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Psicologia del rischio SARS sono oggi attuali

Nel 2004 the Asian Journal of Social Psychology ha pubblicato un numero speciale intitolato  SPECIAL ISSUE ON PSYCHOLOGY OF SEVERE ACUTE RESPIRATORY SYNDROME (SARS),  a cura di Cecilia Cheng and Catherine So-kum Tang.

Il sottotitolo è molto suggestivo, poiché  evidenzia la relazione tra comportamenti e background culturale in diversi continenti e fra i giovani

Ne propongo qui una sintesi, utile per comprendere come comportarsi con il COVID-19

Nel 2002/03 l’epidemia di SARS ha messo in guardia il mondo dal non considerare più la salute pubblica come un problema locale. In quest’era di globalizzazione, non solo le persone e le informazioni, ma anche i virus circolano liberamente senza frontiere. La cura e la prevenzione di nuove malattie sconosciute richiedono lo sforzo congiunto degli enti governativi e dei professionisti della sanità di vari Paesi.

  • Le attuali conoscenze derivanti dalla ricerca potrebbero aiutare a comprendere i tentativi della gente di gestire l’epidemia di SARS?
  • Poiché la SARS ha colpito diverse regioni, comprese persone provenienti da culture sia asiatiche che occidentali, gli individui di culture diverse hanno percepito la crisi e l’hanno affrontata in modi diversi?
  • Le persone hanno cercato di gestire l’epidemia di SARS in modi simili a quelli con cui cercano di gestire eventi quotidiani stressanti?
  • Per far fronte all’epidemia, perché alcune persone si sono impegnate in un comportamento sanitario preventivo mentre altre hanno ignorato l’uso di misure preventive?

I risultati hanno rivelato che i partecipanti che tendevano ad usare un pensiero eccessivamente ottimista (desiderando che la SARS se ne andasse o che in qualche modo finisse) erano più propensi a evitare di recarsi nelle aree pubbliche e ad evitare le persone che credevano fossero colpite dalla SARS. Questa illusione non sembra facilitare l’adozione di comportamenti sanitari significativi, come il lavarsi le mani e l’uso di disinfettanti per pulire le superfici potenzialmente contaminate.

Coloro che tendevano ad adottare risposte empatiche (cercare di capire come l’altra persona si sentiva nei confronti della SARS) erano più propensi a intraprendere misure per prevenire la SARS, come indossare maschere e fare esercizio fisico regolarmente. Pertanto, non solo erano meno propensi a riferire di aver evitato persone che potevano essere percepite come potenzialmente affette da SARS, ma anche più propensi a riferire di aver adottato misure precauzionali e di aver adottato comportamenti sanitari che potevano essere considerati efficaci. Di conseguenza, coloro che riferiscono di aver usato risposte empatiche in risposta alla SARS sembrano utilizzare comportamenti precauzionali efficaci, senza adottare comportamenti di prevenzione sanitaria associati a costi economici e sociali significativi.

Differenze interculturali nel pensiero ottimistico tra i canadesi cinesi e quelli europei durante l’epidemia di SARS. I partecipanti sono stati reclutati a Pechino e Toronto e i due campioni hanno dimostrato un ottimismo irrealistico, ovvero la percezione di sé stessi come meno propensi di una persona media a contrarre la SARS. Rispetto ai loro omologhi canadesi, i partecipanti cinesi hanno mostrato un maggiore ottimismo irrealistico nella stima dei propri rischi di infezione, ma hanno adottato maggiori misure preventive. Gli autori hanno concluso che lo stile di pensiero dialettico cinese può aver promosso la convinzione che durante la crisi della SARS possano coesistere sia conseguenze negative che cambiamenti positivi. Questa convinzione potrebbe aver spinto i cinesi a pensare al loro futuro in una luce più positiva e ad aumentare la loro motivazione ad adottare un approccio preventivo per affrontare la crisi.

Gli abitanti di Singapore seguono poco i valori cinesi (vale a dire prudenza, industria e armonia civica) ma si è visto che quelli con una maggiore tendenza ad adottare questi valori sono stati caratterizzati da livelli più elevati di paure legate alla SARS, da un maggiore pessimismo difensivo, dall’adozione di comportamenti più sani e dall’esperienza di esiti più negativi legati all’epidemia.

Tendevano a percepire la maggior parte degli eventi stressanti legati alla SARS come incontrollabili e utilizzavano una gestione più attenta alle emozioni per gestire tali eventi. Questi risultati indicano che gli individui avevano una propensione a essere meno flessibili, sia a livello cognitivo che comportamentale, nei loro tentativi di gestire l’epidemia di SARS rispetto alla loro pratica abituale di gestione dello stress.

Gli studenti delle scuole superiori di Hong Kong e pregiudizi socio-cognitivi dopo l’epidemia di SARS. I dati hanno mostrato che, rispetto a coloro che praticavano un comportamento preventivo della SARS (i praticanti), quelli che non lo facevano (i non praticanti) erano più inclini a due tipi di pregiudizi socio-cognitivi: il falso consenso e il pregiudizio attore-osservatore. In particolare, i non praticanti tendevano a sottovalutare la prevalenza e l’importanza delle preoccupazioni prosociali nel comportamento preventivo che era comunemente adottato dai praticanti durante l’epidemia.

Questi risultati fanno luce su come gli adolescenti di Hong Kong hanno valutato le norme prevalenti e le proprie motivazioni nella prevenzione di un’epidemia emergente. Gli autori hanno sottolineato che i non praticanti del comportamento sanitario tendono a credere che il loro modello comportamentale sia ampiamente condiviso e accettabile nella comunità, e per questo essere meno motivati a cambiare il loro comportamento.