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Nel nostro paese vi sono 6milioni di obesi che costano al servizio sanitario nazionale 8miliardi di euro. E’ un dato con un costo esistenziale impressionante e un costo economico pari alle manovre finanziarie del governo. Non sono costi una tantum, sono costi che si ripropongono ogni anno. Non sono dati nuovi e non è nuova la passività dei governi italiani di fronte a questo problema, che ha dimensioni che di anno in anno aumentano e a cui nessuno prova a dare risposte significative. Mentre si parla molto del cancro e si trovano soldi per finanziare giustamente la ricerca delle cause e delle terapie per curarla e di come prevenirlo; si parla e si fa poco per l’obesità perchè nella mente di tutti è considerato come un problema che dipende solo dalla volontà delle singole persone ad avere uno stile diverso. In altri termini, non si fa nulla perchè le persone stesse sono causa del loro male. Lo stesso discorso vale per la sedentarietà, pur essendo la quarta causa di morte, è vissuta come un problema del tempo libero, della pigrizia personale a fare quel po’ di movimento quotidiano che permetterebbe di procurare dei benefici al proprio sistema cardiocircolatorio e più in generale migliorerebbe il proprio benessere psicofisico. Quindi giacchè a nessuno interessa che siamo obesi, almeno godiamo ammazzandoci mangiando.
(per saperne di più: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-58047582-7e0a-489c-8647-5c5de075ad73.html)
Pubblico l’articolo che Mauro Berruto, allenatore della nazionale di pallavolo, ha scritto per La Stampa a favore della pratica sportiva come mezzo per ridurre le spese sanitarie
Il nostro Paese avrebbe le caratteristiche per diventare una start-up mondiale, un punto di riferimento globale. Serve un atto rivoluzionario che collochi l’educazione alla pratica sportiva nella gerarchia delle cose importanti a partire dalla scuola primaria, il luogo dove si imparano le passioni. Una regolare attività fisica non è oggi solo un atto individuale. È dovere civile, esprime rispetto nei confronti della comunità. È il modo più efficace di difendere il nostro diritto costituzionale alla salute. Il parametro per misurare il grado di civiltà di un paese è l’eccellenza che si vede nei suoi ospedali, scuole e nello sport. Potremmo essere quel tipo di Paese, se solo lo credessimo e volessimo. Lo sport è strumento di socializzazione, integrazione, è palestra di regole, scuola di fatica, disciplina, merito. Tutti d’accordo: queste sono parole chiave di cui oggi l’Italia ha fame.
Tuttavia c’è una novità dirompente: lo sport è un investimento economico che può salvare il nostro sistema sanitario nazionale. Non c’entrano, per una volta, le parole agonismo, prestazione, vittoria: saranno meravigliosi effetti collaterali di un numero aumentato di sportivi praticanti. La priorità è migliorare il nostro capitale umano e convincerci che l’ennesimo Rinascimento del nostro Paese, in termini economici ed emozionali, passerà anche attraverso la cultura sportiva.