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Cos’è l’ottimismo

La forza dell’ottimismo

Addio all’esplosiva e indimenticabile Tina Turner

Una spiegazione definitiva di cosa si debba intendere per resilienza c’è l’ha fornita Tina Turner nel maggio del 2018 dichiarando a Marie Claire:

«La gente pensa che la mia vita sia stata dura, ma penso che sia stato un viaggio meraviglioso. Più invecchi, più ti rendi conto che non è quello che è successo che conta, ma è come lo affronti».

Nei giorni in cui ti senti un po’ giù, sentire Tina Turner è veramente una ventata di energia esplosiva che fa bene all’anima. Tutto in lei trasmetteva forza, a partire dalla sua voce, i movimenti, la musica.  La sua vita ha rappresentato il potere dell’ottimismo nonostante le difficoltà. Nonostante la separazione dei genitori e le violenze ripetute subite dal primo marito per citarne solo alcune.

Ottimismo come emerge dal testo di “Non abbiamo bisogno di un altro eroe“.

Fuori dalle rovine

fuori dalle macerie
Non possiamo commettere gli stessi errori questa volta
Noi siamo i bambini,
l’ultima generazione
Noi siamo quelli dimenticati
E mi chiedo quando mai cambieremo
Vivendo sotto la paura, finché non rimane altro

Non abbiamo bisogno di un altro eroe
Non ci serve di conoscere la strada di casa
Tutto ciò che vogliamo è la vita oltre la cupola del tuono

Cercando qualcosa a cui poter fare affidamento
Deve esserci qualcosa di meglio là fuori
amore e compassione, il loro giorno sta arrivando
Tutto il resto sono castelli costruiti in aria
E mi chiedo quando mai cambieremo
Vivendo sotto la paura, finché non rimane altro
Tutti i bambini dicono

Non abbiamo bisogno di un altro eroe
Non ci serve di conoscere la strada di casa

Tutto ciò che vogliamo è la vita oltre la cupola del tuono
Perciò cosa facciamo con le nostre vite?
Lasciamo solo un segno
La nostra storia splenderà come una luce
O finirà nel buio
Diamo tutto o niente!

 

Il significato della grinta: una conversazione con Angela Lee Duckworth

La resilienza, grinta e ottimismo sono dimensioni psicologiche importanti per ogni atleta che voglia coltivare i propri talenti.

Di seguito il pensiero di Angela Lee Duckworth una delle principali esperte in questo ambito di studio.

“Si tratta di una definizione specifica di resilienza, ovvero l’ottimismo: valutare le situazioni senza distorcerle, pensare ai cambiamenti che è possibile apportare alla propria vita. Ma ho sentito altre persone usare la resilienza per indicare la capacità di riprendersi dalle avversità, cognitive o di altro tipo. E alcune persone usano il termine “resiliente” per riferirsi a bambini che provengono da ambienti a rischio e che tuttavia riescono a prosperare.

Ciò che accomuna tutte queste definizioni di resilienza è l’idea di una risposta positiva al fallimento o alle avversità. La grinta è correlata perché parte di ciò che significa essere grintosi è essere resilienti di fronte al fallimento o alle avversità. Ma questa non è l’unica caratteristica necessaria per essere grintosi.

Nella scala che abbiamo sviluppato negli studi di ricerca per misurare la grinta, solo la metà delle domande riguardano la risposta resilienza a situazioni di fallimento e di avversità o di essere un gran lavoratore. L’altra metà del questionario riguarda avere interessi coerenti per un lungo periodo di tempo. Questo non ha nulla a che fare con i fallimenti e le avversità.

Significa che si sceglie di fare una cosa particolare nella vita e si sceglie di rinunciare a molte altre cose per poterla fare. E si rimane fedeli a questi interessi e obiettivi a lungo termine. Quindi la grinta non è solo resilienza di fronte al fallimento, ma anche un impegno profondo a cui si rimane fedeli per molti anni.

Uno dei primi studi che abbiamo condotto è stato condotto presso l’Accademia militare di West Point, dove viene diplomato circa il 25% degli ufficiali dell’esercito americano. L’ammissione a West Point dipende in larga misura dall’intero punteggio dei candidati, che comprende punteggi del SAT, la capacità di leadership dimostrata e l’attitudine fisica. Anche con un processo di ammissione così rigoroso circa 1 cadetto su 20 abbandona il corso durante l’estate di addestramento prima del primo anno accademico.

Eravamo interessati a capire quanto la grinta potesse predire chi sarebbe rimasto. Così abbiamo fatto compilare ai cadetti un breve questionario sulla grinta nei primi due o tre giorni dell’estate, insieme a tutti gli altri test psicologici che West Point. Poi abbiamo aspettato fino alla fine dell’estate.

Di tutte le variabili misurate, la grinta è stata il miglior predittore di quali cadetti sarebbero rimasti durante la prima difficile estate. In effetti, era un fattore predittivo migliore del punteggio totale dei candidati, che all’epoca West Point riteneva essere il miglior fattore predittivo di successo. Il punteggio complessivo dei candidati non aveva in realtà alcuna relazione predittiva con l’abbandono o meno dell’estate (sebbene fosse il miglior predittore dei voti successivi, del rendimento militare e delle prestazioni fisiche).

Benessere anziani: ottimismo e percepirsi più giovani

Daphna Magda Kalira, Amit Shrirab, Aya Ben-Eliezerd, Noemi Heymane, Inna Shugaevd, and Oleg Zaslavskyh. Feeling Younger, Rehabilitating Better: Reciprocal and Mediating Effects between Subjective Age and Functional Independence in Osteoporotic Fracture and Stroke PatientsGerontology, Published online: May 25, 2022

Il presente studio si proponeva di individuare gli effetti reciproci tra l’età soggettiva e l’indipendenza funzionale durante la riabilitazione da fratture osteoporotiche e ictus e se questi effetti possono essere mediati da indicatori di benessere. Metodi: I partecipanti erano 194 adulti anziani (età media = 78,32 anni, SD = 7,37; 64,8% donne) ricoverati in ospedale dopo una frattura osteoporotica o un ictus. I partecipanti hanno completato misure di età e benessere soggettivo (ottimismo, autostima e soddisfazione di vita) più volte durante la riabilitazione. La misura dell’indipendenza funzionale (FIM) è stata completata dal personale infermieristico all’ammissione e alla dimissione. Risultati: L’età soggettiva più giovane all’ammissione ha predetto punteggi FIM più elevati alla dimissione. L’effetto inverso, cioè i punteggi FIM all’ammissione sull’età soggettiva alla dimissione, non era significativo. L’ottimismo durante il ricovero mediava l’effetto dell’età soggettiva sui successivi punteggi FIM, mentre l’autostima e la soddisfazione di vita non lo facevano. Le analisi di sensibilità hanno inoltre mostrato che l’effetto dell’età soggettiva sulla FIM era significativo sia per i pazienti con fratture che per quelli con ictus. Discussione: I risultati evidenziano l’effetto dell’età soggettiva sui risultati della riabilitazione tra i pazienti con fratture osteoporotiche e ictus e suggeriscono diversi potenziali meccanismi alla base di questo effetto. I risultati della riabilitazione dopo fratture osteoporotiche o ictus potrebbero migliorare se si tiene conto dell’età soggettiva e delle prospettive ottimistiche.

In sintesi: una mentalità ottimista e il percepirsi più giovani sono predittori di un migliore recupero dopo fratture e ictus in persone anziane.

La transitorietà della vita

La vicenda di Eriksen, il calciatore colpito da un malore e stramazzato a terra ieri durante Svezia-Finlandia, ci ricorda che tutto può succedere da un momento all’altro ma probabilmente non accadrà. Ricorda la caducità della vita e su questa tema Freud ha scritto un breve testo intitolato Caducità e ci spiega il valore dell’ottimismo, concetto che non avrebbe mai usato. ottimismo significa dare valore alla transitorietà di tutto ciò che è bello e perfetto.

Non si può vivere una vita come se fosse sempre l’ultima giorno ma non si può neanche abbandonarsi alla disperazione perché le meraviglie della natura appassiscono e non possiamo essere eternamente giovani.

“Contestai però al poeta pessimista che la caducità del bello implichi un suo svilimento. Al contrario, ne aumenta il valore! Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo.La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio”. (Freud)

Dobbiamo imparare da questi eventi e dai nostri personali accadimenti che vanno accettati, ci rammentano l’importanza dei nostri sentimenti e della ricchezza della nostra vita.

Mai arrendersi alla evidenza

Il mondo è pieno di esempi che dovrebbero servire a convincerci che in qualsiasi situazione è possibile trovare una soluzione per risolvere un problema o uscire da una difficoltà. Come è allora che molti non cercano queste soluzioni, pensando invece che non esistono soluzioni e che gli esempi riportati non riguardano loro ma sono legato di più alla fortuna e al caso o alle doti particolari di una persona che per le sue caratteristiche individuali ha trovato una soluzione che solo lui lei era di grado mettere in atto. E’ l’interpretazione spesso usata per descrivere come un campione dello sport è uscito da una situazione giudicata impossibile dagli altri. Il carattere di eccezionalità della sua condizione, il talento, serve da giustificazione per tutti quelli che pensano che, non essendo campioni, non avrebbero mai potuto uscire da quel problema.

A mio avviso, il problema si riferisce al modo di pensare utilizzato da un individuo. Quando qualcosa va male, ad esempio un brutto voto a scuola, una gara persa malamente o un litigio sul lavoro qual è la mia reazione? Penso che è colpa di qualcuno? Penso che non sono stato capace a svolgere quel compito? Sono stato sfortunato?

E’ importante conoscere il proprio modo di valutare le prestazioni.  

Sappiamo che i pessimisti e quando siamo depressi si tende a pensare in questo modo, che ha l’effetto di svalutare le capacità personali e riduce la possibilità di impegnarsi nel trovare soluzioni. Anche l’ottimismo che si caratterizza con un approccio superficiale alle difficoltà è dannoso e di poco aiuto. Pensare di farcela non è di per se stesso un aiuto alla soluzione.

Va invece allenato e perseguito con costanza l’ottimismo che si accompagna al massimo dell’impegno e la consapevolezza della difficoltà di ciò che si sta per affrontare. Solo coniugando questi tre aspetti, l’impegno massimo, la consapevolezza della difficoltà e l’ottimismo, sarà possibile trovare la soluzione adeguata al nostro problema.

Manuel Bortuzzo mostra di nuovo il suo ottimismo dopo la tragedia

Manuel Bortuzzo, promessa del nuoto azzurro, rimasto ferito il 3 febbraio da un colpo di pistola nel quartiere Axa a Roma, racconta come è cambiata la sua vita. “Come mi vedo fra 10 anni? Spero in piedi. Per guardare avanti non bisogna guardare indietro la mia vita è sempre la stessa. C’è un problema logistico ma sono quello di sempre. Potevo battere la testa e non essere più me stesso”.

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Le principali competenze degli atleti vincenti

Le competenze psicologico che un atleta deve dimostrare in gara e in allenamento sono spesso difficili da elencare perché si rischia di fare una lista senza fine, che quando diventa troppo ampia perde la sua utilità poiché non si sa più da dove cominciare e cosa serve realmente nei momenti più importanti di una gara. Ciò nonostante oggi vorrei provare a elencare le abilità che dal mio punto di vista rappresentano una pietra miliare nella vita sportiva di un atleta.

  • Auto-controllo – vuol dire sapere quali sono i comportamenti da metter in atto nelle varie situazioni sportive e che bisogna sapere gestire per soddisfare le richieste di gara. L’auto-controllo richiede il rispetto dell’avversario e nel contempo l’abilità a indirizzare se stessi e la propria aggressività per oltrepassare le difficoltà poste dalla gara e dall’avversario, con l’obiettivo di fornire la migliore prestazione di cui si è capaci.
  • Prontezza all’azione – l’atleta è una persona che agisce e quindi deve essere pronto a calciare una palla, a tirare un colpo, a mettere una botta, a correre a un ritmo preciso, ad anticipare gli avversari, a iniziare piuttosto che concludere in modo efficace una gara e così via. La prontezza si manifesta quindi in un elevato livello di consapevolezza situazionale: bisogna sapere cosa fare in un determinato momento e farlo nel modo migliore.
  • Tenacia e resilienza – non mi è chiara la distinzione fra questi due concetti psicologici, ma ritengo che un atleta debba continuare a fare del suo meglio anche quando è stanco, quando tutto sembra perduto, nei momenti decisivi, quando manca poco alla fine di una gara, quando si sente confuso ma sa che ha preparato un piano per quei momenti.
  • Attenzione – Robert Nideffer ha detto che l’attenzione è l’unica cosa che conta nei momenti decisivi, sono d’accordo e per questa ragione la considero come quell’abilità che mette in grado l’atleta di sapere dove indirizzare il proprio impegno mentale. Bisogna sapere a cosa prestare attenzione, sapere quando servirsi di uno stile attentivo rivolto in modo ampio verso l’ambiente piuttosto che invece averne uno più ristretto e focalizzato su pochissimi fattori esterni. Senza un’attenzione adeguata non si è in grado di comprendere cosa sta per accadere e di muoversi anticipatamente.
  • Ottimismo – La spiegazione delle prestazioni sportive è un fattore importante poiché determina l’aspettativa in relazione a quelle future. Gli esseri umani sono spesso impegnati a spiegarsi i propri risultati positivi e negativi. E’ pertanto fondamentale che un atleta abbia una percezione ottimista delle proprie prestazioni, poiché se si spiegano i risultati positivi in termini di fortuna o mancanza di avversari competenti, difficilmente si potrà migliorare e acquisire una mentalità vincente.

Lo stile di vita attivo al World Master Games

Impariamo da Rune Haraldson (nella foto), Don Grenville e Michiko Hamuro rispettivamente di 95, 90 e 94 anni, atleti ai World Masters Games di Torino ad avere uno stile di vita attivo e a non lasciarsi dominare dall’idea di essere ormai vecchi per “queste cose”. Dobbiamo prendere il loro ottimismo e cominciare a credere che anche per noi è possibile. C’è uno sport per tutte le età, a cominciare del semplice camminare, e questi atleti devono servirci d’ispirazione.

World Master Games è l'ora dei novantenni