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Come prepararsi alle partite più importanti

Prepararsi a giocare partite importanti non è facile neanche se si è in forma. Preparazione fisica e tecnico-tattica sono fattori indispensabili ma non sufficienti.

In questi momenti l’auto-controllo è il fattore da attivare maggiormente. Queste sono le ore in cui bisogna mostrare a se stessi e a tutta la squadra, che quali che saranno le sfide in partita si troverà la soluzione adatta. L’attenzione deve essere rivolta solo a quello che si è deciso di fare. Non c’è nulla da inventarsi, le risposte sono già lì, a portata di mano e da attuare con decisione e velocità. Gli avversari vivono la stessa condizione di paura e di stress, nessuno ne è immune.

Per queste ragioni, vince chi si butta dietro le spalle i pensieri opprimenti e decide di vivere intensamente ogni secondo della partita. Quindi, prepariamoci a entrare in questo contesto agonistico. Tante volte si attinto alla volontà e alla voglia di fornire la migliore prestazione individuale e di squadra. Facciamolo anche ora! Calma, ritmo e velocità.

I fattori che determinano l’attivazione ottimale per giocare una partita

Nel calcio il variare dei livelli di attivazione delle squadre durante le partite è influenzato da molte situazioni e dalle caratteristiche individuali dei giocatori. L’attivazione riguarda il grado di prontezza di un team nel sapere mettere in atto il proprio gioco contro un determinato avversario. Sono però molte le variabili che possono influenzare questa condizione psicologica, fra queste le più importanti sono:

L’esperienza sportiva – maggiore è l’esperienza a giocare partite di alto livello, maggiore sarà la capacità di sapere entrare in partita al livello di attivazione ottimale.

L’ansia – maggiore è il grado d’insicurezza nei riguardi del proprio ruolo in campo, maggiore sarà il livello di attivazione, che se non verrà ridotto potrà impedire al calciatore di giocare al suo meglio.

La fatica – maggiore è la stanchezza fisica e mentale, maggiore è la probabilità di manifestare livelli di attivazione e di agonismo troppo bassi e pertanto non adeguati.

L’impulsività – maggiore è l’impulsività del calciatore, maggiore sarà la probabilità che il suo livello di attivazione sia troppo elevato nei momenti di maggiore tensione agonistica e che il suo gioco diventi falloso.

Il controllo dei pensieri – migliore è l’autocontrollo personale durante la partita, minore è la probabilità di agire senza pensare.

La motivazione – minore è la motivazione a giocare al proprio meglio, minore sarà l’impegno e l’attenzione e minore sarà il livello di attivazione fisica e mentale.

La tenacia – maggiore è la convinzione di sapere affrontare con determinazione qualsiasi situazione competitiva, più efficace sarà il livello di attivazione in cui il calciatore saprà mettersi prima della partita.

Il ruolo in campo – più chiaro e specifico è per il calciatore il suo ruolo in campo, con più facilità saprà a cosa prestare attenzione, come caricarsi mentalmente prima dell’inizio della partita e come mantenere questa condizione durante il suo svolgimento.

Le fasi della partita – Tutto ciò che succede durante la partita influenza ed è influenzato dai livelli di attivazione dei giocatori e delle squadre in un processo d’interazione costante e reciproca. Partite importanti e decisive o partite amichevoli, fasi iniziali o finali del match, risultato a favore o a sfavore, giocare in 10 piuttosto che in 11, sono situazioni che incidono sull’intensità della carica agonistica, che corrisponde al livello di attivazione del collettivo.

La squadra – parafrasando il detto che la squadra campione è formata dai calciatori che si amalgamano nel modo migliore, si può affermare che la squadra campione è costituita da quei calciatori dalla cui attivazione globale si sprigiona la carica agonistica necessaria a esprimere il proprio gioco.

La più grande rimonta di una tennista

La tennista UK Tara Moore ha fatto la più grande rimonta mai ottenuta in una partita.

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Federer per vincere si è detto “non fare casino”

Spesso parlo con i giovani tennisti dell’importanza di guidarsi in modo utile durante le partite. La maggior parte di loro mostra troppo spesso pensieri troppo complicati e soprattutto vogliono dimostrare di aver un gioco brillante e non noioso. A mio avviso questo modo di pensare li allontana dall’essere concreti e dal fare le cose semplici che gli permetterebbero di mettere in difficoltà l’avversario e di aspettare il momento in cui chiudere il punto.

Tutti parlano di Federer esaltando le sue qualità tennistiche ma raramente viene messo in evidenza che prima del gioco viene l’approccio mentale al gioco. E’ invece lo stesso Federer ha ricordarci l’importanza dell’atteggiamento mentale in questa intervista. Queste frasi evidenziano quanto detto in modo evidente, quando dice che nel quarto set la sua mente stava vagando troppo e allora si è detto “non fare casino”, “non rovinare tutto”.

Quindi prima di tutto diamo un ordine utile ai nostri pensieri e poi concentriamoci su ogni punto.

“The problem in the fourth set was that my mind was all over the place,” Federer told Australia’s Seven Network. “I was so close and I was telling myself, ‘Don’t mess it up,’ and then that’s exactly what I did. I got a bit lucky at the beginning of the fifth set. I personally don’t think I would have come back if he’d broken me first.”

Tennis: l’approccio mentale alla partita

Una delle ragioni per cui molti giovani che vogliono intraprendere la carriera tennistica invece vanno incontro a continui insuccessi risiede, a mio avviso, nelle loro aspettative eccessive e nel desiderio di volere mostrare un stile di gioco brillante che non sono in grado di sostenere. Federica Brignone, vincitrice del bronzo nel gigante a queste Olimpiadi invernali, ha detto che ciò che serve è “lavoro e forza mentale”. Al contrario restare prigionieri delle proprie aspettative e concentrarsi sul gioco brillante sono esattamente all’opposto, poiché distraggono il tennista da ciò che deve eseguire durante ogni punto.

Le aspettative - Sono distruttive. Da un lato è troppo banale ricordarsi che si vuole vincere una partita, è scontato che nessuno entra in campo con l’obiettivo di perderla. Questa idea, dovrebbe restare sullo sfondo della propria mente, se non addirittura fuori, poiché allontana il giovane dal restare concentrato solo su prossimo punto. Per un tennista giovane, la prima cosa da imparare è che esiste solo il prossimo punto da giocare e che deve prepararsi a interpretarlo in funzione del momento della partita. Pensare oltre quel punto significa togliere concentrazione determinazione al presente e metterla in futuro prossimo che non può controllare perché non esiste ancora.

Il gioco - Molti giovani si concentrano sul gioco e quando gli chiedi quante volte sono riusciti a realizzare questa loro strategia rispondono che solo poche volte sono stati in grado di seguire anche solo per la durata di un set questa impostazione. A mio avviso non ci riescono perché partono da un presupposto sbagliato. Infatti mostrare uno stile di gioco è un punto di arrivo e non di partenza, che prevede un percorso mentale che non sono ancora capaci di sostenere. Inoltre, pensare al gioco, che è un concetto astratto,  li allontana dai comportamenti che invece devono tenere in campo per mettere in difficoltà l’avversario. Quindi, in realtà pensano troppo ma in modo troppo globale e non orientato a come eseguire il punto successivo.

Roberta Vinci nella partita vinta contro Serena Williams, ha detto che il suo pensare al gioco consisteva in questo pensiero: “Corri e buttala di là”. Cosa vogliono dire queste parole?

Corri - Indica che bisogna essere rapidi e questa prontezza fisica è accesa dalla prontezza mentale, che innesca la reazione motoria. Questo comportamento lo si manifesta in ricezione quando si sta sulla parte anteriore dei piedi pronti a scattare in avanti e in quel continuo “saltellare” che i campioni hanno anche quando palleggiano. Il tennis richiede rapidità e in genere questa si perde quando si sta perdendo, si rallenta ci si deprime e si continua a sbagliare.

Buttala di là - Indica il volere giocare lungo senza correre rischi eccessivi e aspettare che l’avversario sbagli perché non tiene lo scambio o l’occasione propizia per chiudere il punto.

Questo approccio alla partita mette in luce la tenacia personale nel perseguire un obiettivo mantenendo il controllo del proprio gioco. In caso contrario il tennista può tendere a rallentare la sua azione in modo eccessivo oppure ad accelerare il gioco, cercando colpi brillanti per chiudere rapidamente il punto.

Quindi la partita è una continua successione fra questi momenti:

  1. essere rapidi per
  2. giungere a colpire con efficacia la palla che
  3. deve essere profonda e
  4. scambiare almeno 4/5 volte per costruirsi il punto, e
  5. servirsi delle pause per scaricare la tensione e
  6. rifocalizzarsi sul prossimo scambio per
  7. essere subito rapidi per …

 

La gestione delle pause di gioco nel tennis

Stabilito che nel tennis le pause tra un punto e l’altro sono parte della prestazione.

Perché non viene insegnato a gestirle così come viene fatto per il gioco?

In inglese si chiama “the 16 second cure”

Consiste in 4 fasi:

  • Risposta fisica positiva – 3/4 secondi fine punto – andare fondo campo, passi decisi, espressione viso neutra e gesto d’incitamento
  • Rilassamento – 5/6 secondi – spalle al campo, rilassamento, sguardo su corde racchetta
  • Preparazione – 4/5 secondi – ritornare linea di fondo, ripetizione mentale servizio o risposta
  • Rituale – 4/5 secondi rituale di preparazione, pronti  servire o rispondere
Quando farlo: sempre!

 

Ricordiamoci che non esiste la partita perfetta

“Così come non ci sono corpi che garantiscano il gol, non ci sono grandi incontri senza errori. Il calcio vive di imprevisti, a tal punto che, in una singolare intervista con Marguerite Duras, Michel Platini affermò – Una partita “perfetta” dovrebbe terminare 0-0 .- Il calcio dipende anche dagli scivoloni del portiere, dagli assurdi passaggi all’avversario, dai cruenti autogol. In nessun altro sport gli astri deludono altrettanto nelle giocate facili (basti ricordare i rigori falliti di Zico, Van Basten, Maradona, Hugo Sanchez e Platini nelle coppe del mondo o europee).” (Da Juan Villoro, Gli undici della tribù, Micromega, 3/98, p.104).  Ricordiamocelo stasera mentre guarderemo Italia-Irlanda.