Il dialogo distorto tra allenatori e arbitri

In questa stagione sportiva vi sono state così tante espulsioni fra gli  allenatori nel calcio di Serie A. Il fenomeno riflette un livello di stress professionale che gli allenatori hanno spesso difficoltà a controllare e di conseguenza sul campo inveiscono contro gli arbitri in modo poco controllato. Quali possono esserne le cause:

Pressione –  è forte la richiesta dei Club e dei tifosi  di fare subito risultato e lo è altrettanto l’incapacità dei Club di permettere, salvo rare eccezioni, al tecnico di lavorare su obiettivi che non siano solo quelli della partita della domenica

Precarietà - L’effetto è che l’allenatore rischia di venire esonerato se perde qualche partita o se non corrisponde subito alle aspettative del presidente.

Esposizione -  L’allenatore è quotidianamente sulle pagine dei giornali e delle trasmissioni sportive. Intorno a lui si sviluppa un gossip continuo che espone le sue scelte alla discussione senza fine del pubblico e dei giornalisti, che s’interrompono solo durante la partita per riprendere subito dopo nelle interviste post-partita.

Coesione - Le rimostranze dell’allenatore sono anche un modo per spostare su di sé l’attenzione dell’arbitro, allo scopo di ottenere un effetto di coesione della squadra e un aumento della combattività dei calciatori in risposta alla frustrazione derivata dall’ammonizione o espulsione del loro allenatore.

In queste condizioni non è semplice svolgere il proprio lavoro e certamente gli allenatori troverebbero utilità nello svolgere attività di coaching allo scopo di migliorare la loro abilità nel gestire gli stress che incontrano nel loro percorso. D’altra parte questo è un approccio di cui si servono i manager delle aziende proprio per migliorare la loro leadership.

Infine, va detto che anche gli arbitri dovrebbero essere meglio preparati, spesso si dimostrano permalosi e e vogliono ricordare con gesti estremi che sono a loro a comandare in campo. E così siamo molto lontani dagli di Paolo Casarin, quando spiegava agli arbitri che loro “sono degli invitati” e quindi dovrebbero sapere trasmettere questa mentalità anche nelle situazioni più calde delle partite. D’altra parte è completamente sconosciuta quale sia oggi la preparazione mentale dei nostri arbitri.

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