In Italy master in PS don’t help to find work

In Italia la questione della formazione in psicologia dello sport degli psicologi continua a essere un problema non risolto. Tralasciando quelli il cui solo scopo è di fare lavorare i formatori che v’insegnano, anche quelli meglio strutturati hanno notevoli limiti.

Vediamo quali sono a mio avviso:

  1. La quasi totalità propone una formazione centrata a insegnare competenze che dovranno servire per lavorare nell’ambito della prestazione di livello assoluto ed essenzialmente con gli atleti, ignorando la consulenza con gli allenatori o l’organizzazione sportiva. In tal modo molti aspetti del mondo sportivo di alto livello non vengono considerati e i giovani laureati avranno, di conseguenza, difficoltà a interagire con una parte fondamentale (gli allenatori, i dirigenti) dell’ambiente degli atleti.
  2. Due ambiti importanti di lavoro vengono tralasciati nella formazione in psicologia dello sport. Il primo riguarda i programmi di avviamento allo sport (6-12 anni) e l’età dell’adolescenza. Questo ambito, è tra l’altro uno di quelli più facilmente aperti agli psicologi ma in cui è necessario avere delle competenze specifiche mentre quelle riguardanti l’alto livello non sono spendibili se pensiamo all’infanzia e vanno comunque adeguate anche nelle diverse età dell’adolescenza. In queste fasce di età, inoltre, il rapporto con i genitori rappresenta un altro fattore con cui si deve interagire in modo costruttivo. Il secondo ambito importante riguarda, lo sport come diritto di cittadinanza e come fattore di benessere. Anche in questo settore gli psicologi non acquisiscono competenze, se non una generica convinzione che lo sport è un fattore essenziale per la vita di ognuno e della comunità.
  3. Un campo in cui gli psicologi non hanno competenze specifiche riguarda la metodologia dell’allenamento e l’insegnamento sportivo. Com’è possibile interagire con gli allenatori (molti dei quali oggi sono laureati in scienze motorie che hanno sostenuto diversi esami di psicologia) se non si conosce il loro mondo e se non si ha consapevolezza di come s’imparano i gesti sportivi, di cosa sia l’apprendimento motorio o di quale sia l’interazione fra preparazione fisica e psicologia?
  4. Un ulteriore aspetto limitativo dei master odierni è la mancanza di un tirocinio supervisionato per un tempo adeguato (almeno di quattro mesi) presso un’organizzazione sportiva. Ciò che è comune in qualsiasi altro tipo di master, è invece pressoché assente nei master in psicologia dello sport.
  5. Un ultimo aspetto limitante le proposte formative attuali, riguarda l’assenza di come lo psicologo dovrebbe proporsi nell’ambito territoriale e professionale in cui intende svolgere la sua attività. Il tema è quello del marketing di se stessi, essenziale, poiché bisogna sapere come proporsi, come costruire il proprio network professionale, come scrivere un progetto e negoziare un budget, come interagire con i dirigenti di un società sportiva che probabilmente hanno un’idea generica di quali servizi lo psicologo dello sport potrebbe offrire.
A mio avviso, la mancanza di questi ambiti formativi riduce notevolmente le opportunità di promozione e diffusione di questo ambito lavorativo, lasciando lo psicologo in una condizione di minorità rispetto alle altre professionalità che da tempo operano in modo consolidato nello sport.

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