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I pionieri della psicologia dello sport in Nord America

Gloria Balague, Daniel Gould and Glyn Roberts (2020) North American sport psychology pioneers. International Journal of Sport Psychology, 51, 456-479.

Articolo di grande rilevanza per chi voglia capire lo sviluppo della psicologia dello sport, scritto da tre protagonisti di questo sviluppo degli ultimi 40 anni.

La nostra rassegna della psicologia dello sport in Nord America fornisce un contesto per aiutarci a capire dove siamo oggi. In primo luogo, la psicologia dello sport ha una lunga storia con individui provenienti sia dal campo della psicologia che da quello dell’educazione fisica/cinesiologia. Andando avanti, è meglio guardare ai benefici che le persone formate in ogni area portano alla psicologia dello sport e non cadere in preda a discussioni su quale formazione sia la migliore. In secondo luogo, sia i ricercatori che i praticanti hanno contribuito a far progredire il campo fino al punto in cui si trova oggi. Ricercatori e professionisti devono rispettare i reciproci contributi e lavorare insieme adottando un orientamento dalla ricerca alla pratica e dalla pratica alla ricerca. Terzo, i pionieri che hanno dato i maggiori contributi alla psicologia dello sport hanno dedicato porzioni significative, se non tutto il loro tempo a questo ambito e hanno lavorato in modo coerente nel tempo. Quarto, anche se ci sono stati veri pionieri che hanno contribuito a far progredire il campo, dovremmo stare attenti a non cadere preda dell’approccio del grande uomo o della grande donna nella storia. Il campo è veramente decollato in Nord America quando un gran numero di ricercatori, accademici e consulenti hanno iniziato a lavorare nel campo, spesso con un certo anonimato. Infine, il campo è stato e sarà influenzato da eventi sociali e culturali più ampi, come le flessioni economiche, le guerre e le pandemie, così come i cambiamenti nelle organizzazioni educative e sportive (ad esempio, l’enfasi posta sulle borse di studio nelle principali università, la legislazione sullo sport sicuro per proteggere i giovani dai predatori sessuali). Coloro che si specializzeranno nel campo in futuro dovranno scoprire come tenere a mente i valori e le lezioni apprese dai pionieri che hanno permesso la crescita e allo stesso tempo adattarsi a questi grandi cambiamenti culturali e istituzionali.

Ricordi indimenticabili affiorano lavorando per il 50° anniversario del Journal

Ieri ho scritto a Glyn Roberts in relazione allo special issue dell’International Journal of Psychology che pubblicheremo quest’anno per festeggiare i 50 anni di questa rivista, nata nel 1970. Questi diversi eventi mi hanno riportato alla memoria quando ho incontrato per la prima volta Glyn e gli altri membri del managing council dell’International Society of Sport. E’ stato a Varna, Bulgaria, nel 1987, avevo 32 anni e in quel momento per me fu abbastanza incredibile partecipare a un meeting del managing council, al posto di Ferruccio Antonelli che non aveva voluto partecipare, per parlare del futuro della rivista e soprattutto per ottenere che qualcuno di loro, Robert Singer, John Salmela, Lars Unestahl, Miroslav Vanek o Glyn Roberts assumesse la responsabilità scientifica del Journal.  Furono molto friendly con me, come lo sanno essere i Nord-Americani, forse anche per la ragione che si aspettavano un persona anziana e formale, un po’ nello stile di Antonelli. E quindi rimasero sorpresi quando mi conobbero. C’era molto tempo libero, passato a giocare a tennis, correre e fare passeggiate. Avevo letto il libro di John Silva III e Robert Weinberg intitolato “Psychological Foundations of Sport” e, quindi, conoscevo i capitoli di John Salmela e Glyn Roberts a cui non smettevo di fare domande sulla motivazione piuttosto che sulle origini della psicologia dello sport e il suo ruolo in Nord America.

Certamente molto gentili ma nessuno voleva prendersi la responsabilità della rivista. Conoscevano Antonelli e sapevano che sarebbe stato difficile collaborare con lui, data la sua storia nell’ISSP e anche perché era sua abitudine pubblicare tutti gli articoli che venivano inviati al Journal, senza applicare alcuna forma di revisione. Dissi che ero a conoscenza di questa modalità di gestione della rivista ma che da solo non avrei mai potuto modificare questo tipo di approccio e che, oltretutto non avevo la competenza per gestire una rivista scientifica.

Alla fine della discussione, John Salmela alzò la mano, dicendo in sostanza: “Ok, sono disposto ad aiutare il Journal, perché in ogni caso rappresenta l’International Society of Sport Psychology”. Le sue condizioni erano che lui ed io fossimo i nuovi co-editor, che Antonelli si ritirasse e su questa base avremmo costruito il sistema per migliorare la qualità scientifica del Journal. Le cose non andarono esattamente in questo modo, poiché Antonelli restò ancora per qualche tempo nel ruolo di editor-in-chief, non svolgeva nessuna funzione ma voleva mantenere agli occhi del mondo esterno il ruolo di leader. Comunque il sistema che mettemmo insieme funzionò e, in quegli anni, il Journal accrebbe in qualità scientifica. Con John abbiamo lavorato molto, passando anche del parecchio tempo insieme in Canada prima a Montreal e poi a Ottawa e in Italia, a Roma. Siamo diventati amici e ci siamo visti ogni anno per più di venti anni. Un altro incontro con il managing council fu a Ottawa nel 1992 (come nella foto qui sotto).

Da sinistra, Pierre Trudel, Alberto Cei, poi Jurgen Nitsch, Gerd Konzag,  John Salmela, Robert Singer, Denis Glencross, Gershon Tenenbaum, Marit Sorensen, Glyn Roberts, Atsushi Fujita, Semen Slobunov, Sidonio Serpa, Richard Magill, Carlos Moraes e Terry Orlick.