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Il tempo minimo di attività fisica

Il numero di Lancet del 1 Ottobre (vol. 378) comprende un articolo dedicato al tempo minimo di attività fisica necessario per ridurre la mortalità e estendere l’aspettativa di vita. Questi i dati principali: 150 minuti a settimana possono avere un impatto benefico significativo per l’individuo e esistono barriere quotidiane a praticare 30 minuti di movimento al giorno per 5 giorni la settimana. Gli abitanti di Cina Giappone e  Taiwan sono fisicamente meno attivi degli abitanti dei paesi occidentali e svolgono attività a livelli d’intensità più bassi. Un terzo degli americani dedica questo tempo all’attività fisica mentre sono meno di  un quinto in estremo oriente. L’identificazione di un tempo minimo di attività è necessario perchè una minima quantità di esercizio può essere più facilmente praticata. I pazienti potrebbero essere motivati dal loro medico, soprattutto sarebbe utile per gli asiatici che vanno molto più spesso dal medico. Questa opportunità è spesso persa dai medici, che sono invece concentrati prevalentemente sulla malattia e hanno poco tempo di modifcare un comportamento se questo non viene richiesto dal paziente. L’attività fisica dovrebbe venire prescritta dal medico in relazione al tipo di malattia dei pazienti.

Di nuovo nuoto

Alle tre notizie precedenti va aggiunta quelle relativa al ritorno della Manaudou alle gare. Quali doti: voglia di vincere, tenacia e dimostrare a se stessa che vale ancora. E’ un rischio molto grande quello che ha deciso di correre, ma evviva a chi vuole tornare. Ritornando alla Consiglio e al suo attacco di panico: non si poteva fare qualcosa per prevederlo e prevenirlo, perchè bisogna lasciare che gli atleti provino queste esperienze così debilitanti? Spero che la frase del medico della squadra: “si è messa paura ma sta bene; è solo una cosa psicologica” rappresenti solo una difficoltà a trovare le parole giuste, in caso contrario sarebbero di una estrema superficialità.