La disfatta dell’Italia del calcio

“La storia siamo noi… è la gente che fa la storia” canta Francesco De Gregori. La nostra squadra, tutti compresi ct, staff e calciatori questa volta non è riuscita a creare questa amalgama che unisce tutti, aldilà delle capacità dei singoli. I nostri non avevano gamba ci ha spiegato una volta Spalletti. Ogni volta ha cambiato interi reparti e così come si fa a sentirsi uniti se questo si ripete in ogni partita. La voglia di riscatto rispetto alle recenti disfatte che hanno portato alla esclusione dagli ultimi due mondiali avrebbe potuto essere la motivazione su cui fondare questa squadra e basare poi il gioco su quello che ognuno fa nel suo ruolo nei club. Invece abbiamo visto sguardi spersi, teste basse, movimenti in campo lenti e mai aggressivi. Non sempre volere è potere ma quello che si chiede a una squadra è di essere convinta che qualsiasi è possibile quando ci si impegna al proprio meglio.

Quello che si chiede al ct della nazionale non è tanto di trasmettere la sua visione del calcio, non ha tempo per allenare nuovi meccanismi tecnico- tattici ma deve comunicare entusiasmo, tenacia e combattività. In campo, bisogna giocare per dimostrare qualcosa di personale come singoli e come squadra, l’Italia è sembrata paralizzata dalla paura di sbagliare. Come è possibile che questa mentalità non fosse già visibile in allenamento?

Condivido quello che ha detto Donnarumma affermando che “noi non siamo questi” e poi ci sono molti calciatori che hanno giocato finali europee. In conclusione, Spalletti, dal mio punto di vista, ha sbagliato l’approccio alle guida della squadra, sottovalutando il ruolo che la psicologia gioca nel determinare quelle caratteristiche che sono mancate alla nazionale, Non abbiamo giocato per paura di sbagliare e questo ha paralizzato le gambe e la mente, a questo punto perdere è diventato molto probabile.

 

La storia di Gino Bartali: un grande italiano

La storia è bene non dimenticarla e quindi due giorni prima della partenza del Tour de France da Firenze (29 giugno), la città ospita uno spettacolo che nasce con il desiderio di raccontare la storia e le imprese dei due grandi campioni Gino Bartali e Louison Bobet attraverso lo sguardo di due personaggi appassionati di ciclismo: un meccanico italiano e un panettiere francese.

Attraverso racconti e vittorie vengono raccontati i fatti accaduti in tre Tour de France in cui si sono affrontati Bartali e Bobet nel 1948, 1950 e 1953. Questi tre Tour vedono la progressiva ascesa del giovane Louison e la lenta discesa dello scalatore toscano. Sullo sfondo di questa narrazione si alternano vicende storiche (francesi e italiane) e vicende personali che svelano il carattere e l’umanità di questi due grandi campioni.

«È stato un piacere per la nostra associazione essere coinvolta nella messa in scena di questo spettacolo – commenta Adriano Rigoli presidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria -. Tutelare la memoria dei Grandi personaggi, come atleti e uomini del calibro di Bobet e Bartali, che fu anche riconosciuto Giusto tra le Nazioni per aver salvato centinaia di ebrei dallo sterminio nazista, è una missione che va al di là delle dinamiche della nostra rete e noi aderiamo con piacere ad ogni iniziativa che vada in questa direzione. Per questo spero che lo spettacolo registri una grande partecipazione, dandoci ancora una volta l’occasione, anche se attraverso linguaggi e strade differenti da quelli utilizzati nella promozione delle nostre case museo, di avvicinare il pubblico ai grandi del passato. Rinnovandone il ricordo e conservandone la memoria».

«In occasione della partenza da Firenze del Tour de France, la nostra associazione promuove lo spettacolo “Bartali vs Bobet” – spiega Marco Capaccioli vicepresidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria -.  La rete toscana delle Case della Memoria attinge al patrimonio immateriale di un illustre come Gino Bartali per proporre, col linguaggio del teatro, la vicenda di un atleta che ha segnato la storia dello sport e della stessa società”.

Funzione del campo estivo nella disabilità intellettiva

I campi estivi per giovani con disabilità intellettiva richiedono sempre responsabilità, organizzazione e impegno da parte di chi lo organizza. Come Accademia di calcio integrato abbiamo concluso queste due settimane di attività con soddisfazione da parte dei partecipanti, le loro famiglie e noi stessi. I ragazzi hanno partecipato a questa esperienza di 10 giorni e 50 ore di attività in un condizione ambientale non certo favorevole, viste le temperature elevate, giocando ovviamente a calcio ma anche a padel e basket più altri giochi da seduti.

I ragazzi in questo campo estivo migliorano la loro capacità di autoregolazione, bevono e recuperano, anche fuori dai momenti di pausa previsti e questo vuol dire che sono in contatto con le proprie sensazioni fisiche e che ascoltandole scelgono quando fermarsi piuttosto che continuare a giocare. Questo è uno dei principi del nostro lavoro sportivo con loro. Quello di sviluppare la resistenza fisica e mentale e, quindi, giocare all’aria aperta, muoversi con continuità durante l’allenamento, correre e migliorare la coordinazione motoria, calciare la palla ma anche fermarsi e riposarsi.

In contemporanea il campo estivo rappresenta un momento per sviluppare ulteriormente le relazioni sociali con coetanei e insegnanti.  Sperimentare un’ampia gamma di attività sportive (percorsi motori, basket e calcio) che coinvolgono la mente e il corpo, per costruire il senso di appartenenza al gruppo. Il molto tempo a disposizione consente loro di vivere e risolvere, anche con l’aiuto degli istruttori e psicologi, quei piccoli momenti di tensione che insorgono in ogni gruppo durante attività così intense e durature nel tempo.

Come durante l’attività settimanale il campo estivo promuove anche la stabilità emotiva e il pensiero di questi giovani, che si trovano a interagire continuamente con in queste ore con gli adulti e i loro amici. E’ un flusso continuo di sensazioni fisiche, stati d’animo e pensieri che li aiuta a stare focalizzati sui giochi che svolgono e mantenere viva l’interazione verso gli altri.

in sostanza i campi estivi sono per loro e per noi adulti molto impegnativi però rappresentano un’esplosione d’interazioni altrimenti impossibili con questa frequenza e intensità.

 

 

10 ragioni per giocare a calcio per i giovani con autismo

Le vaghe spiegazioni di Spalletti

E’ difficile parlare degli aspetti mentali collegati alle prestazioni della nazionale di calcio a questi europei. L’interpretazione della sconfitta contro la Spagna fornita da Luciano Spalletti secondo cui abbiamo perso perchè non “avevamo gamba”, che in sostanza vuol dire che gli altri erano fisicamente meglio preparati e mette da parte ogni altro tipo di spiegazione, ne è un esempio importante poichè proviene direttamente dal commissario tecnico.

Sappiamo anche che i calciatori giocano con la playstation per distrarsi  e che qualcuno ha fatto venire il suo barbiere per un taglio di capelli. A Coverciano come mentori e mi auguro fonte d’ispirazione hanno ascoltato alcuni campioni che hanno vestito la maglia numero 10 ma non sembra che questa esperienza abbia prodotto il risultato aspettato, in termini di incremento della motivazione.

Sulla base della mia esperienza con le squadre sono convinto che intensità di gioco, grinta e tenacia siano le dimensioni psicologiche che un team deve dimostrare a prescindere da tipo di gioco che vuole attuare. Ciò richiede una fusione ottimale tra preparazione fisica e mentale, tra individuo e collettivo. Poi su questo binario s’inseriscono le idee di gioco.

E’ anche vero che per un allenatore è importante proteggere la squadra dopo prestazioni negative e, quindi, spiegazioni generiche rispondono appieno a questo scopo. So che non è possibile ma annullerei le interviste agli allenatori dopo una sconfitta così si eviterebbero queste situazioni spiacevoli di mancanza di approfondimento.

Campi estivi e autismo

Estate è tempo di campi estivi per i ragazzi, anche per quelli dell’Accademia di calcio integrato sta per finire la prima settimana. Abbiamo un bel gruppo di 20 ragazzi, dai 10 ai 20 anni. Un campo estivo ben organizzato e guidato da istruttori e psicologi esperti, supportati anche da un medico e una logopedista rappresenta un’esperienza intensa ed emotivamente impegnativa.

Non solo per il caldo che potrebbe alterare lo stato psicofisico, facendo sperimentare una condizione di fatica che non hanno mai provato. Normalmente i ragazzi giocano a calcio e a basket dalle 8.30 alle 12.15, dopo di che fanno giochi da tavolo sino alla conclusione che è alle 13. In mezzo a questo tempo vi sono numerose soste per bere, riposarsi e mangiare qualcosa. Spesso ci siamo chiesti come è possibile che giovani con autismo che non si allenano mai durante l’anno per più di 2/3 ore la settimana, riescano ad allenarsi per 5 ore al giorno per 5 giorni la settimana.

Questo risultato dice molto di quanto sia sviluppata la resistenza fisica e mentale. Il loro buon umore è la dimostrazione che questo impegno è per loro adeguato. Giocando sport di squadra di contatto come il calcio e il basket potrebbero diventare fallosi, reagire aggressivamente contro gli altri oppure sedersi in panchina per la troppa fatica. Invece, queste situazioni non si presentano, i ragazzi collaborano, è vero che ogni tanto qualcuno si arrabbia per un passaggio sbagliato o per un errore ma sono stati educati a evitare questi comportamenti e a chiedere scusa quelle rare volte che non sono corretti.

Questi ragazzi si allenano con noi tutto l’anno e, quindi, questo è di aiuto nel guidarli in questa nuova esperienza. Nuova in quanto in due settimane si allenano 50 ore, che corrispondono alle ore totali svolte durante l’anno sportivo da ottobre  a giugno.

I ragazzi con autismo non imparano da soli, il team che li guida, lavora con loro tutto l’anno ed è il principale responsabile di questo loro modo di vivere il campo estivo e degli apprendimenti sportivi e psicologici che mostrano sul campo. Conoscerli vuol dire sapere cosa possono fare e quali sono le situazioni per cui potrebbero andare in crisi; questo è in poche parole il ruolo principale svolto dal team. Questo è uno dei segreti per cui ora, al campo estivo, riescono a essere attivi per un tempo così lungo e per loro del tutto nuovo.

Infine, un ragazzo di 20 anni, con noi da 9 anni, sta svolgendo in queste due settimane il tirocinio per diventare assistente istruttore, ruolo che in futuro potrebbe permettergli di trasformare questo suo impegno attuale in un lavoro.

Ora andiamo avanti a organizzare la prossima stagione sportiva, il 10° anno della nostra attività nel campo della disabilità intellettiva.

Nato il 18.06.1886, George Mallory è stato un pioniere dell’alpinismo, un uomo che ci ha dimostrato che le più grandi conquiste si trovano spesso sul sentiero meno battuto. Il suo amore per la montagna continua a riecheggiare nei secoli.

Photo ©: George Mallory Archives.

 

Cosa insegnare ai bambini

Mbappé contro Le Pen

Kylian Mbappé ha preso posizione nel dibattito politico francese in maniera chiara, netta, chiarendo senza equivoci da che parte sta, e soprattutto da che parte vorrebbe che la Francia stesse:“Condivido i valori di Marcus. Siamo ancora in un paese dove c’è libertà di parola: lui ha espresso la sua opinione e io sono d’accordo con lui in tutto. Spero, il 7 luglio (giorno del secondo turno delle legislative), di poter essere ancora fiero di portare la maglia della Francia”. 

“Siamo in un momento cruciale della storia del nostro paese, è una situazione inedita. Bisogna avere chiaro il senso delle nostre priorità: siamo cittadini, non dobbiamo rimanere disconnessi dal mondo. Voglio rivolgermi al popolo francese: siamo una generazione che può fare la differenza, gli estremismi sono alle porte, abbiamo la possibilità di scegliere il futuro del nostro paese. Invito tutti i giovani a votare, a prendere coscienza dell’importanza della situazione. Spero che la mia voce servirà, ma la voce di ogni francese conta. Il 7 luglio spero di potere essere ancora fiero di portare la maglia della Francia”.

“Ci sono delle priorità. La partita di domani è importante, ma c’è una situazione più importante della partita di domani, che comunque abbiamo preparato nel miglior modo possibile. Non bisogna essere disconnessi dal mondo e in ogni caso saremo là a difendere la i colori del nostro paese. Ma stiamo vivendo una situazione diversa e dobbiamo adattarci”.

“In quanto squadra abbiamo pensato di fare qualcosa. Ci siamo molto confrontati sul messaggio che avremmo potuto dare, anche per proteggere i più giovani: è difficile per loro venire qui a esprimersi davanti ai giornalisti e prendere posizione su una questione che non padroneggiano del tutto. Abbiamo voluto proteggere questi ragazzi, che non danno affatto l’impressione di fregarsene. Nessuno se ne frega, all’interno della squadra”.

ISSP Master Class: Paul Wylleman

 Championing Wellbeing: The New and Crucial Role of Sport Psychologists

as Welfare and Safeguard Officers at the Olympic Games 

DATE: Thursday, June 18th, 2024

Speakers: Prof. Paul Wylleman

Length of Session: 90 minutes (60-minute lecture, 30-minute Q&A)

Language: English (Translated live captioning available)

Time: 12:00 UTC (New York 8:00, Belo Horizonte, 9:00, Beijing 20:00, Seoul 21:00, Sydney 22:00)

Recordings: Available for 60 days after the lecture

 

Program Overview 

Over the past decade, the role of sport psychology has gained significance in the world of elite sport in general, and at the Olympic level in particular. During this presentation, Prof. Wylleman will provide insight into how athletes’ well-being became a clear point of focus and action for the International Olympic Committee (IOC), National Olympic Committees (NOC), and national elite sport organizations and how this impacted the role of sport psychologists during the Olympic Games. Reflecting on his role as the head psychologist of the Olympic Committee of the Netherlands and as the team psychologist for TeamNL at the 2016 Rio and the 2020 Tokyo Olympic Games, Prof. Wylleman will illustrate how, from a psychological perspective, specific initiatives and actions were taken to support the well-being in general, and in particular the mental health of athletes, coaches and support staff. Contextualized in the role and competence of sport and clinical sport psychologist, Prof. Wylleman will offer an insight into the role, competence and implementation of the accredited position of the ‘NOC Welfare Officer’ and of the Safeguarding Officer in Olympic delegations. After its introduction at the 2022 Being Olympic Games, both functions will now be explicitly present at the 2024 Paris Olympic Games. As sport psychologists are now being asked to take on the role of NOC Welfare Officer and/or Safeguarding Officer in their own national Olympic team, Prof. Wylleman will focus on the requirements, tasks and roles of both positions, as well as on the possible challenges faced by psychologists when taking on these roles. While illustrating Team Belgium’s approach in view of the forthcoming 2024 Paris Olympic Games, Prof. Wylleman will describe his role as team psychologist and NOC Welfare Officer, the strategies implemented to meet the role requirements and the potential challenges associated with the roles. In conclusion, Prof. Wylleman will formulate recommendations on how sport psychologists may optimize their functioning as NOC Welfare Officers or Safeguarding Officers, or on how they could effectively collaborate with one or both during the 2024 Paris Olympic Games. Furthermore, looking forward to the 2026 Milano-Cortina and 2028 Los Angeles Olympic Games, some reflections will be shared on how the emphasis on welfare and safeguarding at the Olympic level may impact the field of sport psychology in general and the development and functioning of sport psychologists in particular.

About the Speakers 

Paul Wylleman, Ph.D. Psychology, is a Licensed Clinical Psychologist and full professor of Sport Psychology at the Vrije Universiteit Brussel. His teaching, research, and publications focus on a holistic and lifespan perspective on career development, psychological competencies, mental health and well-being, and interdisciplinary support provision in elite and Olympic sport. Prof. Wylleman heads the university’s dual career department Topsport and Study, the research group Sport Psychology and Mental Support as well as the Brussels Olympic Research and Education Centre (BOREC). Prof. Wylleman is past-President of the European Federation of Sport Psychology (FEPSAC; 2007-2015), the 2017 Distinguished International Scholar of the Applied Association of Sport Psychology (AASP, USA) and Visiting Professor at Loughborough University (UK). From 2014 to 2022, Prof. Wylleman was head psychologist of the Olympic Committee of the Netherlands (NOC*NSF) as well as team psychologist for TeamNL at the 2016 Rio and 2020 Tokyo Olympic Games. Prof. Wylleman is now expert Psychology with the Belgian Interfederal and Olympic Committee (BOIC) and is team psychologist and Welfare Officer with Team Belgium at the 2024 Paris Olympic Games. Prof. Wylleman advises national Olympic Committees and national elite sport organizations on the role and functioning of psychologists and psychology-support provision in elite sport and at the Olympic Games.