5 fattori emersi in queste Olimpiadi

  • “Che la forza del sacrificio che hanno dimostrato i nostri giovani sia anche la nostra”.

Mi sembra che questo sia il concetto che unisce i giovani di questa Olimpiade a tutti quelli che nella storia si sono espressi in modo eccellente. Sacrificio per arrivarci, starci e per qualcuno vincere. E’ un concetto che si ripropone da migliaia di anni. Da Aristotele abbiamo ricevuto una definizione di eccellenza molto simile a quella che viene data oggi: “Noi siamo ciò che facciamo costantemente. L’eccellenza quindi non è un atto ma una abitudine”.

  • E’ stata l’Olimpiade in cui l’unità mente-corpo è emersa a tutti in modo evidente.

Le difficoltà psicologiche che molti atleti hanno manifestato e specialmente i super-winner, i vincitori seriali da Simon Biles a Naomi Osaka a Novak Djokovic, ci hanno messo di fronte in modo inequivocabile il ruolo che la psicologia di ognuno svolge nel determinare le scelte e le prestazioni. Gli psicologi conoscono bene queste problematiche ma il grande pubblico spesso le vuole ignorare o comprendere. La consapevolezza che anche gli atleti preparati ad affrontare gli stress delle Olimpiadi sono comunque vulnerabili, dovrebbe insegnare a noi che dobbiamo impegnarci a ridurre i nostri stress quotidiani perchè siamo tutti fragili.

  • E’ stata l’Olimpiade delle famiglie.

Le indagini hanno sempre messo in evidenza il ruolo degli affetti famigliari. Gli atleti lo riconoscono, le famiglie, ognuna a modo loro, più spesso le madri se il padre è stato assente, sono un pilastro fondamentale della loro riuscita. Questo non deve stupire, ovviamente ci sono eccezioni a questa regola ma nessuno cresce da solo. I genitori non solo hanno dato il sostegno organizzativo ed economico ma rappresentano un legame affettivo imprescindibile. I media sono pieni di dichiarazioni di questo tipo, talvolta uno dei genitori è stato il primo allenatore di qualcuno di questi giovani o continua a esserlo anche quando sono dei campioni.

  • E’ stata l’Olimpiade dei sogni realizzati.

Gregorio Paltrinieri, Vanessa Ferrari, Federica Pellegrini, Luigi Busà e Antonella Palmisano fra gli/le Altri/e sono l’esempio che bisogna coltivare i propri sogni senza paura di non riuscirci, anche quando si parte da condizioni difficili. Come si dice nel linguaggio quotidiano hanno ottenuto i loro successi non solo grazie alla preparazione ma perchè ci hanno messo il cuore. Usiamoli come esempi per uscire dalla condizione di passività che spesso colpisce molte persone e che può portare a una condizione d’incapacità e di rinuncia nei confronti della vita.

  • E’ stata l’olimpiade dei mental coach.

Mental coach è un concetto che non mi piace, d’altra parte nello sport si tende a scindere le diverse professionalità che lavorano con gli atleti. Per cui c’è il preparatore fisico, l’allenatore, il medico, il fisioterapista, per non parlare dell’osteopato, del posturologo, dell’allenatore della visione e quant’altro. Ognuno svolge un ruolo definito e, quindi, vada per il mental coach che sia laureato in psicologia. Gli atleti italiani ne hanno riconosciuto l’importanza e questa percezione di utilità è fondamentale per il riconoscimento di questo tipo di expertise. E’ qualcosa di assolutamente consolidato nella maggior parte delle nazioni, ma in Italia è spesso un servizio che gli atleti si scelgono da soli e lo psicologo spesso non partecipa agli eventi internazionali. In questi casi viene fornita una consulenza a distanza che non può essere efficace come quella in presenza. Mi auguro che il successo ottenuto dalla squadra olimpica italiana in questa Olimpiade, non confermi l’idea che va bene in questo modo e cioè che alle gare serve l’allenatore, il preparatore fisico, il fisioterapista e il medico mentre il mental coach può svolgere il suo lavoro da casa.

 

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