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Come è cambiato il ruolo del mental coach nei team di alto livello negli ultimi 30 anni

 

Negli ultimi 30 anni, il ruolo del mental coach nel team di alto livello è cambiato radicalmente, evolvendo da figura marginale e talvolta poco considerata a componente essenziale del team multidisciplinare di supporto agli atleti. Ecco come è avvenuto questo cambiamento:

1. Crescita della consapevolezza sull’importanza della preparazione mentale

Negli anni ’90, la preparazione psicologica era spesso vista come un complemento secondario alla preparazione fisica e tecnica. Gli atleti di élite si concentravano principalmente su allenamento fisico, strategia e tattica, mentre gli aspetti psicologici erano trascurati o gestiti in maniera informale. Con il passare del tempo, si è diffusa la consapevolezza che le capacità mentali sono fondamentali per la performance sportiva, specialmente quando gli atleti competono al massimo livello, dove le differenze fisiche e tecniche sono minime. Oggi, il mental coach è considerato cruciale tanto quanto il preparatore fisico o il nutrizionista.

2. Integrazione con il team tecnico e medico

All’inizio, il mental coach operava spesso in modo isolato o veniva consultato solo in caso di crisi emotive o cali di rendimento. Oggi, invece, fa parte del team multidisciplinare insieme a preparatori atletici, fisioterapisti e allenatori, lavorando in modo integrato per ottimizzare la performance dell’atleta in tutte le sue sfaccettature. La collaborazione tra mental coach e allenatori è diventata sempre più fluida, con un focus sulla sinergia tra preparazione fisica e mentale.

3. Approccio proattivo piuttosto che reattivo

Storicamente, il mental coach veniva chiamato a intervenire in momenti di difficoltà, come infortuni o crisi di fiducia, in modo reattivo. Negli ultimi decenni, il mental coach è diventato una figura che lavora in modo proattivo, fornendo supporto continuo all’atleta per prevenire situazioni problematiche. Questo significa un lavoro costante per migliorare aspetti come la gestione dello stress, la concentrazione, la motivazione e il recupero psicologico, piuttosto che solo una soluzione temporanea.

4. L’Applicazione di metodi scientifici e strumenti psicometrici

Con l’evoluzione della psicologia dello sport come disciplina scientifica, i mental coach hanno cominciato a utilizzare metodi sempre più basati su evidenze scientifiche. Negli anni ’90 e 2000, si è assistito all’introduzione di tecniche di mindfulness, neurofeedback, biofeedback e strumenti psicometrici per misurare e migliorare la prestazione mentale. Questi strumenti permettono una valutazione più precisa delle condizioni psicologiche degli atleti e una personalizzazione delle strategie di intervento.

5. Focalizzazione sulla resilienza e la gestione delle emozioni

In passato, il mental coach si concentrava principalmente sul miglioramento della concentrazione e della fiducia in se stessi. Oggi, c’è una maggiore enfasi sulla resilienza mentale e sulla gestione delle emozioni, specialmente per affrontare le crescenti pressioni dovute all’esposizione mediatica e alle aspettative elevate. Lavorare sulla capacità di un atleta di recuperare rapidamente da un insuccesso, gestire la frustrazione o affrontare i momenti di difficoltà personale è diventato un obiettivo chiave del mental coaching.

6. L’Impatto dei social media e della visibilità pubblica

Negli ultimi anni, con la diffusione dei social media, gli atleti di alto livello sono sottoposti a una pressione maggiore rispetto al passato. Il mental coach si è dovuto adattare per aiutare gli atleti a gestire non solo la pressione interna, ma anche quella esterna derivante dall’attenzione costante di tifosi, media e critici sui social. L’allenamento mentale oggi include strategie per proteggere l’atleta da eventuali impatti negativi legati alla visibilità pubblica.

7. Maggiore riconoscimento e professionalizzazione

Negli ultimi 30 anni, la figura del mental coach è diventata sempre più riconosciuta e professionalizzata. Un tempo, chiunque poteva autodefinirsi “mental coach”, mentre oggi sono richieste competenze certificate e una formazione accademica specifica in psicologia dello sport. Questo riconoscimento ha contribuito a migliorare la qualità del lavoro svolto e a integrare il mental coaching in modo strutturato all’interno dei programmi di preparazione degli atleti di alto livello.

8. Personalizzazione dell’intervento psicologico

Se in passato il mental coaching tendeva ad adottare un approccio più generalista, oggi l’intervento è sempre più personalizzato in base alle esigenze dell’atleta. Ogni atleta ha una sua storia, il suo modo di gestire lo stress e la propria struttura mentale. Di conseguenza, il mental coach lavora per creare piani individuali che rispondono ai bisogni specifici dell’atleta, sia dal punto di vista personale che sportivo.

9. Sostenibilità del benessere mentale e prevenzione del burnout

Un’evoluzione chiave nel ruolo del mental coach è il passaggio da un focus esclusivo sulla performance a una maggiore attenzione al benessere psicologico complessivo degli atleti. La prevenzione del burnout e la promozione di un equilibrio tra vita sportiva e personale sono diventati aspetti centrali. Oggi, il mental coach aiuta gli atleti a trovare un equilibrio tra allenamenti, competizioni, vita privata e recupero mentale, riconoscendo che il benessere a lungo termine è fondamentale per ottenere successi duraturi.

10. Diversificazione delle aree di intervento

Con il passare degli anni, i mental coach hanno cominciato a lavorare non solo sugli aspetti individuali, ma anche su dinamiche di squadra, leadership e comunicazione. Ad esempio, negli sport di squadra, il mental coach lavora per migliorare la coesione, la comunicazione e la collaborazione tra i membri del team, oltre a rafforzare la leadership di capitani o allenatori.

Conclusione

Il ruolo del mental coach è passato da un servizio accessorio a una componente essenziale e integrata nel team di alto livello. Oggi, questa figura lavora in modo proattivo e scientifico per ottimizzare la performance mentale degli atleti, proteggendoli anche dagli stress esterni e promuovendo il loro benessere a lungo termine. Questo cambiamento riflette l’evoluzione della mentalità nel mondo dello sport, dove la dimensione mentale è riconosciuta come fondamentale per raggiungere risultati di eccellenza.

 

 

I mental coach non psicologi sono un problema per il calcio inglese?

Pubblico in italiano con piacere questo articolo di John Nassoori sul ruolo dei mental coach in contrasto con quello degli psicologi dello sport nel calcio e nel rugby inglese.

Cosa fa un “allenatore mentale”? È una domanda che è stata sollevata a giugno, quando il Bath Rugby Club ha annunciato che Don Macpherson – noto come “l’uomo che sussurra alle scimmie”, secondo il sito web di Macpherson – era entrato a far parte del suo team di gestione.

La nomina ha scatenato una sorta di reazione sui social media, con un certo numero di psicologi che hanno messo in discussione la decisione del Bath di nominare una persona che, al momento in cui scriviamo, non è iscritta all’albo dell’Health and Care Professions Council (HCPC) del Regno Unito.

I messaggi forniscono un’istantanea di un’opinione sostenuta da tempo dagli psicologi accreditati. La Divisione di Psicologia dello Sport e dell’Esercizio della British Psychological Society ha ricevuto feedback aneddotici da membri che “sono molto scontenti che non ci sia una maggiore regolamentazione”.

Secondo uno psicologo con cui ho parlato – che ha lavorato con calciatori che hanno ricevuto un supporto psicologico non regolamentato – l’impatto di un intervento da parte di una persona non iscritta al registro HCPC può essere profondo. In effetti, il professionista con cui ho discusso la questione ha detto di ritenere che l’esperienza abbia reso i giocatori diffidenti nel cercare ulteriore supporto per la salute mentale.

A questo punto vale la pena di dire che ci sono stati alcuni importanti sostenitori della nomina di Macpherson (e che l’intenzione di questo articolo è quella di far luce su un problema del settore, piuttosto che concentrarsi su una nomina specifica).
Quindi, gli psicologi non regolamentati rappresentano un problema per il calcio inglese? Prima di rispondere alla domanda, è probabilmente opportuno sottolineare che questo dibattito è reso possibile solo dalla scarsità di norme che regolano l’offerta di psicologia nel gioco nazionale.

I club inglesi con accademie sono tenuti a impiegare uno psicologo aggiornato a tempo pieno, iscritto all’albo dell’HCPC o a uno dei “percorsi formativi approvati” (supervisionati dalla British Association of Sports and Exercise Sciences (BASES) e dalla British Psychological Society) per sostenere i giovani calciatori.

Ma l’assistente manager del Wycombe Richard Dobson, che nel 2012 ha istituito un programma di psicologia per l’accademia definito come “il più grande d’Europa” dall’ex responsabile della psicologia della FA, ritiene che le regole offrano un margine di manovra eccessivo ai club più importanti.

“Quello che sto vedendo ora è che un sacco di persone qualificate di recente dall’università vanno a lavorare nei club per spuntare delle caselle, perché l’Elite Player Performance Plan dice che devi avere uno psicologo”, ha detto, parlando a The Football Psychology Show nel settembre 2021.

Dobson ha anche criticato gli stipendi offerti agli psicologi assunti in base alle norme dell’EPPP.

“Quindi, loro (i club) dicono: ‘Bene, ne abbiamo assunto uno – anche se lo paghiamo una miseria – ma ne abbiamo uno, quindi ora ci occupiamo di psicologia’, ma non è così. Non è così semplice. Bisogna capire la psicologia a un livello molto più profondo”.

“I club stanno giocando con la psicologia” Richard Dobson, assistente manager del Wycombe, ha detto la sua sull’approccio “a crocette” che secondo lui alcuni club stanno adottando per soddisfare i requisiti dell’Elite Player Performance Plan.

Forse ancora più preoccupante è il regolamento – o la sua mancanza – che disciplina la psicologia a livello di prima squadra. Attualmente non è previsto che le squadre della Premier League o della Football League assumano uno psicologo accreditato quando richiedono un supporto per i loro giocatori senior.

“Spesso non è tanto importante il titolo di studio quanto le persone che conosci”, ha dichiarato Kristin McGinty-Minister, con cui ho parlato nel 2021, dopo aver concluso un tirocinio di 12 mesi come psicologa in formazione per un club di Championship.

“Certo, in ogni settore c’è un po’ di tutto questo, ma è importante che questo non accada in psicologia. Tutto ciò che abbiamo visto nell’ultimo anno lo dimostra.

“Ma ci sono persone che guadagnano (stipendi) standard del settore, che non hanno la giusta formazione. Ci sono molti ‘mental coach’ che vanno nei club, ricevono uno stipendio e non fanno un gran lavoro perché non sanno bene cosa stanno facendo. Questo fa sì che gli psicologi dello sport sembrino non sapere cosa stanno facendo, perché non c’è molta formazione su chi fa cosa”.

Alle preoccupazioni di McGinty-Minister ha fatto eco Bob McCunn, responsabile delle prestazioni degli Hearts, che ha sottolineato come i club siano talvolta poco preparati a reclutare psicologi accreditati.

“Ci sono molte persone, comprese quelle che assumono psicologi, che probabilmente non sanno che ‘psicologo dello sport e dell’esercizio fisico’ è un titolo protetto o che esiste un percorso di accreditamento, il che è molto frustrante perché ci sono molte persone là fuori che non sono qualificate, ma che cercheranno di lavorare in questo spazio”, ha detto McCunn, parlando alla fine del 2021.

“Penso che se esiste un percorso per ottenere il riconoscimento e qualcuno sceglie di non farlo e cerca comunque di entrare nel settore, a mio parere non è sufficiente”.

Major League Baseball: 27 squadre hanno un mental coach

 From USA TODAY

They’re not introduced in the opening-day pageantry. They don’t wear uniforms. They don’t have lockers in the clubhouse. Some even have weird titles, just to protect their anonymity. Yet, behind the scenes, there are proving as invaluable as any staff member in a Major League Baseball organization.

Mental skills coaches, employed by a record 27 baseball clubs to open the 2018 season, are valued more than ever.

“If you said mental skills before,’’ Chicago Cubs manager Joe Maddon says, “that was an absolute sign that you were weak among the old-school guys. Deep down, there were a lot of guys who wanted to talk to them, but they knew that if they were seen talking to them, it would be seen sign as a sign of weakness. And the manager might think less of him.

“That was an absolute fact, and even today, I don’t think that stigma has been totally erased. To think that psychology is an indicator of weakness, truly is an ignorant statement. When people are fighting it, it’s only because they don’t understand it.

“It’s no different than your hitting coach, your pitching coach, your infield coach. A mental skills coach is going to help you think better, think more clearly in the moment, and control your emotions.’’

In the words of the late Yogi Berra: “Baseball is 90 percent mental. The other half is physical.’’

Mental coach e psicologi dello sport: confusione anche tra gli psicologi

Per lavorare nello sport di prestazione è necessario possedere una preparazione specifica. Nel caso dello psicologo è necessario possedere una formazione in psicologia dello sport, così come un medico diventa medico dello sport attraverso un percorso di studi post-laurea. Questa idea è piuttosto semplice e nella maggior parte delle altre nazioni vi sono percorsi istituzionalizzati di questo genere. Pertanto lo specialista in psicologia dello sport è la figura professionale che è competente per la formazione ricevuta a svolgere il lavoro di mental coach. Ma perché oggi è così diffuso l’uso dei termini “mental coach”. La ragione per cui viene utilizzata è che in tal modo chiunque voglia lavorare in ambito psicologico ha trovato un’espressione chiara e comprensibile che gli permette di proporsi sul mercato sportivo (e non solo) senza svolgere in modo illegale la professione di psicologo. Pertanto chiunque può definirsi mental coach senza trovare alcuna opposizione da parte di istituzioni o organizzazioni. Nello specifico queste persone propongono a un ambiente che ignora in larga parte quale sia il lavoro dello psicologo dello sport miracoli a breve termine. E spesso dirigenti, allenatori e atleti che non hanno voglia di selezionare veramente consulenti competenti ma hanno solo voglia di scaricare i loro problemi su qualcun altro cadono in questo tranello.

Sono veramente sconcertato dall’intervista che la psicologa Laura Messina ha voluto dare a chi gli chiedeva quale fosse la differenza fra psicologo e mental coach. Sono queste risposte che continuano a diffondere idee sbagliate, superficiali e dannose per il mondo dello sport

«Ma qual è la differenza sostanziale tra uno psicologo ed un mental coach?

Lo psicologo ha una preparazione specifica che si concentra e studia i comportamenti degli individui, i loro processi mentali e la parte interiore conscia e inconscia. Il mental coach non opera in ambito clinico, non ha nessuna competenza per gestire il disagio psicologico. Ma pone un focus sul miglioramento della performance e cerca di portare l’individuo ad esprimersi al massimo.

Oltre ad una differente formazione (lo psicologo deve avere la laurea; al mental coach basta un corso di formazione) è diverso il contesto lavorativo (lo psicologo lavora su patologia e recupero clinico; il mental coach lavora in ambito di motivazione, concentrazione, performance) e l’ambito di intervento (il mental coach opera su una domanda di miglioramento; lo psicologo utilizza strumenti di indagine psicodiagnostica e opera su una domanda di cambiamento).

Sottolineate le differenze direi che sarebbe auspicabile che le due figure professionali potessero integrarsi sinergicamente ed essere complementari per un risultato d’eccellenza».

Tiro a volo mental coach

Mi chiedono spesso da quanto tempo lavoro con il tiro a volo. Come risposta voglio mostrare questa foto delle olimpiadi di Atlanta 1996 in cui sono con: Albano Pera ( argento double trap e ct attuale della fossa olimpica) e Ennio Falco (oro skeet) e Andrea Benelli (bronzo skeet attuale ct keet).

 

 

 

 

 

 

 

Commonwealth Games

Il momento di Glasgow è arrivato dopo sette anni di attesa i Giochi del Commonwealth prenderanno ufficialmente il via dopo la cerimonia di apertura di questa sera. Si tratta di un evento unico, di livello mondiale che si tiene ogni quattro anni ed è il terzo più grande evento multi-sport dopo le Olimpiadi e i Giochi Asiatici. L’evento di quest’anno vedrà un totale di 18 sport e verranno assegnate 261 medaglie. Sono qui come mental coach della squadra di Malta.

Roma: squadra insicura

“Professor Cei che sta capitando alla Roma?”

“La mia idea è che Luis Enrique abbia applicato il suo sistema senza adattarlo alla Roma … ci deve essere una tabella di marcia che preveda una percentuale crescente di assorbimento del progetto. Alla Roma non è accaduto … Il sistema è importante, ma poi viene messo in pratica da 11 persone. E’ addosso a loro che va cucito l’abito.

“Molti romanisti s’interrogano sulla figura di Tonin Llorente, il mental coach.”

“Dovrebbe consigliare l’allenatore. Luis Enrique dovrebbe chiedergli cosa dire per trasmettere un messaggio positivo all’esterno”

“Una specie di consulente di immagine?”

“Macché. E’ così che agisce il mental coach con un dirigente. Prima di fare delle dichiarazioni che possono deprimere la squadra, mi consiglio con il mental coach…”

Dall’intervsita a Daniele Galli pubblicata su Il Romanista

 

Macchè