Nella storia terribile della Costa Concordia all’Isola del Giglio sono coinvolti molti uomini nello sforzo di ridurre l’impatto ambientale di questo disastro: Altri, i sub dei Vigili del Fuoco, della Finanza e della Guardia Costiera sono impegnati nel salvataggio e nel recupero dei corpi. E’ un lavoro che richiede un grado di professionalità estremo e di grande coraggio. L’articolo di oggi su La Stampa di Teodoro Chiarelli ne riporta l’esperienza. Sulla nave dicono due vigili del fuoco “non hai vie di fuga … Non puoi risalire in verticale, devi per forza uscire da dove sei entrato. Ti serve la sagola-guida o filo d’Arianna, ma devi saperlo usare, sennò rischi di imbrigliarti da solo e sono dolori. Si procede al buio, perchè l’acqua è intorpidita dalla decomposizione dei corpi, cibo e scorte. Devi avere rapporti profondi con i tuoi partner, una fiducia convinta e totale: la vita di uno può essere nelle mani dell’altro. E poi c’è quella paura che ti guida, che fa scattare il raziocinio e garantisce il rispetto, prima di tutto di te stesso e quindi ti spinge ad averlo per gli altri”. Tornati all’aria aperta, sul gommone si parla tirando fuori tutto quello che si ha dentro, ogni pensiero, angoscia, timore. Per loro è “quasi una terapia di gruppo … Ci guardiamo negli occhi e svisceriamo tutto, imprese e debolezze. E’ dura e stressante, ma la miglior cura a fine giornata è stare tutti insieme a cena”.
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