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Emozioni, successo e morte

Gary Speed, ct della Scozia e mito nazionale, sembrava felice ma ieri si è tolto la vita nel garage di casa sua. Bisogna riflttere su come sia possibile coniugare insieme il successo raggiunto attraverso l’autoaffermazione e il desiderio di morte. Questa morte è una conferma che il male di vivere può colpire chiunque e manifestarsi, almeno per noi spettatori, in maniera improvvisa. In Inghilterra questa vicenda ricorda quella dell’exportavoce di Blair che convive da anni con la depressione e che dice di essersci salvato grazie all’aiuto della famiglia, degli amici e di bravi dottori. Gary Speed aveva amici, moglie e due figli ma evidentemente questo non gli è bastato. Successo e benessere mentale non vanno a braccetto e le storie di Maradona, Paul Gascoigne, George Best, Gianluca Pessotto e De Bartolomei sono lì a testimoniarlo. Queste storie non sono molto diverse da quelle di ogni altra persona che ha deciso di intraprendere l’ultimo passo che Camus chiamò “l’Ultimo irrevocabile”.

I numeri per il successo

Semplifichiamo anche noi e diamo i numeri per avere successo:
3 – sono le chiavi del successo: impegno e dedizione, famiglia e amici, allenatori eccellenti.
4 – sono le abilità psicologiche di base: imparare dall’esperienza, rilassarsi, self-talk positivo e ripetere mentalmente.
6 – sono le fasi della carriera dell’atleta: divertirsi muovendosi, imparare a allenarsi, allenarsi ad allenarsi, imparare a competere, imparare a vincere, ritiro e passaggio di carriera.
7 – sono le abilità psicologiche avanzate: goal setting, gestione dello stress, concentrazione, gestione della gara, valutazione delle prestazioni, gestione della vita extra-sportiva, rapporto allenatore-atleta.
1.200 – sono le ore di allenamento annuali di un atleta di livello assoluto.
10.000 – sono le ore necessarie per diventare atleti esperti.

I CT presuntuosi

Capello, Lippi, Dunga e Maradona non hanno guidato solo nazionali di grande prestigio ma sono loro stessi persone di livello assoluto nel calcio, però sono andati fuori alle prime difficoltà vere che il campionato del mondo gli ha presentato. Sono allenatori con personalità molto diverse ma nelle spiegazioni relative a questo insuccesso sono stati molto simili. Con modi diversi si sono assunti la responsabilità della disfatta, si sono dimostrati emotivamente coinvolti ma non hanno mai risposto a domande riguardanti il perché questo è successo (hanno detto non lo so) o cosa sarebbe potuto succedere se avessero giocato in modo diverso, con Tizio al posto di Caio. Queste domande li irritano, dicono che hanno già risposto, che sono fatte per polemizzare e così via. E’ un atteggiamento presuntuoso e narcisistico di chi pensa di avere fatto il meglio, salutare percezione soggettiva, peccato che il loro meglio abbia prodotto il peggio e chi domanda vorrebbe saperne le ragioni e non vedere capi solo dispiaciuti o lacrimevoli.