Archivio per il tag 'Lukaku'

Inter: problemi di leadership

Il cammino dell’Inter in questa stagione sportiva presenta caratteristiche che meritano una valutazione psicologica. Ha vinto 12 partite ma ne perse 6 e ne ha pareggiata solo 1. Questi dati sembrano evidenziare una mentalità di squadra sbilanciata tra vincere o perdere. Aspetto che invece non era presente l’anno passato in cui i pareggi sono stati numerosi tanto quanto quelli delle altre prime sei squadre. Un altro aspetto evidenziato dopo la ripresa del campionato è che dopo prestazioni vincenti importanti contro il Napoli e la finale contro il Milan sono avvenute due sconfitte contro squadre di livello inferiore. Infine, la questione Skriniar. Come è stato possibile che il capitano della squadra si sia fatto espellere per due falli gravi? Per non parlare delle difficoltà che Lukaku continua a evidenziare in campo.

Mi sembra che questi dati mettano in evidenza la mancanza di continuità nella qualità dell’impegno, che a mio avviso per ogni squadra dovrebbe costituire il vero 12° giocatore in campo e che molti sintetizzano con le parole “forza del collettivo”. Le fonti di questa caratteristica si trovano nel ruolo svolto dall’allenatore, che deve essere abile nel suo lavoro quotidiano a guidare le relazioni interpersonali fra i calciatori e a fargli riconoscere quanto il sostegno reciproco sia fondamentale per avere successo.

La forza del collettivo risiede però anche nell’avere giocatori-leader. Joachim Low che ha guidato la Germania per molti anni vincendo la Coppa del mondo nel 2014 parlava proprio di questo quando ha detto che: ”Atleti leader sono sempre stati necessari. Senza atleti leader non puoi avere successo”. Questo è il tipo di leadership che deve essere condiviso fra alcuni giocatori della squadra. Si tratta di calciatori che grazie al loro ruolo di capitano o per altre ragioni influenzano l’insieme dei giocatori a impegnarsi al loro meglio per raggiungere l’obiettivo comune.

Questo stile di leadership sembra attualmente mancare all’Inter motivata a giocare al meglio solo con grandi squadre e non con le altre, contro cui, invece, emergono le debolezze di un collettivo poco unito a perseguire l’obiettivo a lungo termine rappresentato dal lottare per vincere il campionato.

Il calcio non è più uno sport di squadra

Le regole sul trasferimento dei calciatori da una squadra all’altra durante la stagione agonistica stanno distruggendo nel calcio l’idea stessa di squadra. Insigne ha appena firmato un contratto che lo lega al Toronto a partire da giugno prossimo. Morata vorrebbe andare via ma non ci riuscirà subito perchè la Juventus non ha un altro centravanti. Icardi ha sempre le valige pronte. Sono solo alcuni degli esempi più famosi di questi giorni, per non parlare di Cristiano Ronaldo che pochi mesi fa è andato al Manchester United a campionato iniziato.

Molti giocatori si stanno trasformando in mercenari del calcio, che si spostano in funzione degli interessi economici del Club, dei loro procuratori e di loro stessi. Ma non te ne eri accorto? Sì, certo tuttavia mai come ora questa dimensione del calcio aveva preso il sopravvento sull’idea di costruire una squadra unita sugli obiettivi da raggiungere. E’ un processo che richiede e non può essere soggetto a frequenti cambiamenti.

Su cosa si basa oggi il tifo, non certo sulla squadra nella sua concretezza fatta di nomi e cognomi e del gioco espresso da questi giocatori. Si sta diventando sempre più spesso tifosi di un’idea astratta, di quello che per il tifoso significa quella squadra  ma non di ciò che è ora. D’altra parte è inutile affezionarsi a un calciatore perchè è probabile che domani venga ceduto per salvare il bilancio del Club o perchè vuole guadagnare qualche milione di più. E’ il caso di Lukaku che ora si lamenta della sua nuova squadra e dobbiamo assistere alla liturgia dell’allenatore che lo esclude e di lui che chiede scusa e dice che s’impegnerà a riconquistarsi la fiducia dei tifosi.

Il calcio sta perdendo uno degli aspetti essenziali di ogni squadra e cioè che si vince e si perde ma insieme. Non vedremo più i famosi 15 minuti finali del Manchester United che sono stati espressione di una mentalità collettiva costruita nel tempo o il cinismo della Juventus nel portare a casa il risultato o l’entusiasmo generato dai 10 e i 9 delle squadre perché oggi non ci sono più e non sentiremo più frasi come: “date la palla a … che poi ci pensa lui”. Rivoltando al contrario una frase di Eduardo Galeano, penso che nel tempo i tifosi non diranno più “oggi giochiamo”, si perderà il senso del noi a favore di un più neutro “oggi gioca la mia squadra”.