando il gioco passa da un atteggiamento orientato a vincere a uno centrato sulla difesa del risultato positivo.

Vedremo cosa succederà.

Come vivono gli allenatori di élite del calcio la precarietà del loro lavoro

Come vivono gli allenatori del calcio di élite l’esonero, le vittorie, le nuove panchine è un tema poco conosciuto e per niente indagato data la difficoltà e la riservatezza di questo tema.

Anche se i media ne parlano continuamente non si fanno analisi approfondite, spesso non si va oltre l’analisi degli aspetti più banali (ha fallito, gli è mancato il sostegno della dirigenza, non aveva l’esperienza, la società non aveva un progetto per migliorare la squadra).

Gli atleti vengono studiati dal punto di vista psicologico ma non gli allenatori. Non abbiamo risposte che vanno oltre l’aneddotica di come Max Allegri ha vissuto questi due anni senza lavoro, come Sarri ha interpretato il suo allontanamento dovuto a incomprensioni sul su modo di concepire il calcio, come Antonio Conte rinuncia a guidare l?inter dopo avere vinto il campionato spinto dal desiderio di avere una squadra più competitiva da guidare, come De Zerbi si prepara a essere il leader dello Shachtar, come si preparerà Andrea Pirlo ad allenare una nuova squadra dopo essere stato bocciato dalla Juventus.

Non hanno certo problemi economici e, quindi, la questione riguarda la percezione che hanno di se stessi e il modo in cui questa consapevolezza interagisce e viene influenzata dalle situazioni e dall’ambiente in cui vivono.

Ho descritto più volte le caratteristiche degli allenatori vincenti ma come variano nel tempo in relazione alle loro esperienze professionali? Come gestiscono lo stress derivato da questi cambiamenti, spesso non scelti da loro ma decisi da altri?

L’unica risposta che mi sembra importante, è nel porre l’accento sulla rilevanza che può ricoprire la loro formazione psicologica, e quindi quell’idea di miglioramento personale e professionale continuativo che di solito è alla base del successo degli allenatori più vincenti.

Le regole vincenti Max Allegri

Giocatore-allenatore “Era bravo a leggere la partita, sapeva valutare dove riuscire a colpire l’avversario, a individuarne i punti deboli. Ma anche a capire quando e dove soffriva la squadra: se vedeva il terzino in difficoltà con l’ala era capace di sistemarsi in modo da limitare il gioco avversario senza bisogno che arrivasse una segnalazione dall’esterno. Aveva delle capacità innate in questo senso”. (Galeone)

Gestione degli imprevisti – “La fantasia e la capacità di gestire l’imprevisto. Le partite si preparano, ma non si prevedono. Mi succede di decidere una formazione il venerdì pomeriggio e di stravolgerla la domenica sulla base di un’intuizione. Il momento migliore sono le sette e mezzo del mattino. L’ora alla quale solitamente contraddico me stesso”.

Fiducia in se stesso – “Sono molto sicuro di me. Dico le cose dritte per dritte, non mi aspetto gratitudine, misericordia, empatia. Sentimenti che nel calcio non esistono più. Sono bravo a fingere e a rifugiarmi nella bugia al momento giusto”.

La tecnica è fondamentale – “I terreni di allenamento sono stati accorciati per affinare il gioco nello stretto. I match si vincono in due modi, con l’occupazione militare dello spazio e con la qualità degli interpreti. Il tempo per pensare con il pallone tra i piedi si riduce, alla fine la palla va per forza a quello più bravo”.

Leadership autorevole – “Il dialogo è complicato. Entri nello stanzone e trovi quasi tutti con le cuffie alle orecchie, la musica ad alto volume. Nessuno parla con nessuno. Servono autorevolezza, rispetto e pazienza. Non è mio costume sottolineare ogni giorno che sono io quello che comanda, gli spiego che sono costretti ad ascoltarmi non perché sono più bravo, ma semplicemente perché sono più vecchio. Ci sono talenti che sono come le onde, penso a Morata e a Coman per esempio. La loro parabola si alza e si abbassa, bisogna dosarli, aspettare il tempo giusto. Alcuni vanno presi per mano ed educati come bambini, da altri trovo collaborazione, esperienza, personalità”.

Compito allenatore –  ”Non sminuisco l’importanza dell’allenatore, ma il suo compito principale è mettere a loro agio i giocatori”.

Andare oltre la tattica - “Il calcio si fa su un prato di 106 metri per 68, si corre con i piedi, si gioca con i piedi, la palla spesso prende giri strani e si pretende che in queste condizioni la soluzione la diano delle situazioni schematiche? Se gli schemi servissero a vincere, perché il Real Madrid ha speso cento milioni per Bale, che molto semplicemente dribbla, tira e spacca la porta? Bisogna saper andar oltre la tattica, gli schemi sono solo una traccia”.

L’importante è volere migliorarsi – “Ho un gruppo di ragazzi in gamba, che si sono rimessi in discussione, che vogliono ancora vincere. E ho detto loro che mi inc*** molto se non migliorano, perché hanno potenzialità tecniche e fisiche veramente notevoli. Lo dico anche pensando alla Champions”.