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Allenare è molto di più che una serie di esercizi ben organizzati

Orlando Pizzolato, sull’ultimo numero di Correre, scrive che l’allenatore deve andare oltre l’agire comune, superando quella miopia mentale che porta ad accettare in modo passivo i principi dell’allenamento e le su applicazioni. Bisognerebbe invece mettere in discussione le proprie idee e aprire la mente verso nuove soluzioni.

Mi trovo d’accordo con questa impostazione poiché come ho scritto nel mio libro “Allenarsi per vincere“:

“allenare non significa insegnare una tecnica e per un atleta non consiste solo nell’imparare una tecnica, per quanto possa essere complessa e la sua esecuzione richieda un livello di maestria elevata. Allenare e allenarsi significa invece servirsi della propria intelligenza cognitiva, emotiva e motoria per insegnare/apprendere a conoscere ed eseguire ciò che deve essere fatto per raggiungere livelli di prestazioni che tendono all’ottimizzazione della prestazione di gara.

Per pianificare un programma di allenamento centrato sul miglioramento della prestazione sportiva è necessario che atleta e allenatore stabiliscano quali sono gli obiettivi che vogliono raggiungere con l’allenamento che vorrebbero attuare. In relazione a cosa si debba intendere per prestazione in ambito sportivo sono state fornite molte definizioni e con questo concetto ci si riferisce al “comportamento motorio prodotto in relazione a un compito che può essere misurato” (Lee, Craig, e Hodges, 2001), mentre per abilità ci si riferisce alla sottostante competenza necessaria per fornire una prestazione a un determinato livello. Naturalmente l’esecuzione motoria è la componente visibile della prestazione sportiva, ma dietro esibizioni eccellenti vi è molto di più, poiché l’esecuzione di un’azione quasi perfetta richiede un livello ottimale di maestria tecnica, di forma fisica e di controllo mentale tutti espressi in azioni di durata variabile da ore come nella maratona a pochi attimi, talvolta misurabili solo in millisecondi come la partenza dei 100 metri o un affondo nella scherma. Dietro  questo esecuzioni motorie vi è dunque l’abilità complessiva dell’atleta esperto che è colui che sa:

  • Fare le scelte giuste (selezionare le azioni in modo adeguato alla situazione).
  • Avere a disposizione tutto il tempo che vuole (agire con rapidità senza mostrare fretta).
  • Leggere bene le situazioni di gara (riconoscere cosa sta per succedere e comportarsi nel modo migliore).
  • Adattarsi alle condizioni di gara (modificare il proprio piano di gara in funzione di quanto accade).
  • Mostrarsi pronto e calmo (eseguire solo i movimenti che servono senza apparente sforzo).
  • Portare a termine il proprio lavoro (agire nel modo che meglio soddisfa gli obiettivi di gara).
  • Gestire lo stress agonistico (mantenere l’efficacia della prestazione nei momenti di maggiore pressione competitiva).

Gli atleti di alto livello sanno anche padroneggiare condizioni apparentemente opposte quali, ad esempio, essere accurati e veloci, stabili e flessibili, reattivi e riflessivi. Lo studio delle prestazioni ottimali in contesti non sportivi (e.g., musicisti e chirurghi) ha evidenziato definizioni analoghe di prestazione. Una delle più note, si riferisce alla competenza nell’uso del tempo, ed è stata proposta già nel 1947 da Frederick Bartlett:

“C’è una caratteristica che affiora continuamente nella descrizione della prestazione di un esperto veramente competente. La persona sembra avere “tutto il tempo di questo mondo per fare ciò che vuole”. Ciò non ha nulla a che vedere con la velocità assoluta del movimento, sia dal punto di vista mentale che del corpo. Questo può essere incredibilmente veloce o può essere svolto in modo piacevole  e lentamente. Ciò che impressiona è l’apparente assenza di fretta … non vi sono strattoni o strappi …”

L’allenamento rappresenta, quindi, la situazione che consente all’atleta di affinare queste abilità attraverso un processo che si caratterizza per volume, intensità, densità, frequenza e durata e che può essere paragonato al cucinare, in cui bisogna amalgamare tra loro alimenti differenti, con diverse funzioni e proporzioni allo scopo di ottenere un piatto eccezionale”.