Archivio per il tag 'social media'

Chi deve allenare i giovani a gestire le emozioni?

E’ vero che “si può vincere perdendo se dai tutto te stesso”. E’ un concetto chiave per lo sviluppo di un atleta e dovrebbe venire insegnato sino dal primo giorno che un bambino o una bambina entrano su un campo da gioco. Al contrario si vedono giovani che appena commettono un errore si arrabbiano con se stessi o si deprimono. Sappiamo che ciò succede per la congiunzione di motivi diversi:

  • i genitori spesso non riconoscono il valore dell’impegno e pensano che conti solo vincere, pertanto si arrabbiano con i figli per gli errori commessi e vorrebbero sostituirsi all’allenatore per dargli indicazioni tecniche,
  • gli allenatori sono più concentrati a insegnare la tecnica e non allenano emotivamente gli atleti,
  • i giovani stessi non sono capaci a esprimere le loro emozioni in modo costruttivo e mancano di auto-controllo.
  • i social media spingono con ossessione verso modelli di successo falsi ma che attraggono i giovani (bellezza, forma fisica, successo in se corrispondi alle regole che propongono influencer)

E così si vedono giovani tennisti che sbattono la racchetta a terra dopo un errore alternando stati d’animo di rabbia e depressione contro di sé o in altri sport commesso un errore ne conseguono quasi rapidamente altri, perché negli atleti domina la frustrazione dovuta dal primo sbaglio.  Per cambiare questo modo di vivere le sconfitte e gli errori servono genitori e allenatori più consapevoli che il loro ruolo prevede anche l’insegnamento dell’auto-controllo, lavorando con i propri figli e atleti per modificare questi comportamenti distruttivi.

Non bisogna di certo imporre le nostre soluzioni di adulti ai loro problemi. Bisogna ascoltare in modo empatico e non per giudicare, così che i giovani si sentano sostenuti e rispettati nei loro stati d’animo. Solo dopo questa fase si dovrebbe iniziare a parlare di cosa si potrebbe fare di diverso, dando tempo ai ragazzi di esprimere le loro idee e a noi di stimolare la loro consapevolezza nei riguardi del loro modo di agire e d’identificare le possibili soluzioni. Agire in questo modo richiede tempo e spesso è per questa ragione che gli adulti non seguono questa strada.

Bisogna però essere consapevoli che se spesso si rinuncia a intervenire, i giovani cominceranno a pensare che le loro reazioni non interessano a genitori e allenatori e, peggio ancora, continueranno a comportarsi con se stessi in modo negativo e a seguire i modelli degli influencer. Se vogliamo che i nostri ragazzi sviluppino l’abilità di gestire con efficacia e soddisfazione i loro stress quotidiani dobbiamo spendere del tempo a insegnare loro come comportarsi, sentire e pensare in quei momenti.

Come insegnare l’uso dei social media ai giovani

La scorsa settimana l’American Psychological Association ha pubblicato la sua prima guida sull’uso dei social media in età adolescenziale, una serie di 10 raccomandazioni per educatori, politici, aziende tecnologiche e genitori, con l’obiettivo di aiutare gli adolescenti a utilizzare la tecnologia in modo sicuro e positivo.

Il gruppo ha affermato che gli adolescenti dovrebbero essere monitorati per individuare un uso “problematico” dei social media e che è importante ridurre al minimo l’esposizione degli adolescenti al cyberbullismo, all’odio online e ai contenuti che li inducono a confrontare il proprio aspetto fisico con quello degli altri. Ha inoltre sottolineato l’importanza di insegnare agli adolescenti la cittadinanza digitale.

Allo stesso tempo, l’A.P.A. ha riconosciuto che le aziende tecnologiche hanno un ruolo da svolgere in tutto questo, invitandole a considerare se funzioni come lo scorrimento infinito e il pulsante “mi piace” siano adeguate allo sviluppo degli adolescenti.

Ma come tutti i genitori sanno, l’onere principale è quello di monitorare ed educare i propri figli e di stare al passo con una tecnologia in rapida evoluzione. E cercare di farlo può risultare frustrante e inefficace. Le richieste poste ai genitori vanno oltre le normali capacità.

Ma cosa potrebbero fare per ridurre i danni dei social media?

All’inizio è consigliato di essere disponibili.

Una fase critica l’uso dei social media nei bambini di età è tra i 10 e i 14 anni. L’obiettivo è fornire una guida pratica. Una famiglia potrebbe decidere che all’inizio il bambino si limiterà a una sola applicazione e che per i primi sei mesi i genitori esamineranno i post e le richieste di amicizia con il figlio. Ciò richiede disponibilità da parte dei genitori ma anche solo 5 minuti al giorno sono già un tempo sufficiente. Però niente schermi dopo le 21.00.

L’uso notturno dei social è la causa principale dell’insorgenza di disturbi del sonno.  Lasciamo tablet e smartphone fuori dalla camera da letto, mettendoli in uno spazio comune per la notte.

Dobbiamo aiutare gli adolescenti a capire come i social media influenzano il loro cervello. La parte centrale del cervello, il “cervello sociale”, si sta costruendo attivamente durante l’adolescenza ed è la più suscettibile alle influenze esterne. La parte anteriore del cervello, invece, che gestisce aspetti come il processo decisionale, la riduzione dei rischi e la regolazione delle emozioni, si sviluppa fino alla fine dei 20 anni. Quindi gli adolescenti agiscono con un cervello sociale molto attivo, che li rende molto vulnerabili alla pressione dei coetanei e alla ricerca di novità. E ricevono poche informazioni dalla parte anteriore del cervello che dice loro di fermarsi e di fare una pausa.

Tutti i contenuti, i feedback e gli stimoli disponibili online sono facilmente accessibili ai bambini proprio quando il loro cervello sociale si sta sviluppando,

E’ importante chiedere ai giovani se percepiscono di avere il controllo o di essere controllati dai social. Questa domanda è particolarmente efficace per valutare se l’uso dei social media da parte di un adolescente si diventato problematico. Se l’adolescente risponde avere problemi, si apre la possibilità di parlare di strategie di gestione. Per esempio, si può insegnare a impostare un timer per assumersi la responsabilità del tempo trascorso sullo schermo e di capire come comportarsi quando il timer suona e si vuole continuare a rimanere online.

Sebbene l’invito dell’A.P.A. a limitare l’uso dei social media da parte degli adolescenti per confrontarsi con gli altri possa sembrare nebuloso, un approccio consiste nell’insegnare agli adolescenti a fare un semplice controllo di pancia chiedendosi: “Qualcuno di questi account mi fa sentire peggio con me stesso o con il mio corpo?” Sebbene gli effetti negativi dei social media sull’immagine corporea delle ragazze siano stati ampiamente discussi, il dottor Nagata ha sottolineato che i genitori dovrebbero incoraggiare questo tipo di pratica con i figli di entrambi i sessi.

Anche se è meno compreso e meno trattato, anche i ragazzi sono suscettibili di queste influenze. Gli studi hanno dimostrato che l’uso di Instagram nei ragazzi e negli uomini è associato al salto dei pasti, all’alimentazione disordinata, all’insoddisfazione per i muscoli e persino all’uso di steroidi anabolizzanti.

Soprattutto con gli adolescenti più grandi, è bene condurre le conversazioni con curiosità, non con giudizio. L’approccio è davvero fondamentale. Dobbiamo aiutare i ragazzi a capire perché stiamo ponendo la domanda. Non è una domanda accusatoria, critica o giudicante. inoltre, gli adolescenti possono non essere onesti o non voler parlare con voi, ma il compito di un genitore è quello di continuare a chiedere.