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Coraggio e professionalità

Nella storia terribile della Costa Concordia all’Isola del Giglio sono coinvolti molti uomini nello sforzo di ridurre l’impatto ambientale di questo disastro: Altri, i sub dei Vigili del Fuoco, della Finanza e della Guardia Costiera   sono impegnati nel salvataggio e nel recupero dei corpi. E’ un lavoro che richiede un grado di professionalità estremo e di grande coraggio. L’articolo di oggi su La Stampa di Teodoro Chiarelli ne riporta l’esperienza. Sulla nave dicono due vigili del fuoco “non hai vie di fuga … Non puoi risalire in verticale, devi per forza uscire da dove sei entrato. Ti serve la sagola-guida o filo d’Arianna, ma devi saperlo usare, sennò rischi di imbrigliarti da solo e sono dolori. Si procede al buio, perchè l’acqua è intorpidita dalla decomposizione dei corpi, cibo e scorte. Devi avere rapporti profondi con i tuoi partner, una fiducia convinta e totale: la vita di uno può essere nelle mani dell’altro. E poi c’è quella paura che ti guida, che fa scattare il raziocinio e garantisce il rispetto, prima di tutto di te stesso e quindi ti spinge ad averlo per gli altri”. Tornati all’aria aperta, sul gommone si parla tirando fuori tutto quello che si ha dentro, ogni pensiero, angoscia, timore. Per loro è “quasi una terapia di gruppo … Ci guardiamo negli occhi e svisceriamo tutto, imprese e debolezze. E’ dura e stressante, ma la miglior cura a fine giornata è stare tutti insieme a cena”.

Morire per sport

Ogni estate ritornano gli incidenti in montagna e al mare ed è di questi giorni la notizia dei sub morti nella grotta di Portofino. Spesso la spiegazione a questi eventi risiede nell’imperizia delle persone a sapere valutare le difficoltà a cui vanno incontro in rapporto alla loro abilità. A mio avviso questo limite deriva da quattro fattori specifici.
Il primo. La maggior parte di queste persone vive in città e ha un rapporto episodico con la natura, sia essa il mare o la montagna. Non hanno quindi un rapporto costante e continuativo con gli eventi naturali e ritengono che l’avere imparato in una piscina come comportarsi, li metta nella condizione di sapere affrontare le condizioni imposte dal mare. Questa mancanza di consapevolezza delle regole della natura, li espone a correre dei rischi a cui sono totalmente impreparati.
Il secondo. L a stessa attività subacquea può essere una piacevole passeggiata se si svolge in una situazione ottimale o può trasformarsi in un grande problema se le condizioni del mare sono diverse da quelle previste. La consapevolezza di queste due opzioni è indispensabile per prevenire gli incidenti e per valutare quanto è sicuro continuare l’immersione o si debba tornare indietro. Molti incidenti avvengono a causa di questa volontà a volere perseguire a tutti costi il proprio desiderio. Le persone dovrebbero allenare di più la loro capacità a eseguire analisi realistiche e a decidere solo questa base, senza lasciarsi guidare dai loro sogni di avventura.
Il terzo. Lo chiamerei “il peccato del turista in cerca di avventure” e consiste nel dovere fare per forza quella immersione perché si è in vacanza e si ha poco tempo a disposizione o perché ci si prepara da tanto tempo e quindi non si vuole rinunciare. La natura c’impone regole diverse, non è come vivere in città in cui anche con il cattivo si può uscire senza correre alcun pericolo. Comunque anche in caso di incidente, in città si è soccorsi immediatamente e una caduta non determina conseguenze mortali, mentre in mare o in montagna può essere letale e comunque il soccorso è difficile e può mettere a rischio la vita stessa dei soccorritori.
Il quarto. Spesso queste attività vengono svolte in compagnia di altre persone e in gruppo si tende a correre più rischi rispetto a quando la stessa impresa viene svolta da soli. Nel gruppo si diventa più sicuri e spavaldi, si tende a nascondere i propri timori e, vicendevolmente, si fa leva sulla apparente sicurezza dei compagni. Quando questa situazione si verifica è più facile che non si prendano le precauzioni necessarie a evitare di trovarsi in difficoltà.
In conclusione, chi vuole svolgere attività in contesti naturali deve essere consapevole delle regole di questo mondo e sapere che ritornare alla base è il migliore atto di coraggio che una persona può compiere in situazioni ambientali difficili. Leggi l’intervista su: http://www.uisp.it/nazionale/index.php?contentId=1630