Valore della consapevolezza nel riscaldamento

Uno dei punti chiave emersi dal tema della consapevolezza situazionale, affrontato nel post precedente, è che spesso gli atleti commettono l’errore di pensare di essere pronti… per poi scoprire, durante la prestazione, che non lo sono davvero. Questo può succedere in un singolo gesto (un tiro, un salto, la partenza di uno sprint) oppure in modo più generale nel corso di una gara (ad esempio iniziare una partita troppo tesi e non riuscire a sciogliersi con il passare dei minuti).

Nello sport, l’esempio più chiaro del principio “il prima determina il dopo” è proprio il riscaldamento pre-gara.

Come scrive Weineck (2001):

“Attraverso un riscaldamento razionale, specifico per lo sport praticato, devono essere create le migliori condizioni iniziali per le capacità di prestazione neuromuscolari, organiche e mentali dell’atleta, per la sua disponibilità allo sforzo, oltre che condizioni ottimali per la prevenzione degli infortuni.”

Dal punto di vista psicologico, il riscaldamento non riguarda solo il corpo ma anche la mente. Se fatto bene, aiuta l’atleta a raggiungere uno stato ideale di concentrazione e attivazione, creando l’atteggiamento giusto per esprimere al meglio il proprio potenziale.

Il problema è che molti giovani non lo vivono in questo modo. Per alcuni è solo un modo per evitare infortuni. Per altri è una cosa da prendere sul serio solo prima delle gare importanti, mentre in allenamento non lo eseguono mai con la stessa cura. Per quasi tutti, invece, rappresenta una fase noiosa, da sbrigare in fretta per poter partire subito al massimo. In tanti lo vivono come i compiti a casa: un’attività fatta senza convinzione e con poco impegno mentale.

Un errore frequente è anche quello di non associare al riscaldamento una respirazione adeguata. E ricordiamoci ancora una volta: il prima determina il dopo. Un allungamento fatto male significa meno elasticità e minore distensione muscolare, con tutte le conseguenze negative che questo approccio può portare nel tempo.

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