E’ possibile il lavoro nello sport per i giovani con disabilità intellettiva?

L’occupazione è una componente vitale della vita comunitaria per la maggior parte degli adulti in età lavorativa. Oltre ad essere un’aspettativa sociale nella maggior parte delle culture, il lavoro retribuito fornisce i mezzi finanziari per sostenere elementi fondamentali della cittadinanza, come l’autosufficienza nel mantenimento di se stessi, la scelta nella partecipazione alle attività, e la conservazione della salute e della sicurezza.

La Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite afferma “il diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e alla protezione dalla disoccupazione” per tutti gli esseri umani, sottolineando il lavoro come un bisogno fondamentale e un diritto umano. Inoltre, l’occupazione fornisce un importante canale di partecipazione sociale significativa, servendo come mezzo per connettersi socialmente e professionalmente con gli altri, per contribuire alla comunità immediata o più ampia, e per sviluppare le proprie abilità e conoscenze.

Per le persone con disabilità, il ruolo dell’occupazione come mezzo per ottenere l’accesso a ruoli sociali di valore può essere ancora più cruciale. La mancanza di finanze e di connessioni al di fuori della casa crea un ciclo di isolamento sociale per molti, e rende difficile la partecipazione alle attività sociali. Mentre i programmi sociali nella maggior parte dei paesi sviluppati aiutano a migliorare la mancanza di reddito da lavoro, la maggior parte fa poco per portare le persone con disabilità a standard di vita accettabili, e non affronta l’isolamento sociale e il basso status associati alla continua disoccupazione.

In Italia

Nel mondo del lavoro l’inclusione è pressoché inesistente. Ha un lavoro solo il 31,4% delle persone con sindrome di Down over24. La più parte degli occupati (oltre il 60%) non è comunque inquadrata con contratti di lavoro standard.

Nella maggior parte dei casi lavorano in cooperative sociali, spesso senza un vero e proprio contratto. Inoltre il 70% dei casi non riceve alcun compenso o ne percepisce uno minimo, comunque inferiore alla normale retribuzione. Ancora più grave è la situazione per le persone con autismo: a lavorare è solo il 10% degli over20.

“Nel tempo – secondo il Censis - aumenta il senso di abbandono delle famiglie e cresce la quota di quelle che lamentano di non poter contare sull’aiuto di nessuno pensando alla prospettiva di vita futura dei propri figli con disabilità.

Mentre tra i genitori di bambine/i e adolescenti con la sindrome di Down fino a 15 anni la quota di genitori che pensa a un ‘dopo di noi’ in cui il proprio figlio avrà una vita autonoma o semi-autonoma varia tra il 30% e il 40%, tra i genitori degli adulti la percentuale si riduce al 12%. La quota di genitori di bambine/i e adolescenti con autismo che prospettano una situazione futura di autonomia anche parziale per i loro figli (23%) si riduce ancora più drasticamente (5%) tra le famiglie che hanno un figlio autistico di 21 anni e più”.

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