Intervista sulla vittoria dell’Italia sulla Francia

DOVE OSANO LE AQUILE

Questa settimana nella Stanza Ovale ospitiamo Alberto Cei, psicologo, docente universitario, autore di 10 libri di psicologia della performance, blogger (http://www.albertocei.com/) e collaboratore dell’Huffington Post nonché uno dei massimi esperti internazionali di psicologia dello sport, per parlare di Six Nations, Italia – Francia e del perché osare è meglio.

Roma - Mon Dieu! L’ha fatto ancora! L’Italia ha sconfitto in casa, per la seconda volta consecutiva, i fortissimi vicecampioni mondiali in carica della Francia con una partita che sa d’impresa, storia e un pizzico di normalità.

Se, infatti, i giornali italiani hanno esultato celebrando la nazionale più bella di sempre e un’incredibile vittoria, sono stati i commenti sulla stampa d’Oltrealpe a riportare questa vittoria sui binari della normalità.

L’ex giocatore francese Fabien Galthiè, per esempio, ha parlato di italiani “offensivi e ambiziosi” mentre l’ex nazionale Alain Penaud, intervistato dal quotidiano di Parigi, Le Parisien, ha accusato i Bleus di una “flagrante mancanza di ambizione”.

Intanto, però, gli azzurri si godono la vittoria e se da un lato Brunel ha affermato che “Non faccio altro che spingere la squadra a mettere in evidenza le proprie notevoli qualità”, Andrea Lo Cicero ha confessato: “Brunel è uno che crede in noi, che non vuole distruggere ma costruire. Divertirsi. Divertire. Uno che ci sta insegnando cosa è davvero lo sport”.

Uno che sta insegnando a degli atleti professionisti cos’è lo sport? Alberto, ma che storia è questa?

Lo Cicero parla di un cambio di mentalità. Brunel ha portato nella nazionale una mentalità d’attacco. E questo è un valore aggiunto in uno sport dove tutti i valori sono già spinti al massimo, dalla pressione sugli atleti in campo allo sforzo fisico.

Infatti, qualche giorno fa, Minto ha affermato in un’intervista che difendere alla fine prosciuga…

Proprio questo secondo me è il punto: se la tua filosofia è tutta difesa, hai solo paura di sbagliare. Mi spiego meglio: più hai timore di non farcela e più non ce la farai perché sei bloccato dalla paura di sbagliare. In questa circostanza l’errore commesso è sempre un errore grave perché non hai un’altra possibilità. L’attacco, invece, prevede l’errore e la reazione immediata all’errore. Perciò l’errore diventa meno grave.

Quanto tutto questo ha a che vedere con la motivazione?

La motivazione è la benzina. Ma attenzione: una motivazione imbrigliata diventa un potentissimo freno perché si trasforma in paura di sbagliare. Se invece l’approccio è positivo, si contempla serenamente l’errore e sei messo in condizione di dare il meglio di te stesso.

A questo proposito Orquera ha saputo scrollarsi di dosso un mese a dir poco pesante, quello dopo la partita con l’Australia per i troppi errori dal dischetto che sono costati agli azzurri il pareggio con i wallabies, ma anche una stagione che lo ha visto sempre perdente con le Zebre sia in lega celtica che in Heineken Cup. Infatti, domenica è stato eletto “man of the match” dopo aver disegnato le mete di Parisse e Castrogiovanni e calciato un bellissimo drop.

Io penso che Orquera abbia goduto della piena fiducia dell’allenatore. Questo gli ha dato la possibilità di continuare ad allenarsi mettendoci tutto se stesso e, a sua volta, messo in condizione Brunel di spingere sempre di più per aiutare i propri atleti a ragionare con lucidità nella massima condizione di stanchezza possibile. La differenza la fai quando sei capace di ragionare lucidamente nella stanchezza. Il senso dello sport è questo: se t’impegni con qualità, prima o poi ottieni il risultato. Prima o poi vinci. Ma vince chi attacca. Non chi difende e basta.

Ma anche chi si diverte, immagino.

Certo. Infatti, divertirsi significa proprio far emergere quello che sai fare. Alla fine ti senti appagato. Entusiasta. Come i tifosi che si sono, appunto, divertiti allo stadio dando un feedback positivo agli atleti in campo e di fatto un rinforzo positivo alla loro azione in una specie di circolo virtuoso.

A proposito di circolo virtuoso. Gli inglesi hanno una base sconfinata, come pure altre nazioni dalla Nuova Zelanda alla stessa Francia. Che cosa potremmo provare a fare per dare prospettiva e spazi di crescita al nostro movimento?

La prima fase è proprio quella del divertimento. Un po’ come fanno gli inglesi: continua a provare e fare del tuo meglio e se sbagli non importa. L’allenamento deve insegnare la partita e quindi insegnare a giocare per vincere.

E così l’Italia ha fatto la differenza.

(di Luca Sabia da http://www.capitolina.com/portal/index.php/news-mainmenu-2/35-stanza-ovale/2408-stanza-ovale-consigli-e-approfondimenti-da-bordo-campo)

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