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Continuità: la sfida nascosta degli atleti giovani

Spesso si sente dire che i giovani atleti mancano di continuità. Ma cosa significa davvero questa affermazione? E soprattutto: è davvero così?

La parola continuità non ha un solo significato: cambia in base al contesto in cui la applichiamo. La forma più evidente è quella legata alla motivazione: quando questa vacilla, può capitare di arrivare in ritardo agli allenamenti, di affrontarli con poca energia, o addirittura di non volerli proprio fare.

Ci sono poi ragazzi che, pur essendo presenti e regolari, non mostrano il desiderio di migliorarsi. Alcuni fuggono dalla fatica, altri pensano che il talento possa bastare a coprire le mancanze. Un altro gruppo di atleti, invece, lavora con costanza e disciplina, ma lo fa con lo stesso spirito con cui si fanno i compiti a casa: per dovere, senza passione, e quindi senza quel guizzo che fa la differenza.

Infine, ci sono quelli che non riescono a digerire gli errori. Appena inciampano, si scoraggiano, perdono fiducia in se stessi e smettono di essere competitivi.

Ecco perché parlare di continuità non significa etichettare i giovani atleti come svogliati o incostanti in senso assoluto: significa piuttosto chiedersi in che modo ciascuno di loro mostra discontinuità. La domanda allora diventa: a quale di queste categorie appartengono i tuoi atleti quando la loro mente e il loro atteggiamento smettono di essere costanti?

Il valore di intensità e continuità nel tennis

 

Nel tennis, intensità e continuità sono due qualità fondamentali per affrontare una partita con efficacia, e sono strettamente legate all’atteggiamento mentale del giocatore, soprattutto nei giovani in fase di crescita tecnica e caratteriale.

Questo concetto di intensità e continuità non vale solo per i giocatori professionisti, ma è altrettanto valido e importante  per i giovani di 14 anni che giocano da diversi anni e partecipano regolarmente ai tornei.

1. Stessi principi, livelli diversi

I professionisti hanno allenato per anni la loro capacità di restare intensi e continui, ma i meccanismi alla base sono gli stessi anche per chi sta ancora crescendo. Un ragazzo o una ragazza di 14 anni che gioca tornei ha già una base tecnica solida e conosce il ritmo della competizione. A questo punto, l’atteggiamento mentale fa la differenza, proprio come a livello più alto.

2. Allenarsi al giusto approccio fin da giovani

Se un giovane atleta impara a:

  • entrare in campo con intensità,
  • gestire le difficoltà senza arrendersi,
  • evitare i cali di concentrazione,

sta già sviluppando le qualità che lo aiuteranno in ogni fase della carriera sportiva. In sostanza, imparare a giocare servendosi dei propri pensieri non è un aspetto da rimandare all’età adulta: si costruisce ora, in ogni allenamento e in ogni torneo.

3. I tornei giovanili sono un banco di prova reale

Nei tornei giovanili, le partite sono spesso altalenanti: un set si può vincere 6-1 e perdere il successivo 1-6. Questo accade perché i giovani stanno ancora imparando a gestire le emozioni e mantenere la concentrazione. Chi inizia a capire quanto conti l’intensità mentale e la continuità del gioco acquisisce un vantaggio reale.

4. Responsabilità personale e crescita

A 14 anni, un tennista ha già vissuto abbastanza partite da sapere che non basta “giocare bene” per vincere: serve essere presenti, lottare, credere nel proprio gioco, anche nei momenti difficili. Questo significa prendere responsabilità del proprio atteggiamento, e usare ogni partita come un’occasione per crescere, non solo come un risultato da ottenere.

In conclusione, le qualità di intensità e continuità valgono per tutti: dai professionisti ai giovani che competono nei tornei. Chi inizia a coltivarle seriamente già a 14 anni si prepara non solo a diventare un giocatore più forte, ma anche a gestire meglio la pressione, i momenti difficili e il percorso sportivo nel lungo periodo.

 

 

La confusione nella mente di Enrique

Qualche giorno fa ha detto che doveva lavorare sulla personalità dei suoi giocatori, ora dopo la vittoria con l’Udinese afferma che ha sempre detto che la squadra ha personlità e voglia di fare. Mi sembra esprima convinzioni contrapposte e che siano più indicative del suo stato emotivo dopo una sconfitta o una vittoria. D’altra parte una squadra che manca di continuità come la Roma, giacchè molto raramente nel campionato ha vinto due partite consecutive, dimostra una superficialità come squadra nell’affrontare gli impegni agonistici e, questa volta positivamente, mostra la capacità di reagire alle prestazioni negative. Quindi come dare continuità mentale a chi funziona a corrente alternata?