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La mente del rugbista

La vita l’è bela. Basta avere l’ombrela. C’è Lo Cicero che dice addio e ringrazia. E invece tipi che proprio non ce la fanno. Prendi O’Driscoll e Wilkinson, leggende che dal rugby hanno avuto tutto e che al rugby hanno dato tutto: fintano, dribblano e alla fine restano ancora un anno. Sulla mente dei rugbisti leggi:

http://quartotempo.blog.lettera43.it/2013/05/08/rugby-psicologia-come-pensano-i-rugbisti-a-colloquio-con-alberto-cei/

Wilkinson e la fisica quantistica: un libro imperdibile

di Simone Battaggia

È ufficiale: Jonny Wilkinson giocherà almeno per un’altra stagione. Almeno fino alla fine del 2014-15 resterà a Tolone, dove a 33 anni sta vivendo una straordinaria chiusura di carriera. Dieci giorni fa è stato decisivo nella vittoria dei rossoneri contro il Leicester nei quarti di Coppa Europa: ha segnato tutti i 21 punti dei francesi (21-15), con 6 su 6 al piede e un drop realizzato all’ultimo minuto.

Dal 18 aprile sarà in vendita anche in Italia un libro breve – ma assolutamente straordinario – che ci permette di conoscere più da vicino il campione inglese. Il titolo è «Rugby Quantistico – Un dialogo tra sport e fisica» (96 pagine, 8 euro) ed è il frutto di un incontro avvenuto nel 2012 in Francia tra Jonny e due fisici teorici di altissimo livello, Étienne Klein e Jean Iliopoulos. Edd editrice ne ha affidato la traduzione al collega di Repubblica Massimo Calandri, che ha scritto anche la postfazione.
La prima notizia è che Jonny Wilkinson è appassionato di fisica quantistica. «Per tutta la vita sono stato ossessionato dall’idea di raggiungere la perfezione e sono rimasto deluso. Finché un giorno mi sono messo alla ricerca di un altro modo per arrivare a un’altra percezione del mondo e del mio lavoro. Prima di tutto mi sono rivolto al buddismo (…). E poco dopo ho scoperto che c’erano legami tra il mio lavoro e la fisica quantistica». In particolare, ad aver affascinato Wilko è il principio di indeterminatezza di Heisenberg. In soldoni, il fisico tedesco diceva che in determinati campi «le leggi naturali non conducono a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere è piuttosto rimesso al gioco delcaso». Se anche nella fisica quantistica non tutto è controllabile, deve aver pensato Wilkinson, perché dovrebbe esserlo il rugby? Meglio rilassarsi. «C’è un primo livello che si può gestire: il pallone. Se calcio il pallone una, cento, mille volte, alla fine posso arrivare a riprodurre lo stesso risultato in partita e durante un allenamento. E poco alla volta ho la sensazione di poter controllare tutto. Poi c’è un secondo livello, in cui molte cose sono imperscrutabili, in cui un’altra parte di me è chiamata in causa, la parte che riguarda l’istinto, le emozioni profonde. Ed è lì che posso essere davvero me stesso, connettermi al mondo, e anche imparare qualcosa di nuovo». Così si scopre che, paradossalmente, per Jonny il calcio è la cosa meno interessante del rugby. A un certo punto lo definisce «un lavoro da portalettere».
Man mano che prosegue il libro, emergono altri punti di contatto strabilianti tra le due aree. Come l’importanza della fantasia, dell’inventiva, del lavoro di squadra nella lettura di un’azione di gioco così come nella scoperta di una nuova particella. Fino alla splendida definizione del rugby secondo il principio della termodinamica, dato da Étienne Klein: «L’essenziale della strategia consiste nel portare la temperatura, o la forza, o l’energia cinetica, o la potenza, o molto più semplicemente la massa, a livelli superiori a quelli della parte avversaria. E dunque a creare uno squilibrio tra una parte e l’altra del campo. Questo è il mio modo di vedere il rugby».
Chi non sa niente di quark e neutrini, quindi, non si spaventi. Chi scrive era e resta un’autentica capra in qualsiasi materia scientifica, eppure a fine libro si ha quasi la sensazione di aver capito a cosa serve e come funziona l’acceleratore di particelledel Cern di Ginevra. Straordinario.

Da: http://metadellaltromondo.gazzetta.it/2013/04/16/wilkinson-e-la-fisica-quantistica-un-libro-imperdibile/

La nuova maturità psicologica della nazionale di rugby

L’Italia del rugby sinora è stata sempre una bella incompiuta, ogni tanto vinceva una partita ma di solito le prendeva in modo rovinoso dalle squadre più affermate. Alcune settimana fa Brunel, l’allenatore della nazionale, si è espresso dicendo che qualsiasi squadra può fare un exploit e vincere una partita, ma le squadre tecnicamente e psicologicamente mature sono in grado di vincerne anche altre e di essere competitive con tutte. In questa stagione l’Italia si era comportata alcune volte in questo modo, vincendo contro la Francia e giocando alla pari con gli inglesi e abbastanza bene con la Nuova Zelanda, però poi si era nuovamente persa con il Galles e la Scozia. In altre parole aveva perso partite con chi avrebbe potuto vincere, Galles e Scozia, dove quindi maggiore era la pressione agonistica, che nasceva dalla consapevolezza di potere ottenere un risultato poitivo, laddove invece si era certi di perdere e quindi più scarsa era il livello di pressione, ha giocato le sue partite migliori pur perdendo. Cio dimostrava che il livello tecnico-tattico e la condizione fisica erano buone ma mancava la convinzione per giocare con avversari alla loro portata; dove la differenza era tanta probabilmente sono entrati in campo meno ossessionati dal risultato e questo gli ha permesso di giocare meglio. La partita con l’Irlanda era quindi un bell’esame per la nazionale per dimostrare che si era in grado di giocare per vincere con un avversario di pari livello e, quindi, in una situazione di massima pressione agonistica. La nazionale ha vinto e quindi ha passato questo esame di maturità che non a caso si è concretizzato attraverso una serie di calci piazzati, che sono sempre stati un punto debole e che al contrario in questa partita sono stati messi a segno.

Alla nazionale di rugby è mancata la ferocia collettiva

Non era facile ripetersi, confermare il risultato vincente dopo l’exploit contro la Francia sarebbe stata la dimostrazione che il cambiamento di mentalità era qualcosa di relativamente stabile. La squadra italiana ha sempre lottato sino alla fine e questo è senz’altro un passo avanti rispetto al passato. E’ mancata a mio avviso la convinzione collettiva, che consiste nel sapere che il tuo compagno di squadra è disposto a fare l’impossibile per aiutarti a giocare al tuo meglio. Senza questa convinzione non si può vincere nessuna partita e si lascia il dominio del campo agli avversari. L’Italia ha commesso molti errori che mostrano la mancanza di questo mentalità: l’errore di Orquera al primo calcio, giocatori che litigano con gli avversari, palle perse per superficialità, troppo timidi e poca ferocia (come hanno ripetuto più volte i telecronisti). In sostanza, bene l’orgoglio ma per giocare alla pari bisogna tornare a osare: attaccare sapendo che si può perdere la palla e proprio per questo la palla va tenuta ben stretta e ogni giocatore deve sapere che accanto a lui ha un compagno pronto a aiutarlo.

Osa e vinci

Dopo la vittoria della Italia sulla Francia del rugby, i giocatori italiani hanno detto che Brunel gli ha insegnato il significato dello sport, a entrare in campo con la voglia di vincere e che per raggiungere questo obiettivo bisogna osare. Osare significa avere il coraggio di fare qualcosa che sia rischioso. Voglio fare notare che questo approccio è alla base non solo della mentalità vincente ma anche della motivazione. Infatti gli esseri umani sono spinti da tre bisogni: competenza, socializzazione e eccitazione.

Quest’ultimo, l’eccitazione, è sostenuto dall’abilità a svolgere attività valutate come emozionanti, sapersi assumere dei rischi (calcolati) è il modo in cui si soddisfa questa necessità E’ un bisogno che è già presente nell’infanzia e il riquadro qui sotto ne illustra le ragioni.

Sapersi assumere dei rischi

Si collega al sapersi muovere pensando durante le attività svolte. Ad esempio, nel calcio sempre più spesso i tecnici affermano che i giovani calciatori tirano raramente in  porta o non sanno fare un dribbling. Tirare in porta è una situazione sportiva in cui è possibile sbagliare l’esecuzione ed essere tacciati dagli altri compagni di volere giocare da soli. Il giovane si assumerà questo rischio se sa che il tecnico apprezza questo modo di agire, se premia l’osare e non soltanto le azioni corrette o quelle che sono state preparate in precedenza insieme alla squadra.   Dal punto di vista cognitivo saper decidere rischiando e saper pensare durante il gioco in situazione di pressione competitiva sono due aspetti che favoriscono lo sviluppo dell’intelligenza motoria, che è molto sviluppata fra gli atleti.

Come si vede non bisogna arrivare in nazionale per imparare a osare, basta creare situazioni di allenamento in cui i giovani debbano assumere delle iniziative per soddisfare le esigenze dell’esercitazione.

Osare e divertirsi è il credo di Brunel

Jacques Brunel, il nuovo allenatore della nazionale di rugby, sta insegnando ai giocatori italiani a osare e divertirsi anche in uno sport così duro e fisicamente combattivo come il rugby. Deve essere proprio entrato nella mente profonda dei suoi ragazzi se un giocatore esperto come Andrea Lo Cicero afferma “Uno che crede in noi. Che non vuole distruggere ma costruire. Divertirsi. Divertire.Uno che ci sta insegnando cos’è davvero lo sport”.  Sarebbe interessante sapere come mai gli allenatori precedenti non erano riusciti a entrare nella loro mente  e in che modo le esperienze sul campo contro squadre forti hanno permesso ai giocatori di raggiungere un livello di consapevolezza che prima gli mancava e che li ha resi pronti a seguire l’approccio di questo allenatore. Probabilmente la soluzione sta nell’interazione fra atteggiamenti dell’allenatore e quelli della squadra. Resta comunque interessante notare che il rugby italano ha ottenuto i migliori risultati con allenatori francesi, l’attuale e George Coste, rispetto a quelli d’oltre oceano, forse è anche nella stessa mentalità europea il segreto di sapere parlare ai giocatori.

Il cuore e l’anima inglese per vincere

tom england v nz 2: Israel Dagg is clobbered by Tuilagi and Farrell

Mai stimolare troppo l’orgoglio inglese, può essere pericoloso. Ha farne le spese sono stati gli All Blacks. La squadra era stata sino a questa partita molto criticata da tutti e, inoltre, erano nove anni che non vinceva contro questa squadra. Come hanno fatto a giocare così bene? Utilizzando le critiche come energia per la motivazione.  ”Abbiamo giocato con il cuore e con l’anima”, ha spiegato il capitano inglese e ne è uscita una prestazione eccellente. Non è retorica parlare di cuore e anima, perché sono queste le due parole che usiamo nella psicologia del senso comune per spiegare che si è giocato a un livello massimo d’intensità emotiva.  E’ questo il livello emotivo necessario quando si vuole entrare in campo per vincere contro avversari ugualmente competitivi. Non si può essere solo aggressivi o giocare di testa in modo solo tecnico, ci vogliono il cuore e l’anima e cioè quel brivido che prima dell’inizio fa sentire che sarà una grande giornata.

Rugby: Italia-All Blacks

Il rugby è impegno, avanzamento e aggressività e l’Italia ha fatto una delle sue più belle partite perché ha mostrato questo atteggiamento con continuità.  Il rugby è uno sport in cui non ci si può risparmiare, non si può tirare indietro la gamba, non ci si può isolare dal gioco, non si può all’ultimo momento passare la palla a un compagno perché si ha paura di sbagliare. I giocatori italiani oggi hanno fatto tutto questo, giocando con una intensità ottimale. Hanno perso, era scontato, lottando con intelligenza sino all’ultimo minuto.

Rugby, L’Italia vince

Il capitano della nazionale di rugby, Sergio Parisse, ha detto che combattività, aggressività e l’attaccamento alla maglia sono state le chiavi decisive di questa partita.  Per  sottolineare il valore di queste parole ha aggiunto che le maglie erano state date questa mattina da Massimo Mascioletti ex giocatore e allenatore della nazionale di qualche anno fa. Affettività e legame con la propria storia a indicare ciò di cui si è parte. La stessa affettività che Diego Dominguez, altro grande exgiocatore e ora commentatore sportivo, ha riconosciuto come principale valore che questa squadra ha dimostrato nel 2° tempo. La testa guida sempre ed è importante che il rugby ne riconosca la funzione  con queste parole così intense.

Vincenti nonostante il risultato?

Jacques Brunel, allenatore della nazionale di rugby, che sta per affrontare il Galles, alla vigilia del quarto turno del Sei Nazioni spiega: ”Dovremo difendere. Duro. Ma cercare comunque di imporci agli avversari, creare gioco. Dobbiamo pensare a vincere, provarci. Altrimenti è finita”. Il senso di queste affermazioni è che bisogna crederci anche sapendo che gli avversari sono più forti e pur avendo già perso 4 partite. Si può giocare questa partita con una mentalità vincente? Sì, bisogna giocare senza pensare al risultato, restando concentrati sull’obiettivo di superare i propri limiti. Certo perchè si vince quando li oltrepassiamo. Questo è ciò che Brunel chiede ai suoi e la domanda a cui ogni giocatore deve dare una risposta  è: “Sono pronto a mantenere inalterata la mia voglia di esprimermi al massimo e di lottare anche quando sarò in difficoltà?” Questo è il punto, sarò in difficoltà ed in quei momenti che misurerò il mio valore come giocatore dell’Italia. La partita ci darà queste risposte.