Ormai è chiaro perché gli psicologi non lavorano nel calcio italiano, perché i veri psicologi sono gliallenatori. Anche quest’anno leggendo le dichiarazioni degli allenatori si evidenzia immediatamente che parlano quasi esclusivamente di partite che “devono essere prove di maturità”, “devono essere giocate con determinazione”, “devono essere affrontate con la mentalità della provinciale”. Raramente parlano del gioco, anzi alcuni si arrabbiano quando gli vengono fatte domande di questo tipo, perché la ritengono un’invasione in un ambito di loro esclusiva proprietà. E’ chiaro che la mentalità di una squadra è un aspetto decisivo che consente di mettere in azione il gioco che si vuole condurre, lo è altrettanto che ogni allenatore svolge una funzione psicologica importante in qualità di comandante in capo della squadra. Quello che mi chiedo è: sono nati tutti imparati? O è bastato quello che hanno appreso sul campo nella loro carriera di calciatore per sviluppare in modo professionale uno stile di leadership ottimale? E’ possibile che gli allenatori più giovani alle prime esperienze non sentano il bisogno di formarsi a gestire gli stress che genera la guida di un gruppo? Forse guadagnare molti soldi li fa sentire invincibili? Gli allenatori esonerati non sentono mai il bisogno di confrontarsi sui loro dubbi personali?
Si potrebbe continuare all’infinito con queste domande, la risposta è NO.
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