Il ruolo dell’allenatore e dello psicologo nello sviluppo del giovane

Per insegnare ai giovani atleti a gareggiare con soddisfazione, traendo piacere dal confronto con l’avversario e dal risolvere le difficoltà che di solito sono presenti in gara è necessario che allenatore e psicologo lavorino insieme per guidarli in questa esperienza.

Oggi i ragazzi vivono spesso con insicurezza le situazioni competitive rispetto al passato. Come detto più volte, una importante causa di questa condizione psicologica deriva dall’essere cresciuti dall’infanzia all’adolescenza in ambienti quasi sempre organizzati dagli adulti, in cui il gioco da loro gestito in modo autonomo è stato ed  continua a essere quasi del tutto assente. In queste situazioni sono sempre presenti adulti che insegnano loro come fare, creando così un circolo vizioso in cui insegnanti, familiari e allenatori organizzano in modo totale la loro vita.

In tal modo i giovani devono costantemente rendere conto dei loro comportamenti a un adulto e raramente sono liberi di comportarsi in modo spontaneo.

Questo modo di vivere porta i giovani a non sentirsi mai completamente responsabili delle loro azioni, a non imparare a correggersi da soli e a non decidere mai su come fare un’attività poichè è già organizzata e loro sono chiamati a fruirla rispettandone le regole.

Questa è una delle ragioni per cui questi stessi giovani tendono a diventare poco autonomi e a sviluppare una condizione psicologia di scarsa fiducia verso se stessi. Su questa base nessun professionista può da solo risolvere la situazione. L’allenatore non può inventarsi psicologo ma insieme devono integrare le loro competenze per favorire lo sviluppo sportivo e psicologico dei giovani con cui lavorano.

E’ piuttosto ovvio che i giovani possano essere più influenzati dal tecnico per la ragione che trascorre con loro tutto il tempo dedicato allo sport, rispetto allo psicologo con cui hanno rapporto non così quotidiano. Tuttavia sono gli adulti per primi, allenatore e psicologo, che devono interagire spesso fra loro per decidere come agire con i ragazzi, ognuno nel rispetto delle diverse professionalità per rendere sempre più autonomi i giovani con cui lavorano.

E’ un lavoro di scambio che si dovrebbe svolgere su base settimanale, come un vero e proprio allenamento che si sviluppa in modo graduale. Sarebbe un errore grave se il lavoro dell’allenatore prendesse il sopravvento anche nell’area psicologica poiché non ne possiede le competenze.

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