Nel calcio non è solo questione di mercato e plusvalenze per fare una grande squadra

Tempo d’estate, tempo di scelta di nuovi calciatori. Sui media si legge di tutto in relazione alle qualità di chi si vorrebbe avere in squadra. Personalmente non capisco niente delle caratteristiche tecnico-tattiche di chi si parla. Tuttavia mi stupisce che raramente si parli in modo approfondito delle loro qualità umane.

Al contrario, il successo che sta avendo in questi stessi giorni il ricordo della vittoria del mondiale di Spagna del 1982 da parte della nostra nazionale di calcio e la continua sottolineatura del valore etico e della condivisione di un’idea comune portata avanti da Bearzot sono la dimostrazione di quanto sia necessario il concetto di coesione e di unione d’intenti.

Oggi, invece, sembrano dominare prioritariamente le plusvalenze, il ruolo svolto dai procuratori e comunque gli interessi economici. Aspetti importanti ma se poi i calciatori non collaborano si è costruito sulla sabbia. Utopia, non credo, dobbiamo riconoscere che siamo quello che siamo grazie agli altri. E’ un’idea tanto necessaria che è stata applicata in Sud Africa da Desmond Tutu e da Nelson Mandela nella lotta contro l’apartheid. Tante volte lo stesso Nelson Mandela ha parlato di filosofia Ubuntu come cardine fondamentale per la realizzazione dei diritti umani. Vuole dire prendere il meglio di una persona e portarlo in me mentre nello stesso tempo quella persona può prendere da me ciò che ritiene utile e importante e portalo in sé.

Si chiama Ubuntu ed esprime la filosofia di condividere ciò che si ha perché insieme si possa diventare migliori.  Applicato al calcio vuol dire che ognuno è quello che è grazie al contributo degli altri. Inconsapevolmente la nazionale di calcio del mondiale di Spagna ’82 ha vissuto secondo la filosofia Ubuntu.

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