Come ricordato da Fabio Capello e da molti altri esperti, oggi il calcio italiano vive un momento di difficoltà nella formazione di calciatori professionisti di alto livello. Una delle cause principali è il mancato rispetto di alcuni principi fondamentali che dovrebbero guidare la crescita a lungo termine del giovane atleta. A questo si aggiunge un problema strutturale del sistema scolastico: la carenza di un’attività sportiva adeguata, sia per quantità di ore sia per qualità dell’insegnamento. Di conseguenza, i nostri bambini/e e ragazzi/e si trovano spesso indietro dal punto di vista atletico rispetto ai coetanei di altri Paesi, dove lo sport rappresenta una componente essenziale e qualificata del percorso educativo.
Lo sviluppo di un giovane talento calcistico è un processo lungo e graduale, che mira a trasformarlo in un giocatore di alto livello. Al centro di questo percorso c’è la crescita globale dell’atleta, con l’obiettivo di sviluppare in modo armonico le competenze tecniche, tattiche, psicologiche e fisiche necessarie per raggiungere l’eccellenza.
Un aspetto cruciale riguarda il tempo necessario per compiere questo cammino. La ricerca mostra che per diventare esperti servono circa 10.000 ore di pratica distribuite nell’arco di dieci anni. Questo percorso può essere suddiviso in tre fasi principali.
La prima fase (6-9 anni) è dedicata all’avviamento allo sport e punta su divertimento, senso di responsabilità, coinvolgimento e curiosità. Questi obiettivi vengono raggiunti attraverso l’insegnamento della tecnica di base, che costituisce il primo passo per acquisire sicurezza, coordinazione e padronanza del gesto sportivo.
La seconda fase (10-15 anni) si concentra sullo sviluppo tecnico e tattico, sulla specializzazione, sull’impegno costante e sulla capacità di collaborare con i compagni, favorendo la crescita del gioco collettivo e dello spirito di squadra.
La terza fase (16-19 anni) è orientata al perfezionamento, alla piena padronanza delle abilità e alla consapevolezza che lo sport diventa un’attività prioritaria. Successivamente, il giocatore deve essere in grado di mantenere nel tempo il livello di prestazione raggiunto lungo tutta la carriera.
Le qualità psicologiche che caratterizzano i campioni includono fiducia in sé stessi, ottimismo, orientamento agli obiettivi, motivazione, determinazione, concentrazione, disponibilità ad apprendere e perfezionismo sportivo. Queste abilità non si sviluppano soltanto con l’allenamento, ma anche grazie all’ambiente in cui cresce l’atleta: la famiglia, gli allenatori e la società sportiva giocano un ruolo decisivo.
L’ambiente sociale dovrebbe incoraggiare la partecipazione e offrire sostegno, limitare la pressione sui risultati, permettere al giovane di vivere le stesse esperienze scolastiche, sociali ed emotive dei suoi coetanei, rafforzare la fiducia nelle sue capacità, evitare che lo sport assorba completamente la sua vita, promuovere responsabilità e disciplina e offrirgli l’opportunità di confrontarsi con atleti di alto livello.
In definitiva, la crescita di un talento calcistico nasce dall’interazione di diversi fattori: le qualità personali del giovane e le opportunità che il suo ambiente sportivo e sociale riesce a offrirgli. Solo attraverso un percorso coerente, sostenuto e di lungo periodo, è possibile fare emergere i futuri protagonisti del nostro calcio.





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