Giovani ansiosi e anziani fragili? La realtà oltre gli stereotipi

Spesso si sente dire che i giovani di oggi sono tutti ansiosi e depressi mentre le persone over65 sarebbero inevitabilmente fragili, isolate e bisognose di aiuto. Queste immagini così nette non corrispondono alla realtà eppure continuano a circolare con forza. Una parte della spiegazione sta nel modo in cui i media raccontano le cose: le notizie che parlano di crisi, emergenze e fragilità attirano più attenzione e finiscono per occupare lo spazio pubblico, dando l’impressione che certe condizioni siano la norma piuttosto che l’eccezione.

C’è poi la tendenza naturale della nostra mente a semplificare e a incasellare intere categorie di persone dentro pochi tratti dominanti. È più facile pensare che tutti i giovani siano vulnerabili e tutti gli anziani deboli, piuttosto che accettare la complessità e la varietà delle esperienze individuali. A questo si aggiunge il fatto che i cambiamenti sociali degli ultimi decenni hanno reso più visibili alcuni problemi: l’aumento delle diagnosi di ansia e depressione tra gli adolescenti e i giovani adulti, il crescente rischio di solitudine e malattie croniche con l’avanzare dell’età. Questi fenomeni sono reali, ma non raccontano tutto.

Accanto ai giovani che vivono momenti di fatica ce ne sono molti altri che guardano al futuro con entusiasmo, coltivano relazioni e portano avanti progetti. Allo stesso modo, accanto a persone anziane che necessitano di sostegno, ci sono tanti uomini e donne che restano attivi nella comunità, viaggiano, fanno volontariato, si prendono cura dei nipoti o coltivano passioni personali. La vita non si esaurisce nelle etichette, ma continua a scorrere in forme molto diverse.

Gli stereotipi però non resistono soltanto per abitudine: spesso svolgono una funzione sociale ed economica. Parlare di giovani come generazione fragile può servire a giustificare interventi educativi o la necessità di terapie, mentre descrivere gli anziani come sempre dipendenti e soli può alimentare la domanda di servizi assistenziali e di prodotti pensati apposta per loro. In questo modo il rischio è duplice: da un lato le persone finiscono per interiorizzare queste immagini e sentirsi davvero ridotte a un problema, dall’altro la società perde l’occasione di valorizzare la ricchezza e le risorse che queste generazioni possiedono.

I giovani rischiano di vedersi etichettati come una generazione senza speranza, fragile e incapace di affrontare il futuro, mentre gli anziani rischiano di percepirsi solo come un peso, quando invece portano con sé esperienze, competenze e relazioni che sono fondamentali per la vita collettiva. La realtà è che la soddisfazione di vita, il benessere e la resilienza non sono distribuiti in base all’età, ma dipendono da molti fattori: il contesto sociale, le reti di relazioni, le risorse economiche, le opportunità educative e lavorative.

Riconoscere tutto questo significa liberarsi dagli stereotipi e restituire a ciascuna fascia d’età la sua dignità e la sua varietà. Non tutti i giovani sono in crisi e non tutti gli anziani sono fragili: in entrambi i casi troviamo difficoltà e risorse, fatiche e soddisfazioni, limiti e potenzialità.

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