Monthly Archive for June, 2011

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Cos’è una truffa

In questi giorni  in riferimento allo scandalo del calcio si molto detto a proposito di come si commettono le truffe, di quale sia la rete che le organizza. Vorrei dare un contributo sulla definizione di truffa; ovvero cos’è  una truffa, una frode:
E’ un’azione che viene svolta in maniera segreta, senza fare sapere ai diretti interessati che gli si stanno sottraendo informazioni rilevanti riguardanti la prestazione della squadra. I truffati non sanno di esserlo perchè gli si fa apparire il falso per vero.Viene violato, quindi, il rapporto di fiducia fra coloro che la compiono e la squadra che ne è vittima e ciò si basa sul fattore non-verità; la partita solo formalmente è stata giocata in maniera regolare, perchè il risultato era già stato stabilito prima dell’inizio dell’incontro e ottenuto tramite complicità non visibili a chi non inganna. La truffa è tesa a determinare benefici economici e di potere sociale ai frodatori, ha sempre una finalità specifica.

C’è bisogno di psicologia positiva

Gli eventi del calcio di questi giorni stanno a indicare che è forte il bisogno di psicologia positiva:

Calciatori nel pallone per le partite truffate. Allenatori che vogliono diventare dirigenti con un battare di ciglia e che dimostrano così di non avere un piano di vita o di sviluppo professionale. Sono tutti pazzi per la cantera del Barcellona senza capire che una nazione o un club dovrebbero avere progetti propri e non perseguire fotocopie che alla prova del tempo si stingono. Circa 300 sono le Scuole calcio che hanno dichiarato ufficialmente di avere uno psicologo: dove sono? Molti ex-calciatori non hanno un lavoro. Questi alcuni temi che richiederebbero un approccio psicologico alla loro risoluzione ma sarebbe come andare su Marte: impossibile.

Si vince con l’ottimismo

Spesso mi sono chiesto perchè gli atleti di alto livello continuano a gareggiare pur sapendo che sono molte di più le gare in cui perderanno rispetto a quelle in cui saranno vincenti. Come superano questa frustrazione? La mia risposta è stata che questa convinzione si basa sull’idea che il futuro sarà migliore del passato e questo atteggiamento è noto come “il pregiudizio dell’ottimismo.” Per migliorare si può solo immaginare di poterlo fare e ciò conduce a ritenere che questo risultato possa essere raggiunto. Tale credenza in se stessi motiva l’atleta, come chiunque altro, a perseguire i suoi obiettivi. Inoltre questo modo di essere comporta una riduzione dello stress e questo aiuterà la persona a competere al suo meglio nei momenti di maggiore pressione agonistica. Quindi impegnamoci come i campioni a perseguire un approccio ottimistico alle difficoltà anche se ci potrebbe apparire un po’ irrealistico.

Ripetere e poi continuare a ripetere

Hemingway è spesso citato quando si parla di prestazioni eccellenti perché le ha definite in termini di 10% di talento e 90% di sudore. In questi giorni alcuni suoi inediti forniscono un’ulteriore prova di quanto forte fosse questa sua convinzione. “Ho scritto 39 volte l’ultima pagina di Addio alle Armi prima di essere soddisfatto”. E’ una frase che dovrebbero conoscere e commentare tutti quegli atleti che quando commettono un errore si abbattono e pensano di non essere abbastanza capaci. Bisogna fare e continuare a rifare sino a quando si giunge a fornire la prestazione migliore di cui si è capaci. Fermarsi al primo errore serve solo a fare sorridere gli avversari che sapranno di avere un contendente in meno.

Precarietà e competenza

Il lavoro precario di cui ancora oggi sui quotidiani si parla molto, non solo è un dramma perchè obbliga i giovani a continuare a dipendere dalle famiglie e a continuare a vivere insieme ai genitori ancora a 30 anni. Voglio infatti sottolineare un aspetto di cui poco si parla e che ha a che fare con ciò di cui mi occuppo e cioè il miglioramento delle prestazioni. Oggi sappiamo bene come si diventa esperti nello sport come nel lavoro, nelle arti o nell’artigianato. E’ ormai consolidata e dimostrata l’idea che la maestria è un processo a lungo termine e per meglio definirlo è stata coniata la regola dei 10 anni e  10.000 ore necessari per potere essere definiti “esperti”. La precarietà di cui soffrono in particolare i giovani italiani rispetto a molti coetanei europei mina proprio questo processo: non solo non guadagnano in maniera dignitosa ma i continui e ripetuti periodi di interruzione tra i lavori impediscono  di sviluppare le competenze necessarie, per cui rischiano seriamente di non diventare mai competitivi perchè non avranno lavorato per un tempo sufficiente. Sembra un aspetto secondario ma non lo è, poichè il laureato non potrà mai esercitarsi a diventare esperto, forse lo sarà nel cercare il lavoro ma non in quello per cui ha studiato. Inoltre, dato che in Italia si trova lavoro solo per conoscenze familiari, questo approccio rappresenta un limite non solo per chi non le ha (!) ma anche per chi ottiene il lavoro poichè sa benissimo che sapere lavorare non è il fattore su cui sarà valutato, perchè l’unica competenza richiesta sarà quella del conformismo mentale.

Tifo e ragione: Una guerra senza fine

Voglio riprendere quanto espresso da Gramellini nel suo articolo di oggi sulla Stampa a proposito dell’irrazionalità del tifoso. Ebbene diciamo intanto che è tifoso chi è un accanito sostenitore di una squadra verso cui dimostra entusiastica ammirazione. Quindi la sua fedeltà trascende ogni altra considerazione oggettiva. Per questo motivo   il tifo viene spesso associato all’entusiasmo dei bambini e il tradire questa fiducia come un insulto al bambino che c’è in noi. Mi sembra invece più corretto pensare che l’ammirazione del tifoso sia una forma irrazionale di pensare, che per essere tale determina un’estrema semplificazione del modo di ragionare e porta a distinguere solo due categorie: il bene (la squadra) e il male (gli altri); questo modo di pensare non ha nulla a che fare con il ragionamento infantile che è molto più complesso e in costante sviluppo. Al tifoso piace pensare che la delusione potrebbe comportare la rottura definitiva del suo essere bambino perchè così ha un motivo in più per difendersi da questa eventualità; lo fa incrementando questa sua credenza e continuando così a vivere in questo eccesso emotivo. Se pensasse che è lui come adulto che attribuisce valore a qualcosa che ora non ce l’ha più (perchè la squadra gioca male o le partite sono truccate) dovrebbe affrontare un processo di analisi razionale che lo porterebbe fuori da questo pensiero magico che è il tifo.

Obiettivi e insuccessi

“Quanto ti dai obiettivi troppo elevati e non sei in grado di raggiungerli [competenze], il tuo entusiasmo si trasforma in amarezza [motivazione]. Cerca una meta più ragionevole e poi gradualmente sorpassala [esperienza]. È il solo modo per arrivare in vetta” (Emil Zatopek). Quanto succede nel mondo rivela che spesso le persone non sono in grado di accettare i propri limiti e i risultati negativi, quindi, alcuni abbandonano, altri perdono la fiducia in se stessi, qualcun altro cerca delle scorciatoie o si rivolge a dei guru che dovrebbero farli cambiare. Altri ancora senza saperlo seguono i consigli di Zatopek e continuano così il loro viaggio con rinnovato entusiasmo. Questa frase dovrebbe essere presente in ogni classe scolastica, in ogni spogliatoio o luogo lavoro perchè spiega quale sia l’atteggiamento da avere di fronte agli errori e alle difficoltà. Fa vedere con chiarezza come non esistano scorciatoie ma solo impegno e dedizione (il sudore di cui parlava Hemingway). Ovviamente neanche l’allenatore o lo psicologo possono sostituirsi a questo atteggiamento, possono certamente spiegare che questo è il modo migliore di reagire, ma il vero lavoro per fare proprio questo pensiero è solo quello della persona che si trova in difficoltà, nessuno può sostituirsi a lui/lei.

E’ il momento del coraggio e della coscienziosità

Il coraggio e la coscienziosità sono alla base della moralità del carattere. Infatti se non si posseggono queste due caratteristiche si rischia di agire in modo etico solo nelle situazioni più semplici, in cui non si deve contrastare convinzioni differenti o ambienti organizzativi con modelli morali negativi o di tipo più lassista. Le persone però non devono essere lasciate sole nel dimostrare questo loro atteggiamento, perchè non c’è bisogno di eroi. Le società di calcio dovrebbero dotarsi di un codice etico, così come ha fatto Prandelli con la nazionale di calcio, e affidare la crescita dei calciatori a chi può farli crescere, non è un percorso facile ma bisognerebbe provarci per evitare che i più deboli vengano avvicinati da persone losche (che ci sono sempre state e continueranno a esserci) e si lascino attirare. Non si può fare finta di nulla e pensare solo al proprio orticello: l’allenatore allena e il dirigente  amministra, e chi pensa a questi giovani che si possono perdere a dargli delle ragioni per sviluppare un antidoto al doping, all’abuso di farmaci, al vincere i soldi in modo facile, al non pensare che “è solo questione di soldi?” Quali azioni formative ha intrapreso l’associazione dei calciatori?

Italiani con poche regole

Siamo più aggressivi, più depressi, più narcisisti, ma soprattutto pensiamo che, se non rispettano le regole, l’unico giudice a cui dobbiamo rispondere è la nostra coscienza, a volte particolarmente permissiva. È una «crisi antropologica» quella che stiamo vivendo. C’è un eccesso di «individualismo» nella società, ha affermato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – presentando oggi l’indagine «La crescente sregolazione delle pulsioni» – che «non finirà con il berlusconismo». In sostanza per il Censis “siamo una società in cui sono sempre più deboli i riferimenti valoriali e gli ideali comuni, in cui e’ piu’ fragile la consistenza dei legami e delle relazioni sociali. In questa indeterminatezza diffusa crescono comportamenti spiegabili come l’effetto di una pervasiva sregolazione delle pulsioni, risultato della perdita di molti dei riferimenti normativi che fanno da guida ai comportamenti”. Diventeremo tutti, Grandi o Piccoli Signori dei Tranelli?

Abbracci gratis

Valutate voi se è una stupidaggine, da parte mia penso che una piccola azione concreta sia sempre un grande valore:
http://www.actionforhappiness.org/10-keys-to-happier-living/happiness-activist