Pep Guardiola e responsabilità di squadra

Pep Guardiola dice alla sua squadra: “You have permission to make a mistake. You have permission to lose…when you have permission, you accept. “I want the ball!”

Esprime un concetto semplice – hai il permesso di sbagliare – e quando hai questo permesso devi stare nel gioco – voglio la palla – .

Volere la palla, vuol dire “sono qui passamela, mi prendo io la responsabilità di continuare l’azione”. Non accettarla ha il significato opposto e cioè il rifiuto della responsabilità di fare parte del gioco.

Non accettare la palla è l’errore più grave che può commettere un calciatore. L’ansia, la pigrizia, l’individualismo, lo scarso spirito di squadra, un atteggiamento lamentoso, la poca concentrazione o la percezione eccessiva di fatica sono alla base di questa difficoltà. I dati ci dicono che la maggior parte dei gol decisivi sono segnati nella parte finale delle partite che si perdono o si vincono per lo scarto di una rete. Questa consapevolezza da parte della squadra dovrebbe avere come conseguenza che ogni minuto o singolo passaggio possono diventare determinanti a favore o a sfavore. Accettare la palla e volerla offrire con efficacia a un altro compagno rappresenta quindi una mossa, che come in una partita a scacchi, può suscitare esiti positivi significativi.

Questo approccio alla partita vale per tutti, dalle star della squadra a chi gioca meno spesso. Nel concetto di squadra sono tutti importanti se mostrano con continuità questo comportamento in campo, altrimenti non solo sono inutili al gioco ma anche dannosi, poiché non accettare la palla vuol dire rappresentare il lato debole del team sul quale insisterà la squadra avversaria.

Domanda agli allenatori: come allenate questo comportamento?

 

Un tema analogo ha trattato anche Sarina Wiegman, l’allenatrice della nazionale femminile inglese di calcio quando afferma:

“Man mano che crescevo nella mia personalità, volevo davvero essere più rilassata. Perché i giovani iniziano a giocare a calcio a sette anni? Perché amano il gioco. Sì, si tratta di vincere, ma si ottiene un risultato migliore quando si può essere se stessi e quando si è in un ambiente – e sembra di essere a scuola – dove si è al sicuro, dove non si viene giudicati. Perché quando sei in campo vieni giudicata in continuazione e questo è scomodo e malsano”.

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