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Storia del quarto d’ora granata

Durante le partite accadeva che il Grande Torino sembrava addormentarsi, probabilmente perché tutti si sentivano troppo forti rispetti agli avversari. In quei momenti quando anche il pubblico li fischiava, uno tra loro, Oreste Bolmida, capostazione di Porta Nuova, capiva che era venuto di suonare la carica e allora con la sua tromba si metteva a suonare. In quel momento, Valentino Mazzola sul campo da gioco si aggiustava i capelli e si rimboccava le maniche della maglia granata e dava inizia al quarto d’ora granata, in cui la squadra diventava irresistibile per gli avversari. Come quella allo Stadio Nazionale contro la Roma che fissò il risultato sullo 0 – 7, sei gol in 14 minuti. A Torino, in casa al Filadelfia, succedeva in questo modo. Mazzola e i suoi compagni nel primo tempo si riposavano e poi, nella seconda parte della partita il capitano tirava su le maniche della divisa e il Toro diventava travolgente.

Giovanni Arpino, molti anni dopo, nel 1972, usò la parola tremendismo, per spiegare questo approccio alla partita:

“Ma che cos’è il << tremendismo >>, tanto nominato quest’anno a proposito dei granata? Parafrasando Petrolini, si potrebbe dire: << Tremendismo è quella cosa / che divampa in stadii e piazze / piace tanto alle ragazze / perché è rossa e mai va giù … >> … Può indicare anche solo un quarto d’ora, in una partita, ma in quel quarto d’ora scarica tutta la sua forza trascinante”[1].

Il tremendismo è quello mostrato dal Manchester United di Ferguson:

“Se dovessi riassumere che cosa significa essere l’allenatore del Manchester United, direi che bisogna guardare gli ultimi 15 minuti: a volte è abbastanza misterioso, sembra che la palla venga risucchiata nella rete. Spesso i giocatori sembrano sapere che sarebbe successo, che avrebbero segnato; non succedeva sempre, ma la squadra non smetteva mai di crederci. Era un’ottima qualità, questa.

Ho sempre accettato il rischio. Il mio piano era: non preoccuparti e non perdere la pazienza fino all’ultimo quarto d’ora, poi attacca a testa bassa”[2].

 


[1]“Torino ‘72” [editoria – 40],  edito a supplemento della rivista “Piemonte sport e club” nel 1972, a cura di Giorgio Gandolfi e Bruno Perucca. https://toro.myblog.it/2009/04/19/il-tremendismo/

[2] Alex Ferguson (2014). La mia vita. Milano Bompiani, p.58.

Cambiare l’umore della squadra per tornare a vincere

Solskjær è il nuovo manager del Manchester United che sta ottenendo una serie di risultati positivi incredibili con una squadra presa in piena crisi. Non poteva di certo cambiare il gioco da una settimana all’altra e si è concentrato sull’unica cosa che poteva fare: si è posto l’obiettivo di cambiare la mentalità, lavorando sull’umore dei calciatori.

Ha dichiarato: “il mio lavoro è stato parlare con i giocatori, conoscere i loro sentimenti, i loro livelli di fiducia e come si sentivano a riguardo alla loro situazione”. Di conseguenza “ho dato loro alcune linee guida, naturalmente, abbiamo parlato della libertà di espressione … sono dei bravi giocatori e sta a loro usare la loro immaginazione, la loro creatività e divertirsi a giocare per questo club, perché stanno vivendo il tempo migliore della loro vita”. Questo approccio mentale gli ha consentito di giocare con energia, entusiasmo e responsabilità, ma ancor di più, ha riportato il sorriso sui volti dei giocatori a cui è stato ricordato di giocare divertendosi.

Bisogna lavorare bene per sviluppare quella condizione di prontezza mentale di squadra che consenta at team nel suo complesso di entrare in campo con la convinzione che qualsiasi cosa possa succedere in campo, la squadra si esprimerà sempre al suo meglio.

Lo stile di leadership di Ferguson

Rene Meulensteen  was a key member of Sir Alex Ferguson’s first-team staff at Manchester United for six years. Here he talks about Ferguson’s leadership style

Vision

The ultimate aim was to win, but Sir Alex wanted to win in a certain style. I can remember him bringing me into his office when he’d made me first-team coach. He had a flipchart and said, ‘listen, Ren – I don’t need to talk to you about how to run your sessions, you know all that. But I’d like to reiterate what I want to see. Possession is important, but always possession with a purpose. When we attack I want to see pace, power, penetration and unpredictability. These are the four things you must instil in the team in every single training session.’

And he was always a big advocate of youth. That meant investing in youth facilities and policies, but also giving opportunities. If ever he had chance to bring a homegrown player into the first team, he would do it.

Delegating

The manager achieved the highest level of management – he delegated. He was overseeing it all, he always stayed in control, but he gave us the freedom to do our jobs as well as we could.

Creating the right environment

There was something else, which I only really realised afterwards: not once did I ever feel any level of pressure, not in the six years I worked for him. I never felt ‘I’m under the cosh here’ or ‘the manager’s not happy with this’. That takes top-drawer management, to make everyone feel that comfortable. We had some tough moments but never got carried away. We were able to very quickly see it in perspective and move on.

Always adapting

Things change … He had this ability to adapt and evolve, which is rare, maybe unique, when you think how long he had been there and how much success he had had.

Being decisive

If a difficult decision had to be made, he would make it … He was never afraid to make the big calls.

Belief

He always said, ‘our approach is 75/25 -75% about us, 25% about the opposition. Because we are Man United.’ It was about always reinforcing how good we were, how strong we were.

Humour

The key to working with such high-profile players is to inform and facilitate. In training, you’re not telling them every step they should make, you’re showing them the options. You back it up with video footage – ‘this is what I talked to you about, this is what I meant’. And you let them evolve it.

If one thing stands out from my time at Man United it was the amount of laughs we had. We laughed every single day. Sir Alex had an unbelievable sense of humour.

Grazie Sir Alex

Fergie's farewell 2: Man Utd v Swansea