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La depressione di Serena Williams

La depressione di cui sta soffrendo Serena Williams si aggiunge a quella che hanno avuto molte altre stelle del mondo dello sport fra cui Lindsey Vonn, Ian Thorpe, Gianluigi Buffon. Due aspetti vanno tenuti in grande considerazione quando parliamo di depressione nello sport. Il primo,  la psicopatologia prodotta da nevrosi e comportamenti instabili è poco frequente tra gli atleti di alto livello, perché lo sport è già una sorta di vaccino contro questo tipo di manifestazioni. L’avere imparato a vivere situazioni emotive molto intense e talora estreme, nonché il loro ripetersi in modo continuo nel corso degli anni con esiti spesso vincenti, ha permesso all’atleta di sviluppare un’elevata stima di sé. Accanto a questo lato positivo derivato dall’esposizione continua allo stress agonistico e dalla scoperta positiva di saperlo affrontare, vi è  un altro aspetto che può invece aumentare il rischio di depressione e corrisponde alla scelta di fare dipendere la propria vita dal raggiungimento dei risultati sportivi. Così in caso d’insuccesso, a essere messo in discussione è il proprio valore come persona. Un fallimento che può portare a una depressione molto grave e in casi limite al suicidio. Non è un caso che Serena Williams avesse già sofferto in precedenza di depressione quando aveva dovuto smettere di giocare a causa di due problemi di salute. In un caso, si tagliò un piede con i vetri di un bicchiere, subendo due interventi chirurgici e così ha descritto il suo stato d’animo di quel periodo: “Specialmente quando ho avuto la seconda operazione (al mio piede), ero veramente depressa, piangevo tutto il tempo. Non volevo farmi vedere”. Nel 2011 soffrì anche di un problema polmonare e venne ricoverata in ospedale e operata. Quando rientrò in campo disse che non sapeva cosa aspettarsi, non voleva avere fretta e sperava che sarebbe ritornata a giocare come sapeva.  La sconfitta con Roberta Vinci, dopo un’annata trionfale, è stata lo stimolo che l’ha nuovamente messa in questa condizione di sofferenza. Se avesse vinto il torneo sarebbe diventata la prima tennista dopo quasi 30 anni a vincere nuovamente il Grande Slam, risultato raggiunto in precedenza solo da altre tre tenniste. Serena Williams si è portato questo macigno di aspettative per tutta la durata degli US Open, poi non l’ha più retto ed è crollata. Continuava a ripetere “Non sento la pressione”, come fosse un mantra che può cancellare la verità mentre invece questo approccio mentale le ha permesso solo di posticipare il suo dramma. Meglio avrebbe fatto ad accettare la paura di non riuscire a vincere nonostante sia attualmente la più brava. Non è facile ragionare in questo modo, quando il mondo pensa che devi vincere e non considera nessun altro risultato. In quei momenti non si hanno vie di fuga perché gli altri ti spingono con entusiasmo verso il baratro; l’unica alternativa sarebbe dovuta nascere da lei stessa: accettare che perdere era una possibile soluzione e che sarebbe potuto capitare. Se si vive nella convinzione che non si può perdere, che si deve sempre corrispondere alle aspettative degli altri e alle richieste del proprio Ego smisurato, quando invece la sconfitta si presenta, non si hanno strumenti per comprendere come questo evento sia potuto accadere e questo genera depressione per non avere saputo affrontare quella situazione con successo. La depressione inizia in quel momento con il disprezzo verso di sé. Mi auguro che Serena Williams si affidi a un bravo psicoterapeuta, che l’aiuti a capirsi e a confrontarsi con se stessa in modo più costruttivo.