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Non è di certo superficiale per un atleta/allenatore pensare in positivo, anzi si è troppo banalizzata l’importanza di avere un atteggiamento di questo tipo, etichettandola spesso come un’americanata o un modo di vivere senza porsi i veri problemi. Nel mio lavoro vedo invece l’esatto contrario e cioè quanto sia facile abbattersi per un allenamento andato male, per la difficoltà nel migliorare, per accettare che il lavoro quotidiano non è una passeggiata verso la gloria, ma che invece bisogna metaforicamente sporcarsi le mani con le proprie insicurezze e timori. Sono proprio le difficoltà che vivono gli atleti che rappresentano l’unica occasione, anche questa positiva, per mettere alla prova il proprio valore umano, la propria voglia di fare bene nonostante oggi non si sia soddsfatti. Questo è l’allenamento accettare i propri limiti e lavorare positivamente per ridurli e superarli. Quando si acquisisce questa mentalità si apre la porta al pensiero positivo.
Il quotidiano La Stampa pubblica, ieri e oggi, due denunce sull’impossibilità in Italia di essere studente e atleta. Siamo alle solite perchè chi vuole diventare musicista frequenta il conservatorio mentre agli studenti-atleti è vietata questa opzione? Inoltre il ministro dell’Istruzione ha detto che sono stati stanziati milioni di euro per consentire l’attività fisica a scuola, personalmente sapevo il contrario e lo verifico ogni giorno dalle testimonianze continue di cui ho notizia. Perchè in Italia lo sport è considerato attività per decerebrati? Il ministro dice che si istituiranno licei a orientamento sportivo, che si tradurrà in più ore di educazione fisica, bene ma non è questa la soluzione. Fare l’atleta nella scuola secondaria significa dedicare almeno tre ore tutti i giorni, in che modo la scuola risponderà a questa esigenza? Si tratta di 18 ore alla settimana e non di due ore in + di attività fisica a scuola. Come verrà calcolato il temo dedicato alle competizioni? Questi argomenti non li ho mai vistoi trattati ma neanche argomentati dai politici. Molto male, evviva chio nasce in un altro paese.
Lo stress consiste in “reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore” (fonte: National Institute for Occupational Safety and Health, NIOSH 1999). Lo stress sul lavoro può colpire chiunque, a qualsiasi livello, in qualsiasi tipo di organizzazione. Sono sempre più numerose le persone colpite da problemi di stress sul luogo di lavoro. Le cause sono da ricercare: innovazioni apportate alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, precarietà del lavoro, aumento dei carichi di lavoro e dei ritmi, pressione emotiva esercitate sul lavoratore, violenza e molestie di natura psicologica, scarso equilibrio tra lavoro e vita privata
Riprendo il titolo dell’articolo di Gramellini sulla Stampa di oggi, in cui si ribella all’idea che “il ragazzo che ha lanciato l’estintore per spegnere l’incendio … diventi il simbolo della generazione degli indignati”. Sono assolutamente d’accordo e volgio aggiungere che insieme ai tanti ragazzi che studiano o cercano lavoro, vi sono anche gli atleti, non solo i campioni che tutti conosciamo, ma quelle migliaia che ogni giorno si allenano per ore, molti dei quali non diventeranno mai dei fuoriclasse ma lo fanno perchè lo sport lo praticano non per guadagno o per fama ma perchè gli piace, per passione, per sentirsi bravi o per la voglia di confrontarsi con gli altri. Sono tanti e non pochi, ma nessuno mai ne parla eppure sono loro che stanno alla base dello sport italiano.
Il bello sport è il “giorno della verità”, la gara, non c’è nulla che possa dare le stessa intensità emotiva. La sfida è: “Sei pronto? Dimostralo.” Significa fornire la migliore prestazione di cui si è capaci. Credo che chi non ha mai vissuto questa richiesta (in qualsiasi situazione della vita) si trovi in difficoltà a capire cosa voglia dire vivere questo momento. Per me significa, non solo avere la consapevolezza di avere svolto il lavoro che avrei dovuto nelle settimane precedenti, ma anche dire/fare (che spesso comporta anche non dire/non fare) ciò che è meglio per ottenere il risultato migliore. Il pregara è fatto di momenti e sensazioni che non solo gli atleti ma anche coloro che gli stanno vicino devono sapere sfruttare. Sono momenti delicati in cui l’atleta si aspetta qualcosa o non vuole niente perchè è a posto, chi gli sta vicino vive la stessa situazione ma con un ruolo diverso e bisogna incontrarsi.
Per molti atleti questo è un periodo dell’anno in cui devono recuperare dalle gare (è il caso della pallavoliste che hanno appena vinto il mondiale juniores o dei nuotatori). Il riposo è una fase decisiva della vita sportiva di un giovane, tanto quanto lo è l’allenamento. Diciamo che abbiamo “staccato la mente” al ritorno da una vacanza in cui ci siamo veramente riposati o viceversa “quest’anno non ho proprio staccato.” Maggiori sono gli impegni agonistici, maggiore è la necessità di riposo. Bisogna sapersi gestire anche in questa fase dell’anno, evitare di rinunciare a riposarsi perchè si hanno solo pochi giorni e non tutto il tempo che si vorrebbe. Riposarsi, un fatto tanto banale a cui spesso si rinuncia perchè non se ne ha il tempo. E invece no! Anche questo è parte del successo.
Semplifichiamo anche noi e diamo i numeri per avere successo:
3 – sono le chiavi del successo: impegno e dedizione, famiglia e amici, allenatori eccellenti.
4 – sono le abilità psicologiche di base: imparare dall’esperienza, rilassarsi, self-talk positivo e ripetere mentalmente.
6 – sono le fasi della carriera dell’atleta: divertirsi muovendosi, imparare a allenarsi, allenarsi ad allenarsi, imparare a competere, imparare a vincere, ritiro e passaggio di carriera.
7 – sono le abilità psicologiche avanzate: goal setting, gestione dello stress, concentrazione, gestione della gara, valutazione delle prestazioni, gestione della vita extra-sportiva, rapporto allenatore-atleta.
1.200 – sono le ore di allenamento annuali di un atleta di livello assoluto.
10.000 – sono le ore necessarie per diventare atleti esperti.