Voglio riprendere quanto espresso da Gramellini nel suo articolo di oggi sulla Stampa a proposito dell’irrazionalità del tifoso. Ebbene diciamo intanto che è tifoso chi è un accanito sostenitore di una squadra verso cui dimostra entusiastica ammirazione. Quindi la sua fedeltà trascende ogni altra considerazione oggettiva. Per questo motivo il tifo viene spesso associato all’entusiasmo dei bambini e il tradire questa fiducia come un insulto al bambino che c’è in noi. Mi sembra invece più corretto pensare che l’ammirazione del tifoso sia una forma irrazionale di pensare, che per essere tale determina un’estrema semplificazione del modo di ragionare e porta a distinguere solo due categorie: il bene (la squadra) e il male (gli altri); questo modo di pensare non ha nulla a che fare con il ragionamento infantile che è molto più complesso e in costante sviluppo. Al tifoso piace pensare che la delusione potrebbe comportare la rottura definitiva del suo essere bambino perchè così ha un motivo in più per difendersi da questa eventualità; lo fa incrementando questa sua credenza e continuando così a vivere in questo eccesso emotivo. Se pensasse che è lui come adulto che attribuisce valore a qualcosa che ora non ce l’ha più (perchè la squadra gioca male o le partite sono truccate) dovrebbe affrontare un processo di analisi razionale che lo porterebbe fuori da questo pensiero magico che è il tifo.
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