Comprendere il concetto di prestazione è ciò che distingue atleti e allenatori capaci dagli altri. Ma è anche ciò che differenzia le varie figure professionali coinvolte nelle organizzazioni sportive—e mette in luce il ruolo spesso dannoso delle famiglie che credono di avere in casa un futuro campione.
La prestazione non va confusa con il risultato—vittoria o sconfitta. In realtà, definire cosa significhi “vincere” è molto meno semplice di quanto sembri. Chi può essere considerato un vincente? L’atleta che migliora la propria classifica nonostante le sconfitte? Colui che ottiene una vittoria a 25 anni che un altro ha raggiunto a 20—è un successo o un fallimento? Se in gara ottieni il tuo record personale ma non vinci, cosa sei? Se un adolescente vince spesso solo perché si allena molto più dei suoi coetanei, è davvero un vincente? Sono domande che i genitori dovrebbero porsi prima di criticare gli allenatori.
In pochi sanno che il risultato di una prestazione è determinato da due fattori: la qualità dell’esecuzione e il numero di errori commessi. Prendiamo il tennis come esempio: un giocatore vince una partita giocando meglio dell’avversario e commettendo meno errori. Ma gli errori sono inevitabili—e, in realtà, numerosissimi—nel tennis. Le statistiche dei migliori giocatori del mondo mostrano che vincono appena il 51% dei punti. In definitiva, la vittoria o la sconfitta dipendono spesso da un margine sottilissimo, circa il 2% dei punti giocati.
Ecco perché i genitori devono capire che il proprio figlio o la propria figlia, per quanto talentuosi, devono imparare ad accettare gli errori se vogliono crescere davvero come atleti. Senza questa capacità, le abilità tecniche servono a poco. Ore e ore di allenamento contano ben poco se non si impara dagli errori.
Naturalmente, anche allenatori e staff di supporto, compresi gli psicologi, devono fare proprio questo concetto. Devono sapere cosa fare quotidianamente per aiutare gli atleti a sviluppare la capacità di accettare gli errori. E il momento migliore per insegnarlo è subito dopo averne commesso uno.
Diventare esperti in qualsiasi sport richiede anni di impegno e migliaia di ore di pratica. In questo percorso, l’atleta commetterà innumerevoli errori. La chiave è insegnargli a pensare: “Hai sbagliato—ricomincia, continua a provare.”Mai stupirsi, mai incolparsi. Un errore non è altro che uno dei tanti che inevitabilmente capiteranno. Accettarlo è ciò che apre la strada all’eccellenza.





0 Risposte a “Il 2% che fa la differenza: la lezione della prestazione”