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Le madri dei calciatori: il difficile percorso nel mondo dei figli maschi

Si sa che in Italia il calcio è maschile, per cui è ovviamente più frequente che io mi trovi a relazionarmi con madri di figli maschi. Queste mamme sono spesso accusate di legami troppo intensi che sembrano essere la causa di ogni problema. “Signora lei dovrebbe lasciarlo più libero” ecco la frase che più spesso viene ripetuta alle mamme, questo per una madre è come sentirsi dire: “Signora lei lo ama troppo”.  Le madri amano davvero troppo? E come deve essere la madre di oggi per crescere il miglior figlio per il futuro?

Considerare le madri la causa di ogni problema è un punto di vista sbrigativo e superficiale che predilige il giudizio al sostegno. Le madri necessitano di un aiuto e non solo di uno sterile esame critico. Per questo decido di rivolgermi alle tante mamme di piccoli e grandi calciatori per dare indicazioni pratiche e non giudizi.

Allevare un figlio maschio vuol dire discutere sullo studio, dosare la playstation, gridare sulla camera da rimettere a posto o trovarsi a dire  questa casa non è un albergo, ma crescere un figlio maschio vuole anche dire sostenere ogni giorno il difficile compito di saper trovare la risposta giusta al momento giusto, senza apparire frettolose o peggio petulanti. A volte anche la madre più premurosa può risultare inopportuna perché solo l’esperienza nel tempo la aiuterà a capire come è fatto un figlio maschio. Le parole scelte per educarlo sono anche quelle che inconfondibilmente segneranno la strada che come madre si è deciso di prendere.

Ecco alcune cose che è importante sapere:

Non è possibile fornire il vocabolario preciso di cosa è meglio dire con un figlio maschio, ma sicuramente è importante sapere che  un maschio si dimostrerà più sensibile sulle frasi che insistono su ciò che fa, piuttosto che su ciò che è. Dirgli che è bravo, adorabile o meraviglioso gli farà piacere se però gli si parlerà di una cosa che ha fatto, di un evento in cui si è dimostrato all’altezza riuscirà ad assimilare ancora di più il vostro discorso. Inevitabilmente sono più portati a capire le affermazioni relative a ciò che fanno, piuttosto che quelle su ciò che sono.

È importante ricordare che ogni ragazzo ha sempre un’immagine reale di sé stesso e se una madre tenderà a non voler vedere i problemi del figlio potrà solo spingerlo ad enfatizzarli. Per questo è importante fare commenti che gli permettano una visione reale di sé stesso. Se giocherà bene e vincerà una partita sarà meglio dire “devi essere orgoglioso di te” piuttosto che “sono orgogliosa di te”.

Un ragazzo è una polveriera di emozioni pronta a scoppiare e spesso a farlo esplodere può essere anche una sola piccolissima scintilla. Bloccare l’esplosione è tutt’altro che facile e di certo è utile sapere che non sono i lunghi discorsi a spegnere la miccia, ma, ancora di più che con una figlia femmina, bisogna essere attenti a non criticare automaticamente i comportamenti.  I maschi sono sensibili alle critiche, ma anche al sostegno che gli si offre.

I ragazzi sono più aggressivi sia nei comportamenti che nelle emozioni per questo spesso le critiche materne sono avvertite più come aggressione che come consiglio.

Un ragazzo si aspetta che la madre decifri i suoi sentimenti e li esprimerà comunque e sempre di più attraverso atteggiamenti e comportamenti piuttosto che a parole

Un ragazzo risponde maggiormente alle richieste della madre quando lei eviterà discorsi astratti e generici e mostrerà concretamente cosa fare e come agire di fronte alle singole situazioni

Per concludere alle madri di piccoli e grandi calciatori mi preme ricordare che:

I maschi si esprimono più a livello fisico che a livello verbale e tendono a farlo in modo impetuoso. Per questo motivo molto spesso i problemi disciplinari e la mancanza di attenzione dipendono proprio dalla limitata attività fisica, che non permette uno sfogo adeguato alle loro necessità. Questo spiega perché la scelta di vietare l’attività sportiva per ovviare alle mancanze scolastiche non fa che peggiorare la situazione anziché migliorarla, creando un circolo vizioso in cui la punizione alimenta il comportamento punito.

(di Daniela Sepio)