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Insegnare i comportamenti che esaltano la tecnica

Mi sembra che ai giovani s’insegni bene la tecnica ma si spenda poco tempo nell’insegnargli quali sono i comportamenti migliori per poterla manifestare. Ad esempio, nel tennis un giovane una volta che ha imparato a servire, deve eseguirlo nel modo migliore il maggior numero di volte. A questo punto, spesso al giovane, non viene più dedicata la stessa attenzione perché il gesto tecnico lo ha acquisito. Secondo me invece il giovane pur avendo acquisito questa abilità non è ancora in grado di valorizzarla. Nel migliore dei casi se è scrupoloso, cercherà in qualche di concentrarsi prima di eseguire il gesto e poi servirà. A mio avviso in questo modo il tennista non può sapere se è pronto a servire, mentre più probabilmente lo esegue in modo meccanico. Inoltre in partita questa situazione neutra non si presenterà mai; perché lui servirà sempre dopo uno scambio di gioco e dopo una pausa di qualche decina di secondi. Come tutti sappiamo, quello che si  pensa in quei secondi è importante nel determinare in che modo ci si predispone al servizio. L’efficacia del servizio deriva molto da come il tennista trascorre i secondi che ne precedono l’esecuzione. La domanda è: quanto spesso si allena a predisporsi positivamente al servizio e, solo successivamente, a servire? Si può possedere la tecnica migliore ma se la mente dice No o è distratta, il tennista avrà un problema che non sa come risolvere perché non si è mai allenato a farlo.

Gli aspetti mentali dell’intensità

La componente mentale di un allenamento a intensità elevata si compone di almeno tre aspetti.

  1. Comprende le abilità mentali che l’atleta deve mostrare in quella determinata sessione e che deve avere e già sviluppate ad alto livello, altrimenti non potrà metterle in atto in modo continuativo nella sessione di allenamento che sta per cominciare.
  2. Comprende quelle esercitazioni  o loro parti in cui l’allenatore e l’atleta sono convinti che possono essere effettuate in maniera ottimale (ad esempio, per uno sprinter che deve correre 3x300m, probabilmente si prevede  che almeno il primo, pur se faticoso, sarà corso nel tempo previsto. Nel tiro a volo, un atleta esperto sa che 20 piattelli su 25 di solito li colpisce se mentalmente s’impegna al suo massimo. Lo stesso vale per il tennis, in cui una giocatrice sa come può giocare quando è totalmente concentrata sullo scambio che sta eseguendo).
  3. Comprende quelle esercitazioni o loro parti che determinano la qualità di quella singola seduta di allenamento. Ad esempio, sarà ottima se lo sprinter riuscirà a correre come previsto anche la terza ripetuta sui 300m, oppure se il tiratore colpirà più piattelli oltre ai 20 che sa colpire; per la tennista vale lo stesso discorso, si tratta di giocare bene anche se si sente stanca o se deve mantenere un livello elevato di qualità di gioco in una esercitazione più lunga e più impegnativa del solito.
Questi  sono a mio avviso gli aspetti psicologici che vengono messi in gioco quando l’allenamento richiede intensità fisica e mentale e si allenano solo in quei momenti.

Valuta il tuo servizio nel tennis

Il servizio non si migliora di certo durante la partita, però quale che sia il tuo livello di padronanza di questo gesto tecnico è necessario che lo attui al massimo livello di cui sei capace, indipendentemente dal risultato di quel momento e dalla fase di gioco del match.  Remember:

Quando la palla finisce contro la rete oppure va fuori o non ti entra neanche una seconda, l’errore è ovviamente sempre tecnico. Allora ti dici che avresti dovuto colpirla diversamente … che il braccio piuttosto che le gambe non hanno fatto il lavoro giusto … tutto questo è vero ma dimentichi che il corpo non si muove da solo E’ LA TESTA CHE COMANDA, CHE DICE IN OGNI MOMENTO COSA FARE.

L’errore è sempre tecnico, ma bisogna sempre chiedersi: “Quanto pesa la componente mentale in questo errore che ho fatto nel servizio?” E allora bisogna sapere come fare per ridurre gli errori, certamente la prima risposta che viene da dire è migliorando la tecnica, d’accordo e la sezione dedicata alla tecnica del servizio ha questo obiettivo.

Per migliorare l’approccio mentale al servizio devi essere consapevole di quali sono i tranelli psicologici in cui cadi quando esegui questo fondamentale. A questo scopo ti propongo di rispondere a un questionario in cui  ti si chiede quanto spesso commetti errori che dipendono in larga parte dal tuo atteggiamento mentale. Rispondi in modo onesto cosicché il risultato che otterrai ti darà indicazioni precise su quali sono gli aspetti mentali che devi allenare per servire in modo efficace.  Non importa quali siano i tuoi attuali limiti tecnici, in partita devi servire dimostrando la qualità della tua azione così come ora la possiedi, senza che venga alterata dalla condizione mentale di quel momento. Se userai un approccio mentale corretto anche la tua tecnica ne beneficerà e potrai giocare in modo più soddisfacente.

 Rispondi al test

“Come affronto mentalmente il mio servizio”

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Istruzioni: Per favore leggi ogni frase e indica quanto spesso ti comporti come nelle situazioni qui sotto riportate segnando con una X il numero che meglio indica ciò che è vero per te.

1  indica  mai  e  7  sempre  -  Tutti gli altri numeri indicano livelli intermedi di frequenza.

Quanto spesso:

                                                                                                                                                                                                                   Mai                  Sempre

  1. Il mio servizio è della stessa qualità che mostro in allenamento?

 

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  1. Sono precipitoso o sono troppo lento nell’esecuzione?

 

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  1. Sbaglio il servizio perché sono arrabbiato o abbattuto?

 

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  1. Servo ma non sono concentrato?

 

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  1. So già prima di tirare che andrà a rete?

 

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  1. Sono troppo ansioso per servire con efficacia ma non faccio nulla per reagire?

 

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  1. Tiro perché non vedo l’ora di finire il game?

 

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  1. Mi sono detto che non sono capace a servire?

 

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  1. Sono stato sicuro di avere il set in pugno e ho cominciato a sbagliare il servizio?

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  1. Tiro la seconda di servizio senza esserne convinto?

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Lo sviluppo del tennista

Stage #4 CONSOLIDATING   in tennis - Ages: Girls 12-14, Boys 13-15
Psychological factors:

  1. Maintaining enthusiasm and enjoyment  both in practice and competition despite  the ups and downs experienced during this  stage.
  2. The development of an identity as a “tennis  player”. intrinsically motivated to train and  compete.
  3. Becoming resourceful in competitive situations.
  4. Developing a “going for it” mentality “ hitting the right shot under pressure” regardless of the score or situation.
  5. Enjoys the pressure of competition.
  6. Has an awareness of the importance of different situations and what is required.
  7. Developing a “no excuse” style – always tries to find a way to be competitive mentality.
  8. Developing an understanding of the critical factors that effect the ideal performance state.
  9. Developing the ability to manage arousal levels through proper breathing and relaxation techniques.
  10. Acquiring the skills to control the pace of the match via both an understanding of match momentum and the use of routines and rituals.
  11. Displaying positive self-talk, belief, thinking and body language.

 

S-parlarsi addosso distrugge la prestazione

Durante una partita di tennis è molto facile vedere e sentire uno dei due avversari che comincia a parlare contro se stesso e a mostrare comportamenti (scuotere sconsolato la testa o agitare la racchetta come fosse un bastone) che denotano la presenza di una condizione emotiva negativa, esasperata e che danneggia il gioco nel game successivo. Queste scenette avvengono più raramente fra giocatori professionisti proprio perché sono stati allenati a gestire con efficacia i momenti di stress agonistico. Sono invece frequenti fra i giovani e soprattutto sono molto diffuse tra i tennisti magari anche dotati tecnicamente ma che non hanno capito che giocare un match non è solo una questione di forza fisica e di tecnica.

Per giocare bene a tennis, quale che sia il proprio livello, bisogna volere e sapere ragionare e questo diventa molto difficile se dominano stati d’animo di rabbia o di svalutazione di se stessi. Tutti vogliono vincere, consista il premio in centinaia di migliaia di euro o in un aperitivo al circolo, e nel momento in cui s’inizia il primo scambio la tensione emotiva comincia a crescere e se non si agisce per controllarla, già al primo 15-0 per l’avversario si avrà l’occasione di iniziare a tormentarsi. Il tennis mette a dura prova le convinzioni di ognuno: non si può pareggiare come nel calcio, non si può scaricare la responsabilità sui compagni di squadra, non si può incolpare il destino: gli errori sono i tuoi errori. Bisogna accollarsi la responsabilità di come si sta giocando e ragionare per fare qualcosa di diverso sin da subito.

La questione è, quindi, fare qualcosa diverso, facile a dirsi quando si guarda qualcun altro giocare ma più difficile quando si deve applicare questa semplice regola a se stessi. Questo atteggiamento positivo lo si costruisce innanzitutto diventando il principale tifoso di sé e non il principale denigratore. Il tennista dopo un errore deve fare sempre due cose: incoraggiarsi + darsi una semplice istruzione tecnica che permetta di evitare di ripetere l’errore precedente. La partita è come una battaglia, in cui per sopraffare il nemico bisogna avere fiducia nelle indicazioni ricevute dal proprio comandante, che in questo caso siamo noi stessi. Quindi incoraggiarsi è necessario per mantenere un livello elevato di fiducia e di controllo delle emozioni mentre l’istruzione tecnica serve a indicare al tennista cosa/come fare per ottenere un risultato migliore sin dal prossimo gioco.

Se in campo non si dimostra un atteggiamento di questo tipo, la mente del tennista sarà come una barca a vela senza il timoniere, preda cioè del gioco dell’avversario. AI tennisti suggerisco di stabilire a priori una checklist di cose da fare quando si trovano in difficoltà:

  1. Cosa fare quando la prima di servizio non entra.
  2. Cosa fare quando voglio concludere troppo in fretta il gioco.
  3. Cosa fare per ridurre la mia rabbia o delusione di quel momento.
  4. Cosa voglio dirmi per incoraggiarmi.
  5. Qual è il suggerimento tecnico per me più importante nei momenti di difficoltà.

Come sviluppare il Killer instinct

  • Mai pensare che sarà facile vincere. Nessuno ci può garantire il risultato finale e tantomeno noi stessi.
  • Mai rilassarsi quando si sta conducendo una  partita, se la tensione cala datti degli obiettivi gioco per gioco, per mantenere elevata la concentrazione.
  • Quando si sta vincendo si può ridurre la tensione agonistica e questo è pericoloso. Usa immagini mentali che mantengano costante il livello di attivazione.
  • L’eccesso di fiducia può diventare una trappola che avvolge e favorisce l’emergere di distrazioni. Bisogna agire mentalmente per restare concentrati colpo su colpo, perché i conti si fanno solo al termine dell’ultimo colpo.
  • Mai pensare al risultato finale ma come detto stai centrato solo sul presente e sul giocare al meglio delle tue abilità.
  • Mantenere sempre elevata la pressione sull’avversario è una delle chiavi del successo. Lo scopo è di trasmettere al tuo avversario l’idea che qualsiasi cosa possa fare, lui resterà sempre sotto.
  • Mai affrettare l’azione nel cambio palla, devi avere sempre lo stesso tempo di preparazione sia che tu serva o che risponda.

Nel tennis per vincere serve il killer istinct

Quante volte abbiamo visto buttare all’aria dei match point e poi perdere la partita? Troppe!

Quante volte si è visto tennisti giocare alla pari un set e poi perdere clamorosamente quello successivo magari a zero? Molte!

Quante dopo qualche servizio sbagliato si è visto tennisti perdere la testa e continuare con questa sequenza negativa fino alla fine del set? Molte!

Sono tutte situazioni in cui non è prevalso il killer instinct, il risultato è che uno imponeva il suo gioco mentre l’altro con il suo atteggiamento negativo lo subiva.

Cos’è il killer instinct:

  • E’ la volontà di fare ciò che è ragionevolmente necessario per vincere o per raggiungere il proprio obiettivo.
  • E’ la consapevolezza di quando bisogna spingere per chiudere un game, un set o la partita e lo si fa.
  • E’ la consapevolezza che quando si conduce non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione di continuare a farlo.
  • E’ la consapevolezza che quando l’avversario è sotto, bisogna continuare a tenerlo sotto.
  • E’ la volontà di volere riemergere con successo da una fase di gioco negativa.

Nel tennis vince chi fa un errore di meno dell’avversario

Nel tennis vince chi fa meno errori. Diokovic ha perso contro Stanislas Wawrinka dopo più di cinque ore per avere commesso tre errori in più dell’avversario. Karin Knapp ha perso contro la Sharapova per solo due errori in più. Cosa devono insegnare ai giovani tennisti questi risultati: che nel tennis non conta quanti errori fai, l’importante è farne uno di meno del tuo avversario. A questo punto una partita combattuta in cui si giocano anche 100 punti, si può vincere commettendone anche 30/40. Questo dato di fatto evidenzia quanto sia importante per un tennista imparare ad accettare i propri, con la consapevolezza che in una partita vinta ne commetterà veramente molti. Al contrario se dopo i primi errori inizia a parlarsi contro e a perdere fiducia in se stesso non farà altro che aumentare la probabilità di sbagliare ancora di più. Sbagliare, invece, è parte della fisiologia di gioco. In genere vince chi è più bravo ad accettarli.

Imparare a gestire le emozioni

Il tennis è uno sport che richiede continuamente un elevato controllo emotivo da parte del giocatore. Questa richiesta non riguarda solo i professionisti ma anche gli stessi bambini. Infatti è purtroppo un’esperienza molto comune vedere ragazzini tra 11-14 anni che dopo un errore cominciamo a parlarsi contro e ad avere comportamenti di rabbia/delusione. Già così giovani hanno difficoltà ad accettare i loro errori. Ignorano che l’apprendimento è in funzione della loro abilità di gestire le loro emozioni. I genitori sono spesso pessimisti a riguardo della possibilità dei loro figli di cambiare, perchè sono convinti “che si nasce così” e poi loro ci hanno provato a dirgli di non reagire in quel modo ma non hanno ottenuto alcun cambiamento a riprova ch è proprio questione di carattere. Per fortuna non tutti la pensano in questa maniera e in tutto il mondo sono attivi programmi per contrastare questo fenomeno a partire dalla scuola. Lo sport, e il tennis in questo caso, rappresentano un’importante situazione in cui i giovani possono imparare a gestire in maniera efficace le loro emozioni ed è un modo indiretto per insegnare ai genitori che si tratta di una competenza psicologica che può essere migliorata così come s’imparano i fondamentali del tennis e poi li si mette insieme per costruire il proprio gioco. Certamente i genitori devono sostenere l’attività dei propri figli non creandosi delle aspettative sul loro futuro tennistico ma sostenendo la loro motivazione a divertirsi attraverso lo sport. E’ molto difficile però che svolgano questo ruolo in questa maniera, perchè la vanità personale li porta a credere che il loro figlio possa diventare un campione. Come si fa ad accettare di portarlo a giocare tennis 3/4 volte la settimana, vederlo insultarsi dopo i primi errori e continuare a dire “ma gli piace tanto il tennis”. Non si può fare finta di niente, pensando che prima o poi passa. Invece non passa! A chi la pensa in questo modo consiglio di leggere il Edutopia, il cui scopo d’insegnare ai bambini e agli adolescenti a migliorare la gestione delle loro emozioni e delle relazioni sociali. In Italia ho scritto tempo fa di un programma analogo nato da una ricerca Dove, che promuoverà in 10 scuole secondarie di primo grado di Milano, un ciclo di 4 incontri, riservati a ragazze e ragazzi tra i 12 e i 14 anni.