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La perseveranza

“Nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza. Non il talento, nulla è più comune di uomini di talento falliti. Non il genio; il genio incompreso è ormai un luogo comune. Non l’istruzione; il mondo è pieno di derelitti istruiti.Solo la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti”.

Calvin Coolidge, 30° presidente degli Stai Uniti

Le chiavi dell’allenamento: impegno e persistenza

Intensità e continuità in allenamento sono a mio avviso i due aspetti che più frequentemente determinato gli errori degli atleti. Molti si accontentano di allenarsi abbastanza bene, senza essere consapevoli che è proprio questo modo di pensare che rallenta il loro miglioramento.

La qualità di una prestazione non si può manifestare con un impegno abbastanza buono, questo mi sembra un aspetto che spesso i giovani atleti non considerano come decisivo per il loro miglioramento. Nel contempo anche gli allenatori possono cadere in questo tranello quando non mettono l’impegno al primo posto nelle loro strategie d’insegnamento, perché troppo concentrati sul correggere il gesto tecnico.

Robert Singer ha scritto che alla fine ogni performance è determinata da tre fattori di cui gli ultimi due sono molto meno considerati rispetto al primo:

  1. potenzialità personali
  2. impegno sincero nell’esercitarsi, nel condizionarsi e nel migliorarsi
  3. abilità a fare bene in condizioni di stress competitivo
Gli ultimi due sono infatti spesso spiegati in termini di abilità naturali o d’istinto e in questo modo vengono meno allenate rispetto alle altre abilità. Al contrario, l’esperienza degli atleti di vertice, per loro stessa affermazione, ci ha insegnato che ci vogliono anni di dedizione intensa e continua per raggiungere risultati di rilievo.
Il mantra di questi top atleti è: “prova e riprova ancora”.
Questo non succede perché i giovani di oggi sono pigri! Succede perché noi pensiamo che sia solo questione di allenamento tecnico e preparazione fisica e di tempo. Mentre la mancanza di miglioramento viene interpretata in termini di un blocco che al primo successo andrà via, di genitori che mettono pressione o di mancanza di fiducia.
Poco frequente è pensare che i giovani atleti magari sbagliano perché fanno gli esercizi in allenamento con la stessa mentalità con cui fanno (o facevano) i compiti a casa. Per loro è sufficiente fare l’esercizio e non si preoccupano di prepararsi a come farlo non solo bene ma nel modo migliore di cui sono capaci. Eseguono e basta. Questo per loro vuol dire essere concentrati. Con questo voglio dire che non sono consapevoli di come devono prepararsi per fare il massimo e non sanno quali abilità mentali e motorie devono mettere in atto per soddisfare le richieste del compito richiesto.
In termini generali, si allenano senza uno scopo personale, anzi con il solo obiettivo di soddisfare le esigenze del loro allenatore. Senza un obiettivo personale, non potranno sviluppare appieno le loro competenze di atleta ma soprattutto vivranno l’equivoco di stare impegnandosi al massimo mentre non è vero.