Camp estivo con giovani disabilità intellettiva

E’ difficile parlare di un campo estivo per giovani con disabilità intellettiva con con disturbi medio-gravi come quelli che abbiamo terminato dopo tre settimane di attività. la difficoltà risiede principalmente dal fatto che l’attività è stata svolta con una relazione 1 a 1, che sta a significare che ogni giovane è stato seguito da un operatore, che poteva essere psicologo o allenatore. Per loro, come per quelli con un livello di funzionamento migliore, l’attività sportiva è stata alternata con quella espressiva per una durata complessiva di 5 ore consecutive.

L’attività sportiva si è svolta all’interni di un campo di calcio-5 strutturato con una sequenza di stazioni motorie così che tutti fossero attivi nello stesso momento senza momenti di attesa. Ciò ha permesso a ogni bambino di potere svolgere l’attività seguendo il proprio ritmo, permettendogli così di fare delle pause in funzione della stanchezza e della loro motivazione a continuare.

L’avere molto più tempo a disposizione per svolgere l’attività, rispetto alla durata abituale dell’allenamento di 60 minuti, ha consentito a ognuno di fare anche delle pause piuttosto lunghe di 15/20 minuti pur continuando a stare sul campo per poi riprenderla avendo a disposizione un tempo di 5 ore. Questo aspetto ha avuto un effetto positivo anche sugli allenatori che hanno lavorato nella consapevolezza di non dovere sollecitare il giovane a svolgere l’attività, come può succedere durante quando il tempo di allenamento è per appunto molto più ridotto.

Va detto anche che ogni settimana i partecipanti sono stati attivi per 5 ore al giorno per un totale di 25 ore, che in termini quantitativi equivalgono 3 mesi di allenamento per due ore settimanali. Inoltre questi ragazzi/e di più limitato funzionamento difficilmente vengono ogni allenamento, per cui non è difficile immaginare che per molti questo numero settimanale può avere equivalso a 4 mesi di allenamento.

Non dovrebbe quindi stupire che alcuni di loro siano di molto migliorati anche solo in una settimana, che per loro ha rappresentato un’esperienza di vita del tutto nuova, con un coinvolgimento personale sconosciuto. Questo risultato è stato spesso ribadito dai genitori che avrebbero voluto continuare per altre settimane questo tipo di attività. Il camp è stato anche allargato ai loro fratelli e sorelle. Ciò ha permesso non solo alla famiglia di sollevarsi del problema del loro collocamento durante questo periodo in altre capi estivi ma i giochi svolti insieme hanno migliorato la loro consapevolezza sul fatto che anche altre famiglie hanno bambini come i loro fratelli/sorelle con disabilità. Hanno scoperto che ci sono delle attività che si possono fare insieme, che i loro fratelli migliorano se svolgono un’attività organizzata con altri della loro età. In altre parole si diffonde fra di loro un’idea di normalità quotidiana che può esistere se si sta in un contesto non escludente ma in cui s’interagisce.

Gli ambienti che di solito frequentano non sono organizzati in questo modo ma il nostro campo estivo dimostra come sia possibile favorire l’integrazione, senza che diventi un’attività pietosa o di finta inclusione, in cui l’unico elemento che unisce è la condizione dello stesso ambiente fisico ma che rea esclusione per i contenuti praticati.

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