Archivio per il tag 'pigrizia'

Le chiavi dell’allenamento: impegno e persistenza

Intensità e continuità in allenamento sono a mio avviso i due aspetti che più frequentemente determinato gli errori degli atleti. Molti si accontentano di allenarsi abbastanza bene, senza essere consapevoli che è proprio questo modo di pensare che rallenta il loro miglioramento.

La qualità di una prestazione non si può manifestare con un impegno abbastanza buono, questo mi sembra un aspetto che spesso i giovani atleti non considerano come decisivo per il loro miglioramento. Nel contempo anche gli allenatori possono cadere in questo tranello quando non mettono l’impegno al primo posto nelle loro strategie d’insegnamento, perché troppo concentrati sul correggere il gesto tecnico.

Robert Singer ha scritto che alla fine ogni performance è determinata da tre fattori di cui gli ultimi due sono molto meno considerati rispetto al primo:

  1. potenzialità personali
  2. impegno sincero nell’esercitarsi, nel condizionarsi e nel migliorarsi
  3. abilità a fare bene in condizioni di stress competitivo
Gli ultimi due sono infatti spesso spiegati in termini di abilità naturali o d’istinto e in questo modo vengono meno allenate rispetto alle altre abilità. Al contrario, l’esperienza degli atleti di vertice, per loro stessa affermazione, ci ha insegnato che ci vogliono anni di dedizione intensa e continua per raggiungere risultati di rilievo.
Il mantra di questi top atleti è: “prova e riprova ancora”.
Questo non succede perché i giovani di oggi sono pigri! Succede perché noi pensiamo che sia solo questione di allenamento tecnico e preparazione fisica e di tempo. Mentre la mancanza di miglioramento viene interpretata in termini di un blocco che al primo successo andrà via, di genitori che mettono pressione o di mancanza di fiducia.
Poco frequente è pensare che i giovani atleti magari sbagliano perché fanno gli esercizi in allenamento con la stessa mentalità con cui fanno (o facevano) i compiti a casa. Per loro è sufficiente fare l’esercizio e non si preoccupano di prepararsi a come farlo non solo bene ma nel modo migliore di cui sono capaci. Eseguono e basta. Questo per loro vuol dire essere concentrati. Con questo voglio dire che non sono consapevoli di come devono prepararsi per fare il massimo e non sanno quali abilità mentali e motorie devono mettere in atto per soddisfare le richieste del compito richiesto.
In termini generali, si allenano senza uno scopo personale, anzi con il solo obiettivo di soddisfare le esigenze del loro allenatore. Senza un obiettivo personale, non potranno sviluppare appieno le loro competenze di atleta ma soprattutto vivranno l’equivoco di stare impegnandosi al massimo mentre non è vero.

 

Come vincere la nostra pigrizia

Sono passati 19 anni da questa intervista sulla sedentarietà ma direi che i consigli suggeriti per diventare più attivi sono ancora validi.

 

Gli stereotipi degli allenatori sui giovani

Per l’ennesima volta, pochi giorni fa durante un corso per allenatori, diversi partecipanti mi hanno chiesto come mai i giovani non sono più disposti a fare sacrifici e a impegnarsi oppure se lo stare continuamente attaccati allo smartphone non gli impedisce di avere altri interessi. Questa domanda è sempre più ricorrente in questi ultimi anni, ormai quasi 10 anni, e questi allenatori non chiedono se la loro impressione sia vera o falsa ma la ritengono giusta e vogliono sapere cosa dovrebbero fare.

La questione non risiede certo nell’uso delle nuove tecnologie, non sono queste a limitare lo sviluppo dei giovani. Lo sono ad esempio:

  • essere parcheggiati davanti al televisore perché così non si disturba
  • essere portati sul passeggino, quando invece è meglio camminare, perché così i genitori non perdono tempo
  • stare a casa piuttosto che ai giardini perché poi si prende freddo.

Questo tipo di educazione a essere passivi e sedentari conduce all’esasperazione nell’uso delle nuove tecnologie a discapito di una vita più attiva. La questione non sta nell’uso degli smartphone ma nel sapere quali sono le attività giornaliere dei giovani. E’ il mondo degli adulti che dovrebbe organizzare la loro vita così da educarli al piacere di essere attivi, sino a quando non avranno raggiunto la maturità per guidarsi da soli.

Ritornando agli allenatori che si lamentano va anche detto che la risposta implicita che di solito si aspettano di ricevere è non solo di conferma a questa loro convinzione ma soprattutto vorrebbero sentirsi dire che l’unica risposta da dare in questi casi è una giusta punizione. Sembra di essere tornati indietro a 30 anni fa quando era comune dare punizione del tipo: 20 piegamenti sulle braccia o quattro giri di campo di corsa. Ma perchè non s’investe di più sulla formazione degli adulti a cui affidiamo i nostri figli? Non dimentichiamoci che la maggior parte delle società sportive esiste solo perchè i genitori le finanziano. E se smettessero di pagarle? Ma non lo faranno mai perché anche per i genitori è comodo parcheggiare i figli in modo che stiano occupati senza preoccuparsi della qualità dei dirigenti e degli allenatori.

La pigrizia mentale del calcio

Il caso di  Mattia Destro giocatore della Roma che sta attraversando un periodo di tempo in cui non riesce a segnare mi sembra possa essere interpretato come un esempio della pigrizia mentale che è presente nei calciatori, negli allenatori e nei dirigenti. L’interpretazione generale di questo fenomeno è del tipo: “non importa, agli attaccanti capita di passare un periodo in cui non segnano, è capitato anche a Tizio, famoso attaccante che poi ha ricominciato a segnare”. Sono giustificazioni che vengono date solo nell’ambiente del calcio. Se mia figlia studiasse e poi prendesse dei brutti voti, non direi di certo “poi passa”. Se in un’azienda un giovane cominciasse a fare degli errori non si direbbe di certo “non importa è solo un blocco momentaneo”. Nel calcio invece questo avviene, ci si allena e poi non si gioca bene ma non importa prima o poi migliorerà. Nel calcio inoltre non c’è fretta di recuperare perchè tutti si aspettano che possa accadere da un momento all’altro. Domina quindi il pensiero magico per cui ogni istante può essere buono per ricominciare a segnare. E’ evidente che con questo approccio mentale mai nessuno penserà che potrebbe essere aiutato da un programma di allenamento mentale costruito proprio per lui, perchè non serve, mentre ciò che conta è coltivare l’illusione che si entra in campo e si farà goal e così tutto passa. Non bisogna inoltre dimenticare che questi giocatori guadagnano molti soldi per cui in ogni caso la loro vita continua a essere tranquilla anche per questa ragione. Se prendi brutti voti a scuola o se sbagli nel lavoro puoi venire bocciato o licenziato e forse per questo che le persone si danno molto più da fare per capire cosa devono fare per migliorare.