Archivio mensile per luglio, 2016

Qualche video in attesa dell’inizio dei Giochi di Rio

We’re The Superhumans | Rio Paralympics 2016

Incredibile video per celebrare i giovani Superhumans delle Paralimpiadi

Le foto di Mária Švarbová

In questa immagine della fotografa slovacca Mária Švarbová, la piscina comunale diventa un posto di grande bellezza

3,2,1 Mária Švarbová

 

Gli atleti e soprattutto gli adolescenti s’impegnano maggiormente a imparare quelle abilità che ritengono siano importanti per l’allenatore

Gli atleti e soprattutto gli adolescenti s’impegnano maggiormente a imparare quelle abilità che ritengono siano importanti per l’allenatore.

Vero. Questo concetto fa riferimento a quelle domande che riguardano, ad esempio, la distrazione degli atleti, la difficoltà a restare concentrati o la gestione dell’ansia.  Spesso gli allenatori si limitano a rispondere a queste esigenze dicendo al proprio allievo di restare concentrato o di calmarsi. Quindi risposte poco utili e che lasciano l’atleta solo di fronte alle sue difficoltà. Non insegnano ad esempio a fare un respiro profondo o a servirsi dell’allenamento ideomotorio come tecniche mentali per non subire ma essere attivi e propositivi. Queste modalità d’intervento sono descritte anche sui libri di metodologia dell’allenamento (Weineck, 2001) ma raramente vengono prese in considerazione. Di conseguenza agli atleti non viene in mente di servirsene per la ragione che i loro allenatori non le insegnano perché non le ritengono utili.

Gli allenatori non insegnano ai loro atleti ad accettare gli errori

Gli allenatori insegnano agli atleti ad accettare gli errori.

Falso. Gli allenatori parlano di frequente di questa necessità ma raramente dedicano del tempo in allenamento a insegnarla. Non è certo una strategia d’insegnamento dire a un giovane: “hai sbagliato, non ti preoccupare, vai avanti e concentrati su quello che devi fare”. Poiché l’allievo è invece preoccupato, continua a pensare all’errore compiuto e non sarà affatto concentrato su quello che dovrebbe fare. L’allenatore spesso pensa: “Non so più che dirgli, lo sa che per me non è un problema se sbaglia, voglio solo che si concentri sull’azione successiva”. Gli atleti non cambiano e non migliorano applicando frasi prestabilite: se sei agitato, sta calmo; se sei distratto, concentrati; se sei depresso, pensa in positivo. Bisogna invece allenare a reagire positivamente agli errori. Nel tennis se in una partita ci sono stati 200 punti, vince chi ne fa di meno e comunque si commettono molti errori. In questo caso può vincere la partita facendo 90 errori, quindi accettare questa quantità di errori è decisivo se si vuole avere successo. Gli allenatori di tennis che sono sempre pronti a fornire istruzione tecniche in allenamento a seguito di un errore, bloccando il gioco e fornendo spiegazioni, raramente si comportano nello stesso modo in seguito a errori a prevalenza mentale. Ad esempio, se un giocatore al termine di uno scambio affretta i tempi esecuzione del servizio non viene mai fermato per riportarlo al timing di esecuzione corretto. In altri termini, si allena quasi unicamente la tecnica o il gioco e mai le reazioni comportamentali, insegnando a bloccare quelle dannose e sollecitando quelle utili al gioco.

Gli allenatori non allenano l’attenzione

Gli allenatori pensano che essere concentrati sia una questione che principalmente riguarda gli atleti e dedicano poco tempo allo sviluppo di questa abilità.

Vero. L’allenamento ideomotorio è una tecnica di concentrazione che consiste nella ripetizione del gesto sportivo come se lo si stesse eseguendo in quello stesso momento. Le prime ricerche in questo ambito risalgono agli anni ’50 e già nel 1985 su SdS-Rivista di Cultura Sportiva venne pubblicato una rassegna su questo tema di Richard Frester da cui ne emergeva l’utilità nelle seguenti fasi dell’allenamento:

  1. Perfezionamento tecnico dei singoli elementi del movimento e di esercizi completi negli sport nei quali sono richiesti movimenti ciclici e aciclici.
  2. Addestramento di singoli parametri del movimento come del senso del ritmo, del tempo, e della frequenza.
  3. Correzione dei processi motori errati e per rompere stereotipi motori
  4. Promuovere o sostenere un effetto di mantenimento dei movimenti … Particolarmente adatto nelle fasi di riposo attivo.
  5. Preparazione e impostazione della gara. L’AI facilita la concentrazione sul decorso dei movimenti e la realizzazione delle concezioni tecnico-tattiche di gara.

L’enfasi sulla vittoria è la rovina degli atleti

In Italia si pone troppo l’enfasi già nei bambini di 12 anni sull’importanza della vittoria e questa è un’opinione condivisa da molti allenatori, per cui i nostri atleti arrivano a 18 anni che sono esausti fisicamente e mentalmente. 

Vero. Si vogliono saltare le tappe dello sviluppo dell’atleta che deve essere un processo a lungo termine, per ottenere invece, risultati sportivi che non hanno alcun significato se non quello di glorificare allenatori, federazioni e genitori e d’illudere i ragazzi portandoli a credere che avranno un futuro vincente. Queste convinzioni vanno contro qualsiasi dato scientifico, ormai alla portata di tutti su internet, ma sono ignorati dalla maggior parte degli operatori dello sport. E’ un fenomeno diffuso in tutto il mondo, questo dello sfruttamento precoce dei giovani atleti che già da anni è stato denunciato in tutti i paesi anglosassoni ma che continua a persistere.

Sei veramente il leader dei tuoi atleti

E’ opinione diffusa che un atleta che possegga tecnica, tattica e forma fisica dovrebbe essere nella condizione ottimale per gareggiare al proprio meglio.

Falso. Conosco atleti olimpionici che non si sono più ripresi da una sconfitta subita alle olimpiadi successive. Medaglie d’oro che nel successivo quadriennio non si sono più espresse a quel livello o altri che sono più volte giunti ai Giochi con il titolo di campione del mondo e non sono mai entrati in finale. Forse non erano in forma o avevano perso la tecnica? Capisco però che è difficile per chi insegna uno sport convincersi che pur se tecnica e fitness sono indispensabili per sentirsi come una Ferrari di F1, poi serve il pilota (la mente) senza il quale tutto il resto non serve a niente. Gli allenatori devono convincersi del loro ruolo psicologico, e della necessità di acquisire le abilità professionali necessarie per svolgere anche queste funzione. E’ chiaro che se ci si affida solo alle poche ore teoriche di psicologia dello sport presenti nei Corsi di formazione ufficiali, non si potrà di certo svolgere questa funzione motivazionale, d’incoraggiamento e di leadership che gli atleti necessitano.