Monthly Archive for November, 2011

Gli effetti del suicidio di Gary Speed

Gli effetti del suicidio di Gary Speed, allenatore della Scozia e mito per questo paese, non si sono fatti attendere. Infatti alla “Sporting Chance Clinic” che si occupa di atleti e atlete che soffrono di alcoolismo, depressione e altri disturbi psicologici sono arrivate una decina di telefonate di giocatori che chiedono di essere aiutati a superare i loro problemi prima che la loro condizione peggiori. Anche il direttore della Clinica non avanza una spiegazione per il gesto di Gary Speed, mette però in evidenza che i calciatori soffrono degli stessi problemi di tutte altre persone ma che spesso sono distanti dalla realtà esterna a causa dei soldi che guadagnano.

Calcio giovanile: genitori antirissa

La buona volontà non manca, il segnale è di quelli positivi e contagiosi. Magari l’idea dei genitori-steward che spengano gli ardori di altri genitori durante le partite del calcio giovanile è un immotivato slancio di speranza, ma intanto si fa. E siccome le cronache e i provvedimenti del giudice sportivo non mentono, le intemperanze del pubblico (genitoriale e parentale) del calcio-baby sono una realtà diseducativa da correggere in qualche modo. I ragazzini si possono educare, più difficile rieducare i loro genitori, che su quei ragazzi in campo, ai quali magari basterebbe divertirsi, caricano, spesso, frustrazioni e progetti di rivincita sociale molto più grandi di loro. Ieri la delegazione trevigiana della Federcalcio, ovvero il delegato Salvestrin, presenti il coordinatore regionale per le giovanili Ruzza e il consigliere Sanson, ha presentato in sede Coni il progetto che per ora riguarderà sette scuole calcio trevigiane, ma che, essendo riconosciuto e approvato anche dal Nazionale (con tanto di firma di Gianni Rivera, mica Pincopallino), promette di allargarsi ben oltre i confini regionali. Un compito difficile, quello del genitore steward, con tanto di casacca catarifrangente addosso: quello di mediare tra il pubblico, tentando di rasserenare gli animi e far sbollire le ire degli altri genitori. Un compito, ha ricordato Sanson, che richiede un carisma non indifferente. Insomma, come tutte le cose nuove, servirà un po’ di rodaggio prima di calibrare alla perfezione ruolo e interpreti.

A sperimentare, fin da questo weekend calcistico, la figura dello steward-genitore (attenzione, tra i 40 ci sono anche le mamme) saranno le scuole calcio trevigiane di S. CiprianoCatron, Condor Treviso, Giorgione, LiventinaGorghense, ProMogliano, Vedelago e Villorba.

Una cosa i genitori in casacca non riusciranno a evitare: tutto ciò che i loro colleghi non sputano sugli avversari o sull’arbitro, ma sullo stesso allenatore e sulla società di appartenenza, colpevoli di non capire il grande talento del… Del Piero di famiglia. In questo caso ci vorrebbero provvedimenti drastici come l’allontanamento dei fortunati genitori del “fenomeno” di turno, ma ciò non si può fare e allora non resta che sperare nella progressiva stanchezza o nel ravvedimento.

Stilati anche il pentalogo del genitore-steward e la dichiarazione d’intenti che verrà letta prima di ogni match.

Emozioni, successo e morte

Gary Speed, ct della Scozia e mito nazionale, sembrava felice ma ieri si è tolto la vita nel garage di casa sua. Bisogna riflttere su come sia possibile coniugare insieme il successo raggiunto attraverso l’autoaffermazione e il desiderio di morte. Questa morte è una conferma che il male di vivere può colpire chiunque e manifestarsi, almeno per noi spettatori, in maniera improvvisa. In Inghilterra questa vicenda ricorda quella dell’exportavoce di Blair che convive da anni con la depressione e che dice di essersci salvato grazie all’aiuto della famiglia, degli amici e di bravi dottori. Gary Speed aveva amici, moglie e due figli ma evidentemente questo non gli è bastato. Successo e benessere mentale non vanno a braccetto e le storie di Maradona, Paul Gascoigne, George Best, Gianluca Pessotto e De Bartolomei sono lì a testimoniarlo. Queste storie non sono molto diverse da quelle di ogni altra persona che ha deciso di intraprendere l’ultimo passo che Camus chiamò “l’Ultimo irrevocabile”.

Le imprese pazzesche dell’amore

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La redistribuzione della speranza

Federico Rampini nel suo ultimo libro intitolato “Alla mia sinistra” in cui parla di globalizzazione e mercato, introduce un concetto psicologico denominato “la redistribuzione della speranza” e che riprende da un articolo pubblicato da The Economist. Si dice che negli ultimi 400 anni il mondo occidentale ha goduto di un vantaggio comparativo sul resto del mondo che ha permesso una visione ottimistica dello sviluppo della società e del progresso ma ora la fiducia nel futuro si è spostata su altri paesi. Infatti, oggi mostra questo atteggiamento solo più il 30% degli americani e meno ancora gli europei; di contro l’’87% dei cinesi, il 50% dei brasiliani e il 45% degli indiani sono convinti che il loro paese stia andando nelle giusta direzione. The Economist esorta “Va a Est, giovane uomo”. L’UNESCO ha rilevato che in cinque anni, dal 2002 al 2007, le ricerche scientifiche effettuate nei paesi che stanno avendo la crescita maggiore sono passate dal 30% al 38%. Che possono fare individualmente i giovani italiani? Andare a vedere il resto del mondo – suggerisce Rampini – quello che non è Occidente. Fare esperienze di vita e di studio anche temporanee, respirare un’altra aria piena di fiducia e di energia. Provare a vivere do ve è ora la speranza, per imparare.

Impegno o intelligenza

La questione di come le persone acquisiscono livelli elevati di competenza è un tema ancora oggi dibattuto. Quanto pesano le caratteristiche innate, i doni genetici, rispetto a quelle acquisite? Le ricerche di Ericcson sembravano avere dimostrato che ciò che conta fosse la quantità di tempo dedicata. Studiando un gruppo di giovani violinisti di 20 anni aveva evidenziato che “i migliori” si erano applicati per 10.000 ore, mentre “i bravi” si erano fermati a 8.000 ore di pratica e i meno bravi a 5.000 ore.
Questa e molte altre ricerche hanno portato a formulare la regola delle 10.000 ore in 10 anni per chi vuole eccellere in una qualsiasi attività. Secondo questo approccio l’intelligenza viene considerata come un fattore importante solo fino al punteggio di 120 dopo di che non è di alcuno aiuto nel migliorare le prestazioni.
Altre indagini scientifiche hanno contestato questo approccio sottolineando al contrario il ruolo decisivo dell’intelligenza. Ad esempio gli studi sui giovani intellettualmente precoci di di Lubinski e Benbow hanno dimostrato che i giovani che sono al 99,9 percentile di intelligenza rispetto a quelli che sono “solo” al 99,1 hanno da tre a cinque più probabilità di pubblicare un articolo scientifico, di prendere un dottorato, di pubblicare un lavoro letterario o di depositare un brevetto. Quindi un livello intellettuale molto alto sembra invece fornire un enorme vantaggio nel proprio sviluppo personale. Analogamente Hambrick e Meinze hanno scoperto che possedere una elevata capacità di memoria di lavoro è predittivo del successo in una vasta serie di attività. Per cui se si prendono in considerazione due pianisti con lo stesso numero di ore di pratica quello che avrà più memoria di lavoro avrà più successo nel leggere uno spartito mai visto sino a quel momento. Il pensiero in questi casi corre a Mozart che scriveva brani musicali già a 6 anni, è però altrettanto vero che in realtà sembrano essere stati scritti dal padre e che anche nella prima adolescenza le sue creazioni non fossero altro che adattamenti di musiche già composte da altri, mentre il suo primo capolavoro l’avrebbe scritto a 20 anni e quindi dopo 10 anni di formazione musicale. La questione su quanto pesi la genetica o l’apprendimento resta ancora una volta aperta.

L’importanza di avere un progetto

L’Iran di pallavolo ha battuto ieri la Serbia e poco tempo fa ha vinto il campionato asiatico di pallavolo. Voglio che quando si costruisce un programma di sviluppo e si sceglie un grande allenatore, in questo caso è Julio Velasco, magari non si vincerà il campionato del mondo ma si dà l’opportunità di fare un salto di qualità enorme e di ottenere successi inpensati sino a quel momento. Fare parte di un programma fornisce energie eccezionali all’impegno e alla dedizione, l’allenatore che sa sfrutttare questa condizione mentale di gruppo otterrà in più breve tempo risultati che in altri ambienti ne avrebbero richiesto di più e con maggiore attriti con la squadra.

Genitori nel pallone

Non insultate l’arbitro e non fate il tifo contro gli avversari quando gioca la squadra di vostro figlio.
Siate, invece, corretti nel dimostrare in maniera positiva il vostro sostegno a tutti i giocatori, agli allenatori e all’arbitro.

Non urlate a vostro figlio cosa deve fare in campo, non sostituitevi all’allenatore.
Lasciatelo, invece, giocare e fare liberamente le scelte che vuole.

Non sgridatelo quando commette un errore o quando gioca male.
Sostenete, invece, il suo impegno e dimostrategli che siete orgogliosi di lui.

Non criticate a priori le scelte degli allenatori e degli arbitri.
Ascoltateli, invece, mettetevi nei loro panni cercando di comprendere il loro punto di vista.

Non arrabbiatevi quando la squadra di vostro figlio perde, non sentitevi delusi e non sgridatelo
Ricordatevi, invece, che il gioco è dei bambini, non siete voi ad avere perso

Non ditegli che vi ha profondamente deluso e che non diventerà mai un campione.
Fate, invece, attenzione a che lo sport sia per lui un’esperienza divertente ed eccitante.

Non fate finta di nulla quando vostro figlio è deluso o è arrabbiato per qualcosa che è successo mentre giocava ma neanche ditegli che uno stupido a prendersela.
Per primo, invece, ascoltatelo, lasciatelo parlare mostrandogli che capite il suo stato d’animo e successivamente trovate insieme una soluzione.

Non insegnate con il vostro comportamento a non avere rispetto per gli altri, siano essi compagni, giocatori di squadre avversarie, allenatori o arbitri.
Dimostrategli, invece, che avete rispetto di tutti loro e che pretendete che anche lui lo dimostri.

Non alleatevi con quegli allenatori che fanno giocare solo i migliori e che mostrano maggiore attenzione verso i più bravi.
Esigete, invece, che gli allenatori diano a tutti le stesse opportunità per imparare e che dimostrino entusiasmo nel lavorare con i bambini.

Non parlate solo di sport con vostro figlio, non guardatelo solo in TV. Non portatelo solo ai giardini.
Praticatelo, invece, insieme, stando all’aria aperta a giocare, impegnandovi in qualsiasi attività fisica che piaccia a tutta la famiglia.