Da possibili milionari a disoccupati. E’ questo il percorso in cui molti calciatori sono coinvolti in questi mesi estivi. Pare siano almeno 150 i disoccupati tra Serie A e B, a cui si aggiungono quelli della Lega Pro in cui sono sempre meno le squadre in regola per l’iscrizione. Il calcio è in crisi e i calciatori non trovano più lavoro. E’ l’altra faccia del calcio come intrattenimento, del calcio conquistato dai ricchi paesi arabi. E’ un calcio che a causa di questi cambiamenti dovrebbe, tramite le sue organizzazioni, investire sulla formazione di questi giovani che non facendo parte del grande giro si trovano senza un titolo di studio o un’altra professione da avviare che non sia quella del calcio. I raduni estivi per disoccupati alimentano la speranza di un ripescaggio ma dovrebbero anche servire a fargli aprire gli occhi su un modo nel quale i posti sono ormai pochi mentre oltre il pallone vi sono altri mondi possibili, ugualmente gratificanti, in cui potersi inserire. Il calcio per loro è una droga che li allontana dalla realtà e li fa vivere nell’attesa. Perchè l’organizzazione dei calciatori non s’impegna a fornire loro strumenti professionali così da liberarli da questa illusione?
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