- Come ti alleni determina come gareggi.
- Come esegui il warm-up determina come inizi la gara.
- Quanto sei pronto ad affrontare le difficoltà (avere un piano) determina come le affronterai in gara.
- Come reagisci all’errore determina quanto sei pronto a riprendere a fare bene.
- Negli sport in cui vi sono pause: Come ti prepari tra un punto e l’altro determina come performi quello successivo.
Anche quest’anno insieme alla AS Roma abbiamo organizzato due settimane di campo estivo per giovani con disabilità intellettiva. E’ iniziato oggi e l’attività sportiva si è svolta in spazi organizzati con una sequenza di stazioni motorie così che tutti siano attivi senza momenti di attesa. Ciò ha permesso a ogni bambino di potere svolgere l’attività seguendo il proprio ritmo, permettendogli così di fare delle pause in funzione della stanchezza e della motivazione a continuare.
L’avere molto più tempo a disposizione per svolgere l’attività, rispetto alla durata abituale dell’allenamento di 60 minuti consente a ognuno di fare anche delle pause piuttosto lunghe di 15/20 minuti pur continuando a stare sul campo per poi riprenderla avendo a disposizione un tempo di 5 ore. Questo aspetto ha un effetto positivo anche sugli allenatori che lavorano nella consapevolezza di non dovere sollecitare il giovane a svolgere l’attività, come può succedere durante l’anno quando il tempo di allenamento è molto più ridotto.
I partecipanti saranno attivi per 5 ore al giorno per un totale di 25 ore a settimana, che in termini quantitativi equivalgono 3 mesi di allenamento per due ore settimanali. Inoltre questi ragazzi/e di più limitato funzionamento difficilmente di solito durante l’anno fanno anche diverse assenze, per cui non è difficile ipotizzare che per molti questo numero settimanale di ore può equivalere a 4 mesi di allenamento.
Vedi il video di oggi: WhatsApp Video 2022-06-13 at 11.33.03
Voglio essere ripetitivo dicendo che, in Italia, probabilmente una delle cause primarie del ridotto riconoscimento e affermazione del ruolo professionale dello psicologo dello sport è rappresentato dagli stessi psicologi.
In questo weekend termina il Master che abbiamo organizzato a Milano e i partecipanti hanno presentato il project work del loro periodo di tirocinio. Ebbene in alcune società sportive era già presente uno psicologo o aveva già lavorato nel recente passato. In una società di nuoto il collega aveva lasciato una percezione di sé totalmente negativa, in un’altra ben due psicologi si erano alternati e non avevano mai portato a termine il lavoro perché dopo qualche mese se ne erano andati via, in un altro caso lo psicologo faceva solo interventi online, in una altro era parente del presidente e non stava mai in campo, in un’altra ancora si occupava solo della squadra agonistica ma non faceva niente con quelli più giovani.
Ora in tutte queste situazioni sono intervenuti gli psicologi del Master e grazie invece al loro approccio consulenziale efficace sono riusciti a trasmettere un’altra percezione della nostra professione, venendo alla fine apprezzati per il lavoro svolto. Naturalmente hanno avuto la supervisione di Daniela Sepio e mia e sono stati dotati di strumenti idonei ma il fattore di successo è stata la loro disponibilità professionale a entrare in contatto con l’ambiente sportivo per capirne le esigenze e formulare le possibili risposte.
Mi spiace invece che a molti colleghi manchi questa sensibilità e l’entusiasmo necessario per capire che senza una formazione adeguata non potranno mai svolgere questa professione. Mi spiace anche chi organizza Master in psicologia dello sport non capisca che solo attraverso il tirocinio, così come avviene in ogni professione, si può realmente testare se stessi e quanto si sta imparando.
Mi chiedo anche se questo non possa dipendere dal fatto che molti direttori di master, a loro volta, hanno avuto solo una ridotta esperienza nel mondo della consulenza e spesso limitata a una fascia di età o solo a uno sport.
Chi volesse saperne di più mi può contattare.
L’educazione mentale dei giovani è uno dei compiti dell’allenamento.
Spesso, invece, la formazione è centrata quasi esclusivamente sull’apprendimento e perfezionamento della tecnica sportiva e della forma fisica.
Ciò nonostante istruttori e allenatori usano termini che spremono concetti psicologici per sostenere gli atleti in allenamento e in gara (concentrati, stai calmo, devi essere più determinato, mettici grinta, non mollare, sveglia! Non dormire).
Emerge così una differenza evidente: gli aspetti tecnici dello sport e la forma fisica si allenano e si sviluppano nel tempo e con la continuità dell’impegno. Gli aspetti psicologici sono considerati capacità innate che verranno messe in atto attraverso semplici parole di richiamo dell’allenatore sugli aspetti carenti in un determinato momento.
Ovviamente questo approccio è sbagliato, ma molti non lo sanno.
- Si pensa che sia imposto
- Si crede che sia inutile
- Si crede impossibile
- Si pensa di avere già dato molto
- Per mancanza d’informazioni
- Non si ascolta
- Si è impulsivi
- Ci si sente incapaci
- Non si vedono i benefici
- Si è sempre fatto così
- Si ha paura di sbagliare
- Si pensa ad altro
- Si è troppo impegnati
- Si è sospettosi
- Si è arroganti
Obiettivo: la pratica sportiva richiede al giovane atleta di sviluppare specifiche capacità mentali e interpersonali che gli saranno utili per avere successo non solo in questo contesto, ma anche a scuola e nella vita quotidiana.
L’allenamento e le competizioni sono situazioni reali in cui i giovani mostrano le loro competenze e il loro desiderio di fare il meglio nel rispetto delle regole. Anche le Nazioni Unite e la CIO hanno scritto delle linee guida in questa direzione, riconoscendo il grande ruolo svolto dallo sport nella crescita umana dei bambini e degli adolescenti.
Partendo da queste prospettive, il presente programma si propone di sviluppare specifiche abilità mentali e interpersonali nei giovani con la collaborazione dei loro allenatori.
Le principali abilità che potrebbero essere apprese e sviluppate sono le seguenti:
- Imparare dalle esperienze fatte durante le sessioni e in gara
- Tecniche di rilassamento e gestione dello stress
- Tecniche di riscaldamento mentale
- Visualizzazione della prestazione sportiva
- Come concentrarsi negli sport di tiro
- Il ruolo delle prove mentali nel tiro sportivo
- Il dialogo positivo: come incoraggiarsi attraverso il discorso su di sé
- Come reagire agli errori
- Come collaborare con gli allenatori
La ripetizione mentale di un movimento, anche semplice come quello di alzare un braccio o complesso come l’esecuzione di un salto in alto, determina un incremento moderato del livello di attivazione dei distretti muscolari coinvolti nell’esecuzione reale. E’ un processo analogo a quello che si realizza nel movimento reale e determina pure un’informazione di ritorno al cervello che è percepibile dal soggetto. Avviene nel modo seguente:
1. La persona immagina di saltare focalizzandosi sull’azione delle gambe (informazione dal cervello ai muscoli)
2. I muscoli delle gambe si contraggono (effetto sui muscoli della ripetizione mentale)
3. La persona avverte le sensazioni provenienti da quella parte del corpo (informazione di ritorno dai muscoli al cervello).
Questo risultato è noto sotto il nome di effetto Carpenter e conferma la rilevanza che il pensiero esercita sul movimento. La ripetizione mentale immediatamente prima di una prestazione motoria o sportiva mette l’organismo in una condizione di pronti fisico e psicologico che predispone l’individuo ad eseguirla in maniera efficace.
Nadal ci ricorda che la sua filosofia è: “Non mi lascio andare, cerco in ogni momento la soluzione, vediamo fino a dove può arrivare il mio avversario, deve dare il meglio per vincere”.
Per raggiungere questa mentalità bisogna orientare i giovani a:
- Pianificare, monitorare e regolare maggiormente i loro pensieri in relazione a compiti differenti.
- Concentrarsi sul compito, migliorare il monitoraggio degli obiettivi e la volontà di cambiare strategia dopo un risultato negativo.
Il ruolo dell’allenatore:
- Incoraggiare la riflessione e fornire strategie di miglioramento dopo errori. Le strategie possono riguardare aspetti tecnici o la richiesta di maggiore impegno e persistenza.
- Mostrarsi entusiasta, con una elevata interazione, obiettivi definiti e feedback supportivi.
Un’indagine dell’Istituto di ricerca Ipsos sulla mobilità e la nostra percezione delle due ruote:
- 49% italiani possiede una bici.
- 30% afferma di usarla per svolgere attività motoria
- 10% per andare a lavorare
- 6% degli italiani non ha accesso a un’auto da poter usare
- 8% dichiara di usufruire del bike sharing.
- 37% raccontano di servirsene almeno due volte la settimana
- 13% dichiara che è il mezzo di trasporto principale
- 88% è convinta che l’uso della bici è il modo migliore per ridurre emissioni di CO2 e traffico
- 62% dichiara che andare in bicicletta nella propria zona abitativa sia pericoloso,
- 71% pensa che i nuovi progetti di mobilità debbano dare priorità alle bici rispetto alle auto.
- 50% di chi cerca una bici la vuole elettrica (Fonte: Idealo)