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Prima spedizione alpinistica al femminile sul K2

Settant’anni dopo l’ascensione italiana al K2,  il Cai si prepara andando oltre la dimensione della pura impresa sportiva: 9 donne – quattro atlete italiane, quattro pakistane e una dottoressa – a giugno partiranno per  la seconda vetta più alta della terra pronte a lasciare una traccia nello sport italiano, ma anche  un’impronta a livello sociale e umano.

Federica Mingolla, Silvia Loreggian, Anna Torretta, Cristina Piolini, Samina Baig, Amina  Bano, Nadeema SaharSamana Rahim e la dr. Lorenza Pratali: sono state le protagoniste  della giornata di presentazione del progetto organizzato da Cai con EvK2CNR, associazione  che si occupa di ricerca scientifica e tecnologica in alta e altissima quota.

Non si tratterà solo di un’impresa sportiva ma di un’esperienza condivisa che potrà creare dei  legami forti, un connubio di sfide, gioie e difficoltà che lasceranno un segno nella personalità  di ciascuna di loro. L’obiettivo è raccontare il punto di vista femminile nel contesto di una  spedizione himalayana che vede scalare insieme alpiniste che provengono da mondi e culture  differenti.  A coordinare le alpiniste, sarà Agostino Da Polenza, professionista di grandissima esperienza  e profondo conoscitore di quelle montagne.  Il progetto partirà con delle giornate di training sul Monte Bianco (15-18 marzo) dove le  alpiniste si prepareranno per affrontare il K2.

Spedizione invernale al K2

La spedizione invernale al K2 ha raggiunto il Campo Base con due giorni di anticipo. La marcia di avvicinamento è stata completata,
@sergi_mingote  e i suoi compagni si preparano a resistere a gennaio e a parte di febbraio.

Anche l’italiana Tamara Lunger tenta il #K2. In caso di successo, sarebbe la prima donna ad arrivare in vetta di un ottomila in inverno in una prima salita e sulla stessa montagna in due stagioni diverse http://bit.ly/3rrKOxI

http://bit.ly/3rrKOxI#K2winterexpedition2021

Perchè l’estremo

Ho appena terminato di leggere il libro che racconta della tragedia sul K2 del 2008 in cui perirono molti alpinisti dopo averne raggiunta la cima. E’ una storia di coraggio, morte e sopravvivenza, come sono spesso quelle di montagna, da cui sorge sempre puntuale la solita domanda: perchè questo desiderio di mettersi alla prova in situazioni estreme. La risposta degli alpinisti è anche nota e rieccheggia ogni volta quella che diede Mallory, più di 70 anni fa, quando gli chiesero che cosa lo spingeva sull’Everest e lui disse “Perchè è là.” Scartata la tesi che sostiene che sono dei suicidi, penso che sia una bella sfida per uno psicologo per giunta che si occupa di sport quella di darsi una spiegazione sulla motivazione alla ricerca dell’estremo. L’essere umano ha sempre voluto spingersi oltre e probabilmente l’alpinismo rappresenta una delle ultime opportunità per noi contemporanei di vivere questa sfida. Consiglio la lettura di questo libro: No way down e di visitare il sito per vedere i video del K2, cosìcche chi mai è andato oltre le colline può iniziare a farsi un’idea anche solo visiva di un ambiente estremo: http://www.nowaydownthebook.com