Un articolo di Roberto Renga sul Messaggerro di oggi è dedicato alla questione del licenziamento degli allenatori di calcio vittime degli umori dei presidenti o di un palo. Il testo s’intitola infatti “Offesi e derisi la dura vita degli allenatori”. Si parla della difficoltà che i tecnici incontrano nel dovere ottenere risultati immediati e della rabbia e depressione che provano nel non sentirsi compresi e nell’essere licenziati su due piedi. Condivido queste considerazioni e comprendo gli stati d’animo di chi si trova a vivere queste situazioni. Va però detto che queste sono le regole dell’attuale mondo del calcio. Sono regole che si basano sul principio della “percezione di utilità” del proprio lavoro da parte delle persone di cui si è assunta la responsabilità. Vuol dire che sin dall’inizio bisogna venire a patti con l’ambiente di cui si è il leader, altrimenti questo stesso ambiente ti rigetterà. C’è una storia zen che illustra bene questo fenomeno. Un cavaliere viene chiamato di contadini di un villaggio per difenderli dai mostri, quando arriva si accorge che sono solo delle zucche che stanno crescendo nei campi, prende la spada e le distrugge tutte. I contadini spaventati ammazzano subito dopo il cavaliere perchè credono che se ha ucciso quei mostri con facilità, farà la stessa cosa con loro. I mostri però ricrescono e allora chiamano un altro cavaliere, il quale si rende conto che sono zucche ma comprendendo le paura dei contadini, dice che hanno ragione e che la situazione va studiata, sino a quando viene il giorno che sono gli stessi contadini che uccidono i mostri. Quindi … bisogna ovviamente avere idee e non essere conformisti ma bisogna anche comprendere l’ambiente senza volerlo stravolgere, perchè Gaber diceva “tu sei solo e loro sono tanti”. Più condivisione è la regola e magari servirsi di consulenti psicologi che potrebbero dare una mano a questi “poveri ma ricchi di soldi” allenatori.
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