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Z Gen sta sfidando la nozione di tifoso

L’analisi della Nielsen sugli ascolti del 2019 negli Stati Uniti mostra che quasi tutti i contenuti più visti provengono dai colossi dello sport tradizionale. Quindi potrebbe sembrare sorprendente che ci sia poco entusiasmo fra i principali detentori di diritti sportivi.

La realtà emergente è che la nuova generazione, tra i 16 e i 24 anni, è tutt’altro che motivata a inserirsi nel lucrativo franchising di consumatori di sport sviluppato dall’invenzione dei mass media negli anni ’50. Il calo di presenze e spettatori è già una realtà per chi non si evolve abbastanza velocemente.

Ci sono differenze chiave in questa nuova generazione che derivano dall’ambiente in cui sono cresciuti. Hanno aspettative più elevate per le esperienze di intrattenimento rispetto alle generazioni precedenti e nuovi modi di scoprire e consumare contenuti.

I dati dello studio Nielsen Fan Insights su otto diversi mercati (Cina, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) rivelano che i giovani tra i 16 e i 24 anni preferiscono contenuti più brevi e “snackabili” e, dal punto di vista sportivo, sono meno inclini a guardare le partite per intero.

Questo non significa che i loro tempi di attenzione siano più brevi – se il contenuto è sufficientemente coinvolgente e fornisce opportunità regolari di interagire, sono ancora disposti a investire tempo significativo. Gli appassionati di videogiochi online negli Stati Uniti ne sono un esempio – il 29% sotto i 25 anni dichiara di guardare continuamente per una o due ore, mentre il 14% guarda per tre o quattro ore alla volta.

Un altro mito da sfatare è che questa generazione non ha soldi, o non è disposta a pagare per i contenuti. La nostra ricerca mostra che i consumatori della Gen Z non sono contrari a pagare per i contenuti premium, ma si aspettano sempre più una proposta di valore su misura – cioè, vogliono essere in grado di pagare solo per quello che vogliono, dove e quando, e senza alcun impegno contrattuale a lungo termine.

In gran parte per queste ragioni, stanno aiutando a guidare la tendenza crescente tra i consumatori a “tagliare il cordone” dei tradizionali abbonamenti alla pay-TV. E ciò che vogliono guardare si sta anche spostando verso una quota maggiore di contenuti originali più autentici, per esempio dietro le quinte, documentari, ecc. Vogliono essere più vicini ai loro sport e giocatori preferiti, al di là della semplice visione di una partita o di un evento sportivo.

La crescita dello streaming dello sport dal vivo non equivale necessariamente alla scomparsa della visione su grande schermo, anche se – per esempio, DAZN afferma che quasi due terzi del consumo della sua piattaforma è ancora attraverso la TV, con i dispositivi mobili utilizzati solo quando necessario. In Australia, il 58% della visione sul servizio OTT Kayo Sports dal lancio nel novembre 2018 è stato tramite il grande schermo. E, naturalmente, una percentuale maggiore di questa nuova generazione vive ancora a casa, rispetto alle coorti precedenti, quindi guarderà sul grande schermo di famiglia o scapperà al bar sportivo locale.

Più “progresso”, più diabete e obesità

La diffusione di obesità e diabete di tipo 2 potrebbe diventare epidemica nei paesi a basso reddito, tra gli individui che posseggono televisori, computer e automobili. E’ questo il risultato di uno studio internazionale, condotto da Scott Lear della Simon Fraser University e pubblicato sul Canadian Medical Association Journal. Lear ha diretto un gruppo di ricerca internazionale che ha analizzato i dati relativi a 150.000 adulti provenienti da 17 paesi  con diversi livelli di reddito.

I ricercatori hanno trovato un aumento del 400% in obesità e  del 250%  nel diabete tra i proprietari di questi tre oggetti residenti in paesi a basso reddito. Lo studio ha inoltre messo in evidenza che il possesso di tutti e tre i dispositivi è associato a una diminuzione del 31% in attività fisica, del 21% di sedentarietà e un aumento di 9 cm di giro vita rispetto a coloro che non li possiedono.

Comparativamente  i ricercatori non hanno trovato alcuna associazione nei paesi ad alto reddito, suggerendo che gli effetti di possedere oggetti legati a stili di vita sedentari sono già da tempo presenti.

“Con la crescente diffusione delle moderne comodità – televisori, automobili, computer – i paesi a basso e medio reddito possono raggiungere gli stessi livelli di obesità e di diabete dei paesi ad alto reddito, che sono il risultato della troppa sedentarietà, della ridotta attività fisica e aumento dell’assunzione di calorie”, spiega Lear.

I risultati possono portare a “conseguenze sanitarie sociali potenzialmente devastanti ” in questi paesi, Lear aggiunge. Si prevede un aumento dei tassi di crescita di obesità e diabete  nei paesi a basso e medio reddito maggiore sarà il livello di industrilizzazione.

Il Giuoco del calcio fra i giovani

Quando si inizia a prendere a calci un pallone, in un campetto improvvisato o in una moderna struttura sportiva, all’inizio e prima di tutto il resto, c’è un gioco. Anzi, meglio, un “giuoco”, come recita ancora la dizione ufficiale dei regolamenti e il nome stesso della federazione sportiva di chi gioca a pallone: il “giuoco del calcio”.
E’ proprio questo il titolo di una trasmissione televisiva condotta da Giusi De Angelis che va in onda su Super 3, rete di Roma e del Lazio, il giovedì alle 21.30. “Il Giuoco del calcio” parla del mondo giovanile: scuole calcio, piccoli amici, pulcini, esordienti, allievi e juniores. “ Vuole fare conoscere un mondo ricco, vivace e in continua espansione nonostante i problemi e le difficoltà del calcio “dei grandi” di cui poco si parla. Il programma esamina il rapporto  tra bambini, scuole calcio e genitori, anche attraverso le opinioni e le esperienze di chi il calcio lo ha vissuto in prima persona. Ma anche il rapporto tra cultura e calcio, quando lo sport dà un messaggio culturale o diventa uno strumento di educazione sociale e civile. E poi il calcio dei bambini con le sue diff icoltà, il problema dei piccoli giocatori immigrati e il commercio di chi promette sogni che raramente si riescono a realizzare. Molto bella la trasmissione di ieri sera sulla Scuola Calcio di Scampia a Napoli e su quella di Torbellamonaca a Roma, aree a forte disagio sociale in cui queste due società sportive operano da anni per consentire ai bambini di vivere esperienze positive di convivenza attraverso il calcio. Sono esperienze che più di ogni altra parola ci fanno bene all’animo e trasmettono un messaggio concreto di speranza. Vai a: www.ilgiuocodelcalcio.it   www.arciuispscampia.it   www.fondazionecannavaroferrara.it/arci-scampia-25-anni-e-non-sentirli?lang=it