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Mentalità del calciatore e dribbling

Nel calcio il dribbling è uno degli aspetti di questo sport più emozionanti per un giovane calciatore. E’ un’azione individuale improvvisa che può cambiare il corso della partita se determina un vantaggio evidente per la squadra e l’opportunità di segnare una rete. Richiede alcune caratteristiche psicologiche che possono essere insegnate ai giovani indipendentemente dal fatto che qualcuno sarà sempre più bravo di qualcun altro. Proprio per il suo essere un’attività eccitante in cui si corre più che in altre il rischio di venire bloccati dall’avversario.
Insegnamo ai giovani e alle giovani calciatori ad assumersi dei rischi, quindi, insegnatogli il dribbling.
Dribbling è un’azione che richiede:
  • Confronto diretto con l’avversario
  • Il provare piacere nel “saltarlo”
  • La motivazione a fare il proprio meglio
  • Iniziativa e decisione
  • Anticipazione e rapidità di movimento
Non è possibile quando si ha:
  • Paura di essere criticati o rifiutati
  • Dubbi nell’esecuzione e si è lenti
  • Paura di non essere competenti
  • Paura dell’avversario
  • Paura di sbagliare
In sintesi:
  • I calciatori  + orientati al compito sono + motivati a migliorare le abilità del calcio e nel dribbling.
  • I calciatori + orientati al risultato e – orientati al miglioramento s’impegneranno di meno nel rischiare e nel prendere decisioni personali come nel dribbling.

Psicologia del rischio SARS sono oggi attuali

Nel 2004 the Asian Journal of Social Psychology ha pubblicato un numero speciale intitolato  SPECIAL ISSUE ON PSYCHOLOGY OF SEVERE ACUTE RESPIRATORY SYNDROME (SARS),  a cura di Cecilia Cheng and Catherine So-kum Tang.

Il sottotitolo è molto suggestivo, poiché  evidenzia la relazione tra comportamenti e background culturale in diversi continenti e fra i giovani

Ne propongo qui una sintesi, utile per comprendere come comportarsi con il COVID-19

Nel 2002/03 l’epidemia di SARS ha messo in guardia il mondo dal non considerare più la salute pubblica come un problema locale. In quest’era di globalizzazione, non solo le persone e le informazioni, ma anche i virus circolano liberamente senza frontiere. La cura e la prevenzione di nuove malattie sconosciute richiedono lo sforzo congiunto degli enti governativi e dei professionisti della sanità di vari Paesi.

  • Le attuali conoscenze derivanti dalla ricerca potrebbero aiutare a comprendere i tentativi della gente di gestire l’epidemia di SARS?
  • Poiché la SARS ha colpito diverse regioni, comprese persone provenienti da culture sia asiatiche che occidentali, gli individui di culture diverse hanno percepito la crisi e l’hanno affrontata in modi diversi?
  • Le persone hanno cercato di gestire l’epidemia di SARS in modi simili a quelli con cui cercano di gestire eventi quotidiani stressanti?
  • Per far fronte all’epidemia, perché alcune persone si sono impegnate in un comportamento sanitario preventivo mentre altre hanno ignorato l’uso di misure preventive?

I risultati hanno rivelato che i partecipanti che tendevano ad usare un pensiero eccessivamente ottimista (desiderando che la SARS se ne andasse o che in qualche modo finisse) erano più propensi a evitare di recarsi nelle aree pubbliche e ad evitare le persone che credevano fossero colpite dalla SARS. Questa illusione non sembra facilitare l’adozione di comportamenti sanitari significativi, come il lavarsi le mani e l’uso di disinfettanti per pulire le superfici potenzialmente contaminate.

Coloro che tendevano ad adottare risposte empatiche (cercare di capire come l’altra persona si sentiva nei confronti della SARS) erano più propensi a intraprendere misure per prevenire la SARS, come indossare maschere e fare esercizio fisico regolarmente. Pertanto, non solo erano meno propensi a riferire di aver evitato persone che potevano essere percepite come potenzialmente affette da SARS, ma anche più propensi a riferire di aver adottato misure precauzionali e di aver adottato comportamenti sanitari che potevano essere considerati efficaci. Di conseguenza, coloro che riferiscono di aver usato risposte empatiche in risposta alla SARS sembrano utilizzare comportamenti precauzionali efficaci, senza adottare comportamenti di prevenzione sanitaria associati a costi economici e sociali significativi.

Differenze interculturali nel pensiero ottimistico tra i canadesi cinesi e quelli europei durante l’epidemia di SARS. I partecipanti sono stati reclutati a Pechino e Toronto e i due campioni hanno dimostrato un ottimismo irrealistico, ovvero la percezione di sé stessi come meno propensi di una persona media a contrarre la SARS. Rispetto ai loro omologhi canadesi, i partecipanti cinesi hanno mostrato un maggiore ottimismo irrealistico nella stima dei propri rischi di infezione, ma hanno adottato maggiori misure preventive. Gli autori hanno concluso che lo stile di pensiero dialettico cinese può aver promosso la convinzione che durante la crisi della SARS possano coesistere sia conseguenze negative che cambiamenti positivi. Questa convinzione potrebbe aver spinto i cinesi a pensare al loro futuro in una luce più positiva e ad aumentare la loro motivazione ad adottare un approccio preventivo per affrontare la crisi.

Gli abitanti di Singapore seguono poco i valori cinesi (vale a dire prudenza, industria e armonia civica) ma si è visto che quelli con una maggiore tendenza ad adottare questi valori sono stati caratterizzati da livelli più elevati di paure legate alla SARS, da un maggiore pessimismo difensivo, dall’adozione di comportamenti più sani e dall’esperienza di esiti più negativi legati all’epidemia.

Tendevano a percepire la maggior parte degli eventi stressanti legati alla SARS come incontrollabili e utilizzavano una gestione più attenta alle emozioni per gestire tali eventi. Questi risultati indicano che gli individui avevano una propensione a essere meno flessibili, sia a livello cognitivo che comportamentale, nei loro tentativi di gestire l’epidemia di SARS rispetto alla loro pratica abituale di gestione dello stress.

Gli studenti delle scuole superiori di Hong Kong e pregiudizi socio-cognitivi dopo l’epidemia di SARS. I dati hanno mostrato che, rispetto a coloro che praticavano un comportamento preventivo della SARS (i praticanti), quelli che non lo facevano (i non praticanti) erano più inclini a due tipi di pregiudizi socio-cognitivi: il falso consenso e il pregiudizio attore-osservatore. In particolare, i non praticanti tendevano a sottovalutare la prevalenza e l’importanza delle preoccupazioni prosociali nel comportamento preventivo che era comunemente adottato dai praticanti durante l’epidemia.

Questi risultati fanno luce su come gli adolescenti di Hong Kong hanno valutato le norme prevalenti e le proprie motivazioni nella prevenzione di un’epidemia emergente. Gli autori hanno sottolineato che i non praticanti del comportamento sanitario tendono a credere che il loro modello comportamentale sia ampiamente condiviso e accettabile nella comunità, e per questo essere meno motivati a cambiare il loro comportamento.

Cosa impariamo da Schumacher

Noi che crediamo nell’infallibilità del corpo e nella forza della mente siamo schiacciati dall’incidente di Schumacher e dalla sua condizione di stare lottando per mantenersi in vita. Non è certo la prima volta che questa nostra convinzione viene messa alla prova, E’ già successo centinaia di volte nel passato ma ogni volta ci convinciamo che non si ripeterà di nuovo e invece puntualmente ecco un nuova vittima. Non c’è niente di così pericoloso come coltivare la propria invincibilità, perchè viene sempre quel giorno in cui si supera quella linea che divide il rischio accettabile da quello inaccettabile e allora è finita.  A un certo punto bisogna esplorare altri ambiti, diversi da quelli del rischio fisico, altrimenti è solo questione di tempo, si deve uscire dal campo in cui il rischio fisico è il motore principale della nostra vita e scegliere un altro ambito di rischio, magari più mentale ma certamente non meno entusiasmante se si accetta questa logica. Bisogna sapere che prima o poi il fisico chiederà il conto e purtroppo può essere molto salato come la vicenda di Schumacher c’insegna.

Passeggiata sopra le cascate del Niagara

Il funambolo statunitense Nik Wallenda  ha attraversato le cascate del Niagara, partendo dalla parte statunitense e finendo in Canada. A percorso in 30 minuti: 550 metri di fune larga  61 millimetri a 60 metri di altezza con sotto la potenza dell’acqua delle cascate del Niagara.  Ha annunciato di avere l’intenzione di superare  il Grand Canyon, un tragitto tre volte più lungo.

Vedi: http://www.youtube.com/watch?v=jtbzvn0umEo

A lezione da Thorpe e Woods

Credo che Thorpe e Woods vadano seguiti e ammirati per ciò che fanno. Non parlo dei risultati sportivi ma della volontà di volere provare a se stessi che si può, cosa? Il primo che dopo essersi ritirato può nuovamente raggiungere altissimi livelli e il secondo che non è finito, nonostante sia intorno alla 50° posizione nel ranking. E’ possibile che vi siano anche risvolti economici alla base di quetse scelte, ma non sono di certo sufficienti a mettere nuovamente la propria faccia, sapendo di rischiare di non farcela. Questo per me è il punto fondamentale, l’accettazione del rischio, probabilmente questa è anche la caratteristica dei fuoriclasse, accettare gli errori e le disfatte ma essere lì con tutto se stessi nel volerci riuscire. Noi lo faremmo?

Rischio o non rischio?

E’ ‘ molto visto il video di un gruppo di scalatori che cantano attaccati a una parete di una montagna “Don’t worry be happy”. E’ la metafora di come ci si dovrebbe comportare oggi se si è giovani? Competenza (arrampicare), piacere per il rischio (appesi a una parete sul vuoto) e umore positivo (cantare) (http://www.youtube.com/watch?v=sPh9PTao6GQ). Il rovescio della medaglia è quanto, invece, viene descritto da un’indagine effettuata da Paola Giuliano e Antonio Spilimbergo sull’atteggiamento dei giovani americani di 18-24 anni di fronte alla recessione. I risultati indicano che è dominante la richiesta di protezione e il desiderio di prendere meno rischi nei propri investimenti (lasciare casa per cercare sbocchi di lavoro e di studio migliori) (http://www.finanzainchiaro.it/dblog/articolo.asp?articolo=5469.