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How to learn to be confident

Mourinho, after Roma’s defeat against Juventus, talked about the lack of personality of his team’s players. It’s an issue of paramount importance for anyone who wants to achieve challenging goals. Today many people have this problem. You can also have a positive self-esteem, which consists of the value we place on ourselves as people, but have little confidence at the same time. It is possible, because confidence is skill-driven and reflects the optimism of knowing how to deal with specific situations and circumstances in a seemingly spontaneous way. It is more easily influenced by external events and, therefore, is modifiable depending on the situations being experienced. I have met several athletes who are motivated, focused, competent but lack confidence.

Confidence is like a crystal glass, beautiful and fragile.

Usually in these athletes their actual competence is higher than the degree of confidence in it. They have difficulty drawing optimistic explanations from their successful experiences, thus not nurturing the growth of their confidence.

Positive psychology is very clear on this point, we need to set aside global explanations for the mistakes we make. This happens when we tell ourselves “I’ll never understand, I always make the same mistakes” or “same mistake again, I don’t learn”. Whereas we need to be committed, thinking that mistakes show the way to improve, so let’s accept them and commit to doing things differently. It has to become an automatic way of thinking and to make it happen you have to do it, someone learns more quickly for others it will take months.

The question is, “When I am in the situations that are most important to me, what do I want my dominant thought to be? And what do I do?”

For this to happen in the race, this way of being must already be inside the athlete, not invented on the spot. It must always be practiced in training, it must become a spontaneous way of thinking and acting.

Ma gli allenatori hanno un programma?

A leggere le dichiarazioni di questo periodo di alcuni allenatori mi viene il dubbio che non abbiamo formulato un programma di sviluppo della squadra, quando era il mpomento di farlo, cioè all’inizio dell’anno sportivo o, per coloro che sono chiamati nel corso del campionato, quando sono stati incaricati. La programmazione non è solo sapere quale gioco si vuole avere e stabilire sulla carta i compiti di ognuno. La programmazione è anche avere un piano in caso succedano eventi imprevisti ed è soprattutto condivisione e responsabilizzazione dei singoli giocatori. Solo chi ha previsto gli scenari negativi è in grado di affrontarli con fermezza e rapidità senza essere stupefatto che possa essere accaduto. Non è un caso che i vincitori di medaglie alle olimpiadi e i loro allenatori considerano che sia decisivo avere un pianificato modi di agire per affrontare proprio gli eventi imprevisti. Cosa vuole dire Luis Enrique quando afferma che deve lavorare sulla personalità dei suoi atleti? Perchè non l’ha fatto dal primo giorno? Sono convinto che molti allenatori abbiano un approccio superficiale o presuntuoso alla comprensione della mente dei propri calciatori, perchè chi rimane stupito, vuole che in precedenza avere preso illusioni per realtà. Forse un giorno capiranno (anche se ne dubito) che gli servirerebbe un consulente che in maniera scientifica e professiionali li aiuti a formulare programmi di sviluppo delle loro squadre non solo basate sulla tattica ma anche su cosa succede alle persone quando le cose non vanno come dovrebbero e come allenare la resistenza a questo stress. Per ora è fantascienza e non a caso Sacchi era considerato un matto anche perchè si occupava di questi aspetti.

Personality and football

Sui media è apparsa la notizia che una squadra tedesca ha sottoposto i suoi giocatori a un questionario di personalità per conoscere le principali carateristiche psicologiche di ognuno. Ovviamente sui giornali italiani la notizia è apparsa perchè vi sono anche alcune domande riguardanti la vita sessuale. http://www.repubblica.it/sport/calcio/calciomercato/2012/01/11/news/hannover_test_ai_giocatori_sei_sessualmente_sfrenato_-27929171/ Sono convinto della grande positività di iniziative come questo poichè permettono di approfondire la conoscenza dei propri attraverso attraverso l’uso di trumenti scientifici. E’ questa una pratica inesistente in Italia. Posso dire che l’unico a essersi interessato a queste dimensioni è stato Arrigo Sacchi, il quale in preparazione dei mondiali di Amrica 1994 mi chiese di somministrare ai giocatori un questionario e applicai il TAIS, che è un questionario per los tudio dello stile attentivo e intepersonale delle persone. Oltre il suo interesse sul profilo psicologico di ognuno degli atleti, mi chiese ad esempio di dirgli quali erano ,in base ai risultati, quei calciatori a cui poteva fornire più informazioni contemporaneamente senza che per questo si confondessero e quelli invece per cui era più efficace fornire ogni volta un nuemro minore d’indicazioni. Ecco un piccolo esempio di come le informazioni che derivano da un questionario possono essere utilizzate. Da quel giorno, solo gli arbitri di calcio dell’era Casarin hanno usufruito di questo tipo di consulenza psicologica. I tempi passano e noi ci affidiamo ai maghi allenatori, che ovviamente essendo dei piccoli Cesari non hanno bisogno di queste notizie.

Mancanza di personalità

Il Palermo ha due personalità: con una fa goal e vince in casa mentre con l’altra non segna e perde fuori casa. In casa in sette partite a ne ha vinte 6 e ha segnato 16 goal, subendone 7. Fuori casa ha perso 5 partite e pareggiate, ha subito 9 goal e non ne ha segnato nessuno. In casa fa almeno 2 goal a partita a dimostrazione che i suoi attaccanti e la squadra tutta sanno come devono fare, ma ciò non avviene in trasferta. Fuori casa ha fatto 2 punti e in casa 18. Non so dire nulla sui singoli ma questa sindrome da trasferta è evidente e dimostra una condizione d’inferirità psicologica abbastanza grave e che si ripete dal mese di maggio, mese in cui è stata vinta l’ultima partita non casalinga. E’ un tempo sufficiente per sviluppare credenze negative e d’incapacità a giocare così come in casa. Le credenze si eliminano lavorando sulla conviznione collettiva di essere in grado di affrontare questa difficoltà e il sostegno dei giocatori più significativi della squadra.