Il ruolo degli allenatori

Da quanto scritto nel blog precedente emerge con evidenza il ruolo decisivo svolto da chi guida i gruppi nel costruire un clima di lavoro utile a sostenere la motivazione e nel fornire rinforzi adeguati al soddisfacimento delle esigenze personali. A scuola, gli insegnanti che manifestano con frequenza comportamenti controllanti tendono a costruire in classe un clima controllante, che riduce la motivazione intrinseca. Sono sufficienti poche settimane per determinare questo tipo di effetti, che a loro volta hanno influenza sulla percezione di competenza degli studenti. Pertanto, i rinforzi estrinseci possono svolgere una funzione ostacolante o favorente la motivazione intrinseca a seconda che vengano forniti in un clima controllante o incoraggiante l’autonomia personale. Se si vuole che i giovani, compresi gli atleti, non solo seguano le regole proposte dai loro insegnanti ma le integrino attivamente nei loro sistemi di credenze personali è necessario che l’ambiente nel quale svolgono le loro attività sia orientato allo sviluppo della competenza e dell’autonomia personale. Gli allenatori dovrebbero organizzare attività che sollecitano l’interesse dei loro atleti, riducendo la frequenza di quei feedback che stimolano i giovani a coinvolgersi solo per dovere, per gli effetti positivi che ne deriveranno o per soddisfare le ambizioni dell’allenatore o dei genitori.

Purtroppo le esperienze negative nel mondo dello sport non sono così infrequenti. Diventa importante capire in che modo il contesto sociale e interpersonale possa favorire l’insorgere di questo tipo di esperienze. Anche in questo caso, la teoria dell’autodeterminazione permette di spiegare “non solo la crescita e il benessere ma in modo uguale gli effetti distruttivi, alienanti e patogenetici del bisogno di ostacolare…” … Infatti, la deprivazione del soddisfacimento dei bisogni primari di competenza, autonomia e vicinanza agli altri può condurre a scelte spesso di tipo difensivo e auto-protettivo, favorendo l’insorgenza di disturbi emotivi e la riduzione del benessere personale. Ciò porterebbe al prevalere di una motivazione controllante e a comportamenti rigidi che a loro volta ostacolano il bisogno di soddisfazione, favorendo i processi di regolazione estrinseca (comportamenti motivati dalla paura e dai premi) e introiezione (comportamenti motivati dal senso di colpa e dal sentirsi obbligati). Bassi livelli di soddisfazione non devono però essere confusi con la percezione dell’atleta di sentirsi ostacolato nella sua attività. Un atleta può sentirsi insoddisfatto perché si percepisce poco competente a fornire le prestazioni che si aspetta, nonostante si sia impegnato al massimo per raggiungere questo obiettivo. Diversa è la condizione di un atleta che attribuisce questa sua difficoltà a ostacoli dovuti al comportamento del suo allenatore, che percepisce come orientato in modo insufficiente a farlo migliorare. La prima è una situazione d’insoddisfazione mentre la seconda è una situazione in cui l’atleta è stato ostacolato nel raggiungimento del bisogno di competenza … essere insoddisfatti significa che qualcosa non è andato bene come avrebbe dovuto mentre ostacolare significa impedire che qualcosa accada. Pertanto, sentirsi ostacolati consiste in una condizione emotiva in cui la persona si sente oppressa, inadeguata, rifiutata o frustrata in un determinato contesto.

Gli atleti di livello assoluto hanno bisogno, come gli altri, di un sostegno costruttivo da parte del loro allenatore o del commissario tecnico. Proprio un CT di una squadra nazionale una volta mi ha detto:

“Vedi Alberto, lui durante la gara, ogni tanto mi cerca con lo sguardo e io sono lì a fargli un cenno con la testa o un gesto che gli ricorda cosa fare, lui poi continua da solo e vedo che va bene”. 

Altri atleti, invece, dicono:

“Quando ti serve non ci sta mai, lo cerchi con lo sguardo e lo vedi al telefono o che parla con qualcuno…”.

Queste due esperienze opposte dimostrano come sia semplice per un allenatore assumere un comportamento che sostiene il bisogno di competenza e di vicinanza oppure che lo ostacola. Gli atleti di livello assoluto riconoscono il ruolo centrale del loro allenatore, attribuendogli non solo le competenze nell’organizzare e condurre allenamenti eccellenti ma ne sottolineano in ugual misura il ruolo motivazionale … Questo atteggiamento costruttivo è stato ben descritto da Adrian Moorhouse quando parla del suo allenatore:

“Credeva nel mio potenziale, lavorava sulle mie credenze, mi aiutava a stabilire obiettivi che mi sfidavano, m’incoraggiava e sosteneva, valutava le mie prestazioni, creava l’ambiente, mi aiutava ad assumere le responsabilità. L’unica cosa che non ha fatto … è nuotare le gare per me”.

(Da Alberto Cei, Fondamenti di psicologia dello sport, 2021)

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