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Del Piero il sobrio

Molto bello l’articolo di Francesco Merlo su Repubblica di oggi. Perché parla di eccellenze, e di una che perdiamo: “Oggi che più che mai abbiamo bisogno di eccellenze perdiamo la nostra eccellenza più amata, oltre lo stile Juventus, oltre il calcio, oltre lo sport. Esce il campione mai sporcato dai Moggi, quello mai coinvolto nelle truffe che gli vorticavano intorno, il virtuoso che mette la palla dentro e la lingua fuori … il cavaliere educato che sorride di se stesso e di imbarazzo, non strizza mai l’occhio al bullismo, non lucra sulla pubblicità del gioco d’azzardo. Del Piero è il compagno che sa star bene da solo pur facendo parte di una squadra. Esce dunque il vero “antischettino”, il capitano che non è codardo ma generoso, mai aggressivo e volgare né con i suoi ragazzi né con gli avversari. Del Piero è sempre composto, sobrio e pulito come ieri è stata anche la commozione dello stadio…” Forse sono stati 20 minuti di delirio quelli vissuti allo stadio, sottolinea Merlo, ma come lui concordo è stato un momento lungo, bello e genuino. Momenti di cui abbiamo un dannato bisogno. “… venti muniti di applausi sono come un inno nazionale, sono un patriottismo timido, un bisogno di sentirsi insieme, una voglia di Stato, il desiderio frustrato di una bandiera da amare.”

Buon lavoro agli arbitri

Si parla sempre della mente degli atleti e delle squadre, nonchè del ruolo di leader degli allenatori. In questo periodo d’inizio di molti campionati nessuno però si occupa di ricordare quanto sia importante la funzione dell’arbitro. Non c’è evento sportivo senza l’arbitro, il cui operare in modo efficace e giusto è indispensabile. Il giudice di gara è però sottoposto agli stress agonistici che vivono gli sportivi e anche per lui è necessaria un’adeguata preparazione psicologica, tale da sostenerlo nella gestione delle partite. Deve mostrare la sua professionalità attraverso comportamenti e scelte equilibrate, senza essere teatrale, senza mostrare familiarità e senza mostrarsi amico dei contendenti. Deve essere un leader sobrio che non subordina le sue scelte alla fama dei giocatori che arbitra o alla rilevanza della competizione. Ciò allo scopo di mostrare uniformità di giudizio e permettere al gioco di scorrere all’interno delle regole. Per fortuna, cominciano ad esserci anche arbitri donna che potranno permettere un’ulteriore crescita di professionalità di questo ruolo così significativo per lo sport agonistico.

La rivincita degli allenatori-sobri

Le quattro squadre che hai mondiali sono giunte alle semifinali sono guidate da allenatori che si caratterizzano come allenatori – sobri e che non sembrano affatto somigliare agli allenatori – condottieri delle squadre che avrebbero invece dovuto dominarlo. La sobrietà si nota nella gestione della squadra dalla panchina e il dato che li caratterizza e che le loro azioni non sono dettate dallo stato emotivo del momento ma sono impegnati nel dirigere la loro energia psicologica verso quei comportamenti che giudicano più efficaci. Joseph Badaracco che ha coniato questi termini – quiet leader – sostiene che questi capi non analizzano quanto sta accadendo in termini di giusto/sbagliato, i loro pensieri vanno più in profondità, sanno prendersi una pausa, hanno una visione complessa delle situazioni e continuano nel loro incessante impegno, consapevoli che la leadership non si conquista con atti d’imperio ma attraverso un lungo e costante processo di guida. Questo atteggiamento deriva dall’esercizio e dall’aver imparato a freddare i propri stati d’animo prima di rispondere. Non agiscono d’istinto perché vogliono agire senza essere dominati dalle emozioni del momento, che potrebbero orientarli verso scelte fondate su stereotipi e pregiudizi. Insomma si può guidare una squadra anche se non si vive la partita come uno psicodramma.